MegaThread sui 60 anni di Quentin Jerome Tarantino, nato il #27marzo 1963 a Knoxville, Tennessee. Ovvero: i 30 momenti di cinema per cui vale la pena vivere, firmati dall'uomo che ha reso inderogabilmente cult ogni suo personalissimo fotogramma.
30) "Pulp Fiction" (1994). Non è mai facile tradurre Tarantino: qui però gli adattatori fecero un lavorone, riuscendo a rendere benissimo il cringe e l'imbarazzo della barzelletta originale, uno dei tanti giri a vuoto di QT che invece spiegano più di mille sceneggiature di ferro.
29) "Bastardi senza gloria" (2009). La Storia ribaltata e il gusto di trasformarla in un videoclip anni 80 coerentemente con la poetica di David Bowie e Giorgio Moroder, autori di "Cat People (Putting Out Fire)", composta nel 1982 per "Il bacio della pantera".
28) "C'era una volta a Hollywood" (2019). Può esistere una linea temporale in cui Bruce Lee si fa mettere sotto da uno stuntman qualsiasi? Sì, nella Hollywood tarantiniana. Questa scena ci dice: attenzione, perché in questo film - a casa mia - le cose non vanno mai come credete.
27) "Jackie Brown" (1997). I personaggi di Tarantino non sono tutti brillanti e risoluti: fa eccezione un totale coglione come Louis Gara, per interpretare il quale Robert De Niro dev'essersi divertito un mondo.
26) "Grindhouse" (2007). Tarantino e la questione femminista: popolati da donne coraggiose, indipendenti, malvagie, cazzute, sboccate, eccessive, i suoi film sono tra i pochi luoghi dell'arte in cui vige davvero la parità di genere. Che finale!
25) "Pulp Fiction". Uno dei più grandi incroci stradali e narrativi della storia del cinema: quando la giornata di Butch Coolidge sterza di 180 gradi per colpa di un banale semaforo rosso.
24) "Kill Bill Vol. 1" (2003). L'ingresso in ospedale di Elle Driver fischiettante che va a trovare Uma Thurman, citazione di "I nervi a pezzi", misconosciuto thriller inglese del 1968 musicato dal leggendario Bernard Herrmann, il compositore preferito da Hitchcock.
23) "Le iene" (1992). "Ve lo dico io di cosa parla Like a Virgin", la prima battuta della prima scena del primo film di Tarantino. Il più eloquente dei biglietti da visita.
22) "Pulp Fiction". Forse il più celebre delle digressioni a vuoto (che a vuoto non è) tarantiniane. Il misterioso volo di un samoano, orifizi più o meno sacri, teoria e prassi del massaggio ai piedi.
21) "The Hateful Eight" (2015). La scena più pulp del film più cupo e meno giocoso di QT. Mirabile nella costruzione della suspense attorno al caffè avvelenato, da manuale nel passaggio dall'estenuante attesa alla violenza più graficamente efferata (vedi punto 12).
20)"Django Unchained" (2012). DiCaprio smaschera la recita dei nostri eroi e sbrocca malamente fino ad aprirsi una mano - e sì, quello è DAVVERO il suo sangue. Ammiratene il self-control mentre porta avanti la scena: attore gigantesco.
19) "Kill Bill". La Sposa contro i Crazy 88's, alla maniera di un kung fu movie di Hong Kong. Bianco e nero compreso: un modo per ridurre l'impatto visivo del sangue e aggirare le forbici della censura, nell'Asia degli anni '70 così come nell'America degli anni 2000.
18) "Jackie Brown". Momento di infinita cine-figaggine: il piano sequenza in cui Samuel L. Jackson sistema il povero Beaumont, con "Strawberry Letter 23" dei Brothers Johnson in sottofondo.
17) "The Hateful Eight". Tarantino + Morricone si ispirano a "La Cosa" (John Carpenter, 1982) e mettono subito le cose in chiaro: in questo deserto di neve, Dio è morto e sarà meglio lasciare ogni speranza.
16) "Kill Bill Volume 2" (2004). Il memorabile monologo sui supereroi di David Carradine, appena dopo aver sparato nella gamba di Uma Thurman una freccia contenente il Siero della Verità, "la mia più grande invenzione, due volte più potente del Sodio Pentothal".
15) "Pulp Fiction". La valigetta che si apre con la combinazione 666, MacGuffin di matrice hitchcockiana che scatenò il dibattito su tutto quel che c'era dentro: lingotti d'oro? I diamanti rubati dalle Iene? L'anima di Marsellus Wallace?
14) "Bastardi senza gloria". "Questo potrebbe essere il mio capolavoro", il meta-finale che strizza l'occhio al pubblico ma getta anche una luce inquietante su tutto il film: i vincitori non sembrano essere meno sadici dei vinti.
13) "Le Iene". Di questi titoli di testa, ultra-citati e ultra-copiati, colpiscono sempre lo squallore urbano dello sfondo e del paesaggio che i circonda i personaggi. Come se Tarantino dicesse: non innamoratevene troppo, sono dei disperati qualunque.
12) "Bastardi senza gloria". Au revoir, Shoshanna! Dieci minuti di strategia della tensione in due lingue diverse prima dell'inevitabile sparatoria, a un certo punto persino liberatoria. Strepitoso ingresso in scena di Christoph Waltz: solo uno saprà far meglio (vedi punto 6).
11) "Kill Bill Volume 2". Beatrix Kiddo si ribella alla sua condizione di morta vivente e torna tra i vivi in una sequenza esaltante in cui per la prima volta Tarantino usa una musica di Morricone ("L'Arena" da "Il mercenario" di Sergio Corbucci).
10) "Pulp Fiction". Com'è noto la Bibbia non contiene alcun "Ezechiele 25,17": la citazione deriva da un film di Sonny Chiba.
9) "Jackie Brown". Il lip-sync finale di Pam Grier su "Across 110th Street" di Bobby Womack, per qualcuno il più bel finale di tutta l'opera omnia di Tarantino.
8) "Le Iene". Tutti contro tutti, senza lieto fine, senza etica, senza speranza, senza intelligenza. Checchè se ne dica, quasi mai la violenza di Tarantino è compiaciuta e fine a sé stessa: QT la esibisce solo se è strettamente legata a un giudizio morale (vedi punto 5).
7) "Kill Bill Volume 1". Omaggio all'architettura, al cinema asiatico e all'intero Giappone, virtuosismo mozzafiato, in questo piano sequenza Tarantino ci fa capire che per lui il cinema è un immenso parco giochi.
6)"Pulp Fiction". "Io penso in fretta, quindi parlo in fretta". Quella di Mr. Winston Wolf, misteriosamente in smoking alle 8 del mattino, è una delle più belle entrate in scena della storia del cinema, al pari di Orson Welles ne "Il terzo uomo".
5) "Le Iene". Vedi punto 8: nel momento in cui Tarantino mette in scena la brutale violenza senza vendetta e redenzione, l'occhio della cinepresa guarda pietosamente da un'altra parte. E comunque, impossibile negare il perverso fascino di Michael Madsen.
4) "C'era una volta a Hollywood". La nostalgia secondo Tarantino, che inizia a diventare vecchio: una domenica al tramonto, una città che si accende e torna a casa, due birre una pizza e una serie tv, "California Dreamin'" nella versione di José Feliciano.
3) "Bastardi senza gloria". "Brucia tutto!". Il senso della Storia secondo Tarantino, che a 50 anni si prese il gusto impareggiabile di far crepare Adolf Hitler in un cinema di Parigi.
2) "Pulp Fiction". Si potrebbe scrivere un libro solo sulla costruzione magistrale della tensione erotica e drammaturgica di questi due minuti che lanciarono Uma Thurman e rilanciarono la carriera di John Travolta.
1) "Pulp Fiction". Senza dialoghi, con una sola perfetta inquadratura, la cura certosina con cui Bruce Willis sceglie l'arma della Vendetta (in sottofondo "Comanche" dei Revels, una delle migliaia di perle musicali scovate da Tarantino nei decenni).
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Che succede? Che si avvicina #Sanremo2024 e allora, come ogni anno, il consueto MEGA-THREAD sanremese con la top 30 delle mie canzoni preferite dei Festival di cui ho memoria (quindi, a spanne, dal 1989 a oggi).
30) "Cosa resterà (degli anni '80)" (Raf, 1989). "Anni ballando ballando/Reagan Gorbaciov", nove mesi prima della caduta del Muro. La giacca rossa di Raf a Sanremo 1989 è uno dei miei primi ricordi in assoluto, non solo in tv, insieme ai testi del Festival su Sorrisi & Canzoni.
29) "Lasciarsi un giorno a Roma" (Niccolò Fabi, 1998). "Il pavimento/del paradiso sei per me". L'energia del romano Niccolò Fabi, indie prima che il termine non esistesse ancora, vestito come uno studente di liceo invitato a un compleanno.
Stasera a Celtic Park l'Atletico Madrid indosserà una divisa speciale, maglia rossa e calzoncini blu, per celebrare Celtic-Atletico 0-0, semifinale d'andata di CoppaCampioni 1973-74: la dimostrazione che il calcio "di una volta" non era così bello come lo si dipinge oggi.
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A riassumere le scorrettezze di quella partita basterebbe il tabellino: tredici cartellini estratti dall'arbitro turco Babacan, dodici dei quali ai danni dell'Atletico. Ma le immagini televisive renderanno ancora meglio la brutalità di Celtic-Atletico 1974.
L'Atletico era allenato dall'argentino Juan Carlos Lorenzo, ex tecnico della Lazio (dove sarebbe tornato negli anni 80) e santone del calcio sudamericano: per esempio, era il ct dell'Argentina che ai Mondiali 1966 aveva scioccato l'Europa per lo stile di gioco "machiavellico".
6 anni dopo aver spedito in rete un pallone che gli era valso il Premio Puskas, Olivier #Giroud ha cambiato consonante e ha soffiato palla a Puscas. Viaggio nel pazzo mondo dei portieri casuali di Serie A, a cominciare dall'unica volta che era capitata al Milan... 100 anni fa!
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Accadde 100 anni fa, il 4 novembre 1923: un Milan-Pro Vercelli 1-3 in cui il portiere Midali fu espulso al 72' per "un atto di giustizia sommaria" secondo la Gazzetta. Le sostituzioni non esistevano: in porta andò il difensore Rinaldo Bronzini, che riuscì a non prendere gol.
Singolare quel che accadde in Milan-Bologna del 28 febbraio 1982, quando Rosario Lo Bello (non ancora famigerato presso i milanisti) espulse Piotti per una scaramuccia con Franco Colomba, ma con democristiana prontezza fischiò la fine della partita subito dopo.
"Nervi saldi, cervello fresco e grandi gambe". 25 anni fa, il #27luglio 1998, sul Col du Galibier, il tormento e l'estasi di Marco Pantani (anzi PAN-TA-NI, come scandiva immancabilmente Adriano De Zan): chi c'era, non potrà mai dimenticare.
Partito con un ritardo di 3'01" dalla maglia gialla Ullrich, a 47 km dal traguardo Pantani inizia a "sentire le voci", come ha scritto quella mattina Gianni Mura su Repubblica. Prende atto che Ullrich non lo segue, aspetta per un po' Leblanc ma poi molla anche lui al suo destino.
La Grenoble-Les Deux Alpes diventa presto un calvario per Ullrich, che ancora arranca sul Galibier quando Pantani ha già scollinato ed è in discesa - con un unico brivido quando pensiamo che sia caduto ancora, e invece sta solo indossando la mantellina offerta da Orlando Maini.
Un anno ai Giochi di Parigi che inizieranno il #26luglio 2024. E allora THREAD ispirazionale con i 30 momenti olimpici più belli della nostra vita (o perlomeno da Seul 1988 in poi). Bonus track: l'ultimo dei tre podi tricolore della storia, conquistato dalle fiorettiste a Londra.
30) Nell'inferno di Sant Sadurnì d'Anoia lo sprint di Fabio Casartelli sull'olandese Dekker e il lettone Ozols a Barcellona 1992, nell'ultima edizione olimpica in cui il ciclismo era ancora limitato ai dilettanti.
29) Atene 2004, l'unico oro femminile conquistato negli sport di squadra: il Setterosa di Pierluigi Formiconi, Melania Grego, Tania Di Mario, che risale dalla buca di un -2 nei supplementari contro le padrone di casa, com'era riuscito ai maschi dodici anni prima.
25 anni fa, il #30giugno 1998, andò in scena una delle più grandi partite della storia dei Mondiali e contemporaneamente uno dei momenti più tragici della storia del giornalismo sportivo, per giunta sulla BBC, ad opera di Brian Moore e Kevin Keegan. Ma andiamo con ordine.
La partita in questione è Argentina-Inghilterra, ottavi Francia 1998, stadio Geoffroy-Guichard di Saint Etienne. Una partita che vive di momenti di grande cult, come il celebre assolo del Wonder Boy Michael Owen che, nell'estasi del momento, a molti inglesi ricordò Maradona.
L'Argentina arpiona il pareggio a fine primo tempo con questo geniale schema su calcio piazzato dal limite: tutti si aspettano la parabola di Veron o la stangata di Batistuta, invece...