Johannes, ci sei?
Sotto trovi il link della nostra conversazione di ieri dove mi hai accusato di essere un «cattivo figlio, cattivo fratello, cattivo marito e pessimo re».
Come mai allora per l’immaginario collettivo sono da sempre un personaggio mitico? bit.ly/47j17B1
«A dire il vero ho detto che malgrado letteratura e cinema ti abbiano descritto come un buon sovrano, alcuni hanno parlato di te in altri termini.
Punto.
Comunque continua.
Sei rimasto a quando venisti a sapere che tuo fratello Giovanni era sul punto di usurparti il trono».
Vero. Giovanni, quel caro fratello a cui mio padre aveva riservato il suo più grande affetto.
E’ così.
Non aveva occhi che per lui.
Che dovevo fare?
Ho lottato per difendere quello che mi spettava.
Puoi farmene una colpa?
E poi erano tradizioni di famiglia tutti quei litigi.
«Lo so. Fratello contro fratello.
Una delle tradizioni di voi Plantageneti.
Tu sapevi esattamente che prima o poi la corona inglese sarebbe toccata a lui.
Comunque andiamo avanti.
Lasciasti la Terra Santa, ma non riuscisti a rientrare subito in Inghilterra».
Già. Era il 1192.
Un maledetto naufragio spinse la mia nave sulle coste della Dalmazia.
Maledetto quel giorno.
Quando decisi di proseguire via terra, attraversando il ducato d’Austria, intendo.
Mai immaginando quello che mi sarebbe successo.
«Mai immaginando?
Tipo "mai immaginando" la reazione dei calabresi quando hai rubato loro quel falcone?
E quindi mai immaginando la reazione del duca Leopoldo V, quello a cui avevi calpestato le insegne dopo un violento litigio durante la Crociata?
Cerca di essere serio»
Avevamo litigato, certo.
Lo avevo pure offeso.
Gli avevo anche calpestato le insegne davanti a tutti. Per quello lui mi aveva giurato odio eterno, ma scatenare una caccia all’uomo una volta venuto a sapere che ero nei suoi territori fu un’esagerazione, via.
Ammettilo.
«Non so se fu un’esagerazione, ma avrei voluto essere presente in quella locanda di Dürnstein.
Per sfuggire alla cattura ti eri travestito da sguattero. Facevi pure finta di girare lo spiedo quando ti hanno beccato.
Come potevi pensare di non essere riconosciuto?»
Mi ero travestito bene, accidenti.
Mi ha fregato l’altezza.
Ero alto quasi due metri e gli sguatteri alti due metri erano talmente rari che ci misero due secondi per scoprire la mia vera identità.
E a mettermi dietro le sbarre prima di consegnarmi a lui.
«Lo so. Il duca Leopoldo V ti consegnò a lui, all’Imperatore Enrico VI, il figlio del Barbarossa. D'altronde eri di sua competenza.
E poi anche lui aveva dei conti da regolare con te, ricordi?
Non gli era andato giù il fatto che avevi riconosciuto Tancredi come re di Sicilia».
Lo so.
Infatti mi imprigionò, mi mise in catene, chiedendo centomila sterline d’argento per la mia liberazione, malgrado la mia partecipazione alle crociate.
Ingrato.
Ben gli stava la scomunica del Papa Celestino III.
Ero certo, però, che la mia prigionia sarebbe durata poco.
«Vabbè, diciassette mesi in realtà.
Per raccogliere i soldi del riscatto i tuoi ministri misero tasse su tutte le classi sociali.
Le Chiese fecero fondere i vasi d’oro e d’argento.
E i monasteri, proprietari di greggi, versarono i soldi ricavati in un anno dalla tosatura».
Come avevo scritto nella ballata che avevo composto in cella, sapevo che i miei sudditi erano avari.
Infatti la somma non era sufficiente.
Fortunatamente l’Imperatore mi liberò lo stesso. Tornai in Inghilterra entrando a Londra il 16 marzo 1194 accolto dai miei sudditi festanti.
«Festanti, certo, non avendoti praticamente mai visto dalle loro parti.
Non ti eri preso la briga nemmeno d’imparare l’inglese.
Ti ricordo però che le feste messe in piedi per il tuo arrivo durarono poco visto che tu, per riconoscenza, annunciasti subito nuove tasse».
Che dovevo fare?
Mi servivano soldi per fermare il Re di Francia.
Filippo Augusto era entrato in Normandia.
L’Aquitania si stava sollevando.
Tutte le mie terre volevano passare in mano francese. E poi le tasse possono essere anche belle, dai.
«Una bella gara tra te e il Re di Francia su chi fosse più crudele nel trattare i prigionieri.
Persino i tuoi fedelissimi ti biasimarono in quel 1196. Ti avevano chiesto cosa fare con quei ribelli bretoni. «Né adulto, né bambino» fu la tua risposta.
Li hai uccisi tutti».
Lo odiavo, come lui odiava me.
Era nella logica delle cose.
Hai qualcosa da dire anche del mio litigio con il visconte di Limoges?
Quel ciondolo d’oro di origine romana lo aveva trovato sulle mie terre e quindi mi spettava.
Lui rifiutò di consegnarmelo.
«E tu, per una stupida lite, lo assediasti nel castello di Châlus.
Valeva la pena proseguire l’assedio fino alla caduta della piazzaforte con quella punta di freccia nella spalla?
Cosa volevi dimostrare?
Il tuo “Cuor di Leone” o che altro?»
Maledetto balestriere.
Con la punta della freccia nella spalla la ferita si era infettata.
Ecco, su questo hai ragione.
Non ne valeva la pena.
Per setticemia sono morto il 6 aprile 1199 a soli 42 anni.
Io, il grande “Riccardo Cuor di Leone”.
«Grande? Cuor di Leone?
Bertran de Born nei suoi componimenti in occitano ti chiamava “Riccardo Oc-e-Non”, “Riccardo Sì-e-No”.
Comunque non sei tornato in Inghilterra nemmeno da morto visto che sei stato seppellito a Fontevrault.
Il cuore altrove, a Rouen, come da usanza».
Inutile continuare a discutere con te.
Va bene, lo ammetto.
Sono stato un Re assente, diciamo non residente. Forse persino un cattivo figlio, un cattivo fratello e un cattivo marito.
Ma parli proprio tu che sei stato un bandito?
Pure ghigliottinato.
Dai Johannes, su.
«Touché!».
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Erano membri di una piccola comunità religiosa cristiana, ma in Iran quella è una religione considerata impura, e così erano fuggiti da quel Paese.
Lui, la moglie e le loro due bambine di 7 e 11 anni. Destinazione Australia.
Pensando ad un futuro migliore,
Erano finiti in quel deserto, precisamente nel centro di detenzione per migranti di Woomera.
Sì, proprio quella, la Zona Proibita.
Grande come l’Inghilterra, dove si erano svolti tra il 1955 e il 1963 dei test nucleari condotti proprio dal Regno Unito.
E gli aborigeni che abitavano quella zona?
Presi di peso e trasferiti in altre regioni.
Comunque loro quattro erano scappati da un inferno, l'Iran, ed erano finiti in un altro inferno.
Forse peggiore.
Un centro per rifugiati gestito da una compagnia privata.
Sono solo dicerie.
Messe in giro per screditarmi.
In fondo tutti conoscono la mia storia.
Film, libri, persino cartoni animati hanno raccontato le mie gesta.
Tutti concordi nel ritenermi un buon sovrano.
Era lui che era malvagio e usurpatore.
Mio fratello Giovanni, intendo.
«Scusa Riccardo, sono Johannes.
Non vorrei contraddirti, ma qualcuno ha riassunto con ben altre parole la tua vita e il tuo regno.
Ti ha descritto diversamente.
Precisamente come un «cattivo figlio, cattivo fratello, cattivo marito e pessimo re».
Ma che dici.
Non hai visto i film su Robin Hood, l’eroe che rubava ai ricchi per dare ai poveri?
Viene raccontato molto bene l’amore che il popolo aveva per me.
Tutti aspettavano il mio ritorno, lottando contro mio fratello Giovanni.
Lui sì che era cattivo.
L’Ing. Marcello entrò trafelato in cancelleria: “Debbo darti una notizia straordinaria. Domani il nostro Ciocca farà finalmente la sua esibizione e tu sei invitato a venire con noi”.
Non fui stupito di quell’invito.
Lui aveva preso in simpatia gli ingegneri italiani.
Nel 1930, agli inizi del Piano Quinquennale, il suo governo aveva affidato a molte imprese italiane lavori di vitale importanza.
Alla RIV per esempio, che fabbricava cuscinetti a sfere.
E poi al gruppo dell’Ing. Omodeo, specializzato in opere idrauliche.
I tecnici italiani erano arrivati con le rispettive famiglie.
Alla RIV dirigeva i lavori l’Ing. Ugo Gobbato che si era portato dall’Italia gli ingegneri Ciocca e Piccin.
Come il resto della popolazione, vivevano in condizione di disagio, ma gli italiani avevano qualche libertà.
La notizia venne pubblicata sulla Gazzetta Piemontese il 31 maggio del 1867.
Titolo del trafiletto: “Disgrazia”.
Si annunciava la morte di Francesco Verasis Asinari, conte di Castigliole d'Asti e conte di Castiglione Tinella.
Una morte “…venuta turbare la gioia delle feste”.
“Disgrazia” quella morte, ma non è che la vita del Conte fosse stata tutta rose e fiori.
Anzi.
Fin dalla nascita.
Quando rimase orfano di padre.
Certo, il tutore non era niente male, essendo Camillo Benso di Cavour.
Come so tutte queste cose?
Perchè quel Conte sono io.
Vittorio Emanuele II quando giravo a corte mi chiamava “Castiùn”.
Fare una splendida carriera non mi fu difficile, complice l’ingente patrimonio che avevo ereditato. Francesca Trotti di Santa Giulietta fu la donna che sposai durante la Prima Guerra d’Indipendenza.
Il 13 agosto 1913 fu un giorno memorabile.
Quando io, Halim Eddine, fui incoronato re d’Albania.
Ismail Qemal Bej aveva chiesto l’indipendenza dell’Albania l’anno prima e gli albanesi avevano chiesto a me, nipote del Sultano, di raggiungere il Paese per essere incoronato re
E così avevo fatto.
Ero arrivato in città su un cavallo bianco.
E quei cinque giorni furono per me indimenticabili. Salito al trono con il nome di Otto I mi avevano persino assegnato un harem con 25 fanciulle.
Tra un piacere e l’altro dichiarai guerra al Montenegro.
Perché ho parlato di soli cinque giorni?
Vabbè, non so come dirvelo.
Giudicate voi. Questa la mia storia.
Sono nato in Germania il 16 ottobre 1872.
A otto anni ero già un fenomeno.
Nel senso che esordii come domatore di leoni in un circo.
Perché Musk ha eliminato l’uccellino da Twitter per sostituirlo con un’anonima X?
Che domande che fai Johannes.
Io lo so.
Anche se mi prendi in giro continuamente perché faccio parte di quella “schiera di sospettosi che non se la bevono” inclini al complottismo.
Se vuoi ti spiego il motivo, ma non fare come sempre. Che te ne vai prima, intendo.
Tu non vuoi capire che l’intera storia del genere umano è spiegabile solo sotto forma di cospirazioni, di grandi vecchi manovratori e trame oscure di cui solo la gente come me è a conoscenza.
Ma che hai da ridere?
Dovresti venire con me.
Ti avevo invitato anche quando sono stato a Watford, a nord di Londra, l’8 giugno 2013, ricordi?
Avevamo scoperto l’hotel dove si sarebbero riuniti le persone più ricche e influenti del pianeta per decidere le sorti del mondo.