C’era una volta una città chiamata Utopia, in una grave crisi economica.
il governo non sa come far fronte alla situazione.
Come placare il popolo?
Semplice. Basta trovare un capro espiatorio.
Infatti oggi è un giorno particolare.
Il Parlamento ha promulgato un editto.
Un editto che stabilisce l'espulsione di tutti gli ebrei dallo Stato.
Sono loro i responsabili della crisi economica.
"Solo ripulendo dai giudei la città potrà rinascere a miglior vita" dicono i politici.
Aizzati dai politici, i cittadini hanno trovato finalmente qualcuno con cui prendersela, la causa di tutti i loro problemi.
Per questo la cittadinanza ha aderito entusiasta al piano di epurazione.
"Una volta ripulita dagli ebrei, la città potrà rinascere a miglior vita", ripetono
E così iniziò la “pulizia”.
Ma ecco sorgere i primi dubbi, pur nella drammaticità dei fatti.
Situazioni assurde e incredibili.
Ogni buon cittadino annovera nella propria genealogia un qualche antenato di origine ebraica.
Quindi?
Che fare?
Chi può restare?
Chi deve andare?
Ministri che hanno un trisnonno ebreo, giornalisti cristiani con genitori dalle origini dubbie.
Le espulsioni però proseguono.
Perché, via gli ebrei, la città ritornerà agli antichi splendori.
Ma una volta espulsi gli ebrei, tutto precipita.
Le Banche e le industrie chiudono.
Chiudono teatri e negozi.
Spariscono sarti, medici, avvocati, scrittori, giornalisti e artisti.
Tutto entra immediatamente in crisi.
Molti caffè chiudono, e le vivaci ragazze di Utopia rimpiangono i loro audaci e fantasiosi corteggiatori ebrei.
Utopia piomba gradualmente in una noia mortale, e nel profondo dei loro cuori i cittadini rimasti rimpiangono la loro bella città fiorente, allegra e lussuosa di prima.
“Anche se con una leggera sfumatura orientale”.
Come va a finire questa storia?
Che gli abitanti di Utopia cambiarono idea.
Non sono gli ebrei il problema.
E chiedono a gran voce il loro ritorno.
La storia finisce in una festosa ed entusiasta cornice di riconciliazione.
L’abbraccio fra il sindaco e il primo ebreo che torna in città dopo il forzato esilio.
“Il bel municipio era di nuovo illuminato, sembrava di nuovo una fiaccola ardente…fanfare, trombe.
Il Borgomastro di Utopia, signor Laberl, uscì sul balcone, sospinse in avanti un braccio benedicente e tenne un’allocuzione che cominciava con le parole: "Mio caro ebreo..."
In realtà la storia che vi ho raccontato è la trama di un vecchio film dal titolo “La città senza ebrei”.
Un film muto realizzato da Hans Karl Breslauer, quando in Austria l’antisemitismo era in forte ascesa.
Stiamo parlando del 1922.
Il film era tratto da un libro, dallo stesso titolo, dello scrittore austriaco Hugo Bettauer.
Uno dei libri più letti in Austria negli anni ’20.
Nel libro la città non si chiama Utopia, come raccontato da Hans Karl Breslauer nel film.
Nel libro la città era Vienna.
Il film scomparve all’arrivo del sonoro.
Venne trovato uno spezzone danneggiato nel 1991. Nel 2015, in un mercatino delle pulci, è stato trovato l'intero film.
Grazie ad una campagna di crowdfunding la pellicola è stata restaurata.
Acquisita dalla Cineteca Nazionale austriaca.
Hugo Bettauer, autore del libro, nel 1924 iniziò a pubblicare la rivista “Lui e lei, rivista settimanale di cultura del vivere ed erotismo".
Propagandando un più moderno diritto al divorzio, il diritto all'aborto e la depenalizzazione dell'omosessualità tra adulti.
La reazione fu violenta.
Dopo una campagna di odio contro di lui, Otto Rothstock, un odontotecnico, sparò sei colpi di pistola a Bettauer che si trovava nella redazione della rivista, ferendolo gravemente.
Morirà in ospedale il 26 marzo 1925 a 52 anni.
Otto Rothstock, l’attentatore, si giustificò dicendo che lo aveva fatto per salvare la cultura tedesca dalla minaccia della degenerazione ebraica.
Il suo avvocato, Walter Riehl, un funzionario nazista, sostenne che Rothstock era sì colpevole, ma pazzo.
Salvandolo.
Otto Rothstock fu condannato ad una detenzione in manicomio criminale.
18 mesi dopo fu rilasciato perché “guarito”.
Rothstock era un nazista impenitente.
In un'intervista del 1977 alla Austrian Broadcasting Corporation, Rothstock si è detto orgoglioso di quello che aveva fatto.
Con i toni grotteschi della satira, Bettauer anticipò con quel film muto quello che realmente sarebbe accaduto pochi anni dopo.
Lo aveva previsto, ascoltando e respirando gli umori della gente.
Effettivamente non ci voleva molto a capire dove si stava andando.
Non ci vuole molto
Aveva visto in quegli umori i veleni del razzismo, dell’intolleranza e della discriminazione.
Aveva capito tutto. Tranne il finale.
Lui aveva scelto di far vincere il bene sul male.
Non aveva previsto che quando questi veleni continuano a serpeggiare indisturbati…
“Abbiamo meritato la nostra fortuna. Ora lo Stato ci appartiene. Noi lo abbiamo conquistato, non i burocrati che oggi vorrebbero farsene portavoce. Se essi hanno l’onore di amministrare accanto a noi questo Stato lo fanno solo per nostro incarico e con possibilità di revoca”.
"Anche l’ebreo è una creatura umana, essi dicono. Sì, ma che razza di creatura! Essere una creatura umana di per sé non significa niente. Anche la pulce è un animale, ma con ciò non è detto che sia un animale gradevole".
"Noi non vogliamo più ebrei. Cerchino di adattarsi alle leggi dell’ospitalità e di non presentarsi come nostri pari".
"Noi vogliamo sostituire coloro che sanno con coloro che sono".
"Nell'interesse della menzogna bisogna fare riferimenti al cuore, ai sentimenti della gente".
Parole di Paul Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda del Terzo Reich.
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Parola d’ordine dopo il terremoto: NECESSITÀ ED URGENZA. E niente gare.
Ricostruire, e alla svelta.
Il politico può indossare i panni del progettista e disegnare una strada, poi indossare i panni dell’amministratore e approvarla.
Infine diventare collaudatore e certificarla.
Giugno 1990.
Palazzo San Macuto è la sede della commissione d’inchiesta presieduta da Scalfaro.
Oggi è un giorno particolare.
È stato convocato da Scalfaro Elveno Pastorelli da tre anni commissario straordinario per la ricostruzione.
Nei mesi precedenti sono stati ascoltati Misasi (ministro del Mezzogiorno) e Vito Lattanzio (Protezione civile).
Tutti tendono a minimizzare, a dire che le cose stanno andando bene.
Certo, con qualche ritardo, ma secondo loro tutto va a meraviglia.
Da oltre 50 anni dove c’è una guerra, una calamità naturale, dove c’è sofferenza da alleviare e vite da salvare ci sono loro.
Come dopo il terremoto in Nicaragua del 1972 che distrusse gran parte della città di Managua uccidendo tra 10.000/30.000 persone. @MSF_ITALIA@MSF
Ed erano lì nel 1974, quando l’uragano Fifi devastò l’Honduras. avviando la prima missione di assistenza medica di lungo periodo.
Il primo loro grande intervento in una zona di guerra avvenne nel 1977 in Libano.
Nel 1978 hanno poi avviato attività per i rifugiati in Thailandia, nella regione di Ogaden e per i rifugiati eritrei in Sudan.
Vi giuro che non passavo di lì per caso mentre sceglievano i 335 da uccidere alle Fosse Ardeatine. Non so e nemmeno voglio sapere il nome di chi ha messo in giro quella voce.
Sicuramente qualcuno che non ha mai visitato i sacelli che ospitano i resti delle vittime dell’eccidio.
Ci sono anch’io, sapete?
Al sacello numero 53 al Mausoleo, sotto il Monolite. Vi giuro che non passavo di lì per caso.
Ero stato arrestato il 27 Febbraio 1944 e trasferito al Carcere di via Tasso.
Inserito poi nella lista Kappler delle persone da uccidere alle Fosse Ardeatine.
Non passavo di lì per caso.
Perchè stando a certe dichiarazioni alle Fosse Ardeatine ci sono “335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani”.
Falso.
Come è falso quel “barbaramente trucidati dalle truppe di occupazione naziste”.
Siamo stati uccisi dai nazi-fascisti.
Oggi è il 22 maggio 1996.
Cosa ci faccio in un’aula di tribunale?
Perché non è mai troppo tardi per avere giustizia.
Mi chiamo Giulia.
E questa è la mia storia.
Sono nata al Testaccio e nello stesso rione mio padre aveva un negozio di biancheria.
Lui non aveva studiato, ma nessuno riusciva a far di conto come lui.
Per mio madre era un autentico sognatore.
Da piccola ho conosciuto la miseria.
Via via che crescevo le cose però migliorarono.
Lo capii il giorno in cui i miei genitori rincasarono tardi dopo essere stati al ristorante.
Parlavano del cinematografo e di quei cinegiornali dell’Istituto Luce.
Mi chiamo "Pieterson".
In realtà il cognome originale della mia famiglia è "Pitso", trasformato in "Pieterson" nel tentativo di passare dallo status legale di "neri" a quello di "coloured" (meticci).
Che volete.
Pure questo dovevamo subire pur di avere una vita dignitosa.
Cosa provocò gli incidenti del giugno del 1976?
Fu colpa del ministro sudafricano dell'istruzione.
Tempo prima aveva emanato un decreto che rendeva obbligatorio l'uso dell'Afrikaans (una lingua figlia dell’olandese) come mezzo di istruzione nelle nostre scuole.
Dei neri intendo.
Perché lo fece senza consultare il popolo africano?
Perché secondo lui si doveva parlare solo afrikaans perché i "capi" parlavano quella lingua.
"Se gli studenti non sono contenti, stiano pure lontano da scuola poiché la frequenza non è obbligatoria per i neri".
Già.
Quando arrivarono nella nostra terra fecero esattamente quello che avevano fatto con i nativi americani.
Ma i nativi americani erano anche guerrieri e con loro la cosa andò per le lunghe.
Con noi aborigeni la cosa fu molto più veloce.
La nostra distruzione, intendo.
Tutto era iniziato nel 1770 quando l’esploratore James Cook era sbarcato a Botany Bay.
Diciotto anni dopo il nostro territorio era stato ritenuto colonizzabile.
«Terra Nullius», avevano dichiarato.
Dal diritto romano "terra che non appartiene a nessuno".
Già.
“Terra che non appartiene a nessuno”, inabitata. Peccato che noi eravamo lì da almeno 50.000 anni. Certo, un milione e mezzo di esseri umani in quella terra sconfinata parevano pochi.
Ma era la nostra terra.
Anche se per la nostra cultura non esisteva la “proprietà privata”