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Nov 10 25 tweets 7 min read Twitter logo Read on Twitter
So la fatica che hai fatto, Johannes.
Poche informazioni, niente biografia, niente ritratto, la mia figura dimenticata, scomparsa nel nulla.
E quella data poi.
La mente va sempre alla rivoluzione industriale, o alle prime leghe emiliane.
Ma tutto ebbe inizio molto tempo prima.
«Lo so. Qualche secolo prima.
Torniamo al 1333, un anno importante per Firenze. Con i suoi centomila abitanti festeggiava il compimento di un’opera straordinaria come la cerchia muraria.
Mancava ancora il campanile al nuovo duomo, ma la sua costruzione stava per iniziare». Image
Dante era morto e Giotto era su con gli anni, ma non erano gli artisti i protagonisti della vita pubblica di Firenze.
Erano altri.
Il loro motto?
“In nome di Dio e di ghuadagno”.
Li chiamavano “gli uomini dai piedi polverosi”, perché erano sempre in giro per il mondo: i mercanti. Image
«Erano ricchi, prevalentemente borghesi, si facevano chiamare “popolo grasso”, artefici della fortuna economica di Firenze.
Con filiali in tutto il mondo.
Avevano concepito cose come la “scrittura doppia”, gli assegni, le cambiali, le tratte e le lettere di credito» Image
Provare a chiedere alla gente del nord quando arrivavano per comprare lana.
Quei mercanti?
Erano quelli che “divoravano gli uomini e le bestie, i mulini, i castelli, i boschi e le foreste".
Con nessun ducato in tasca, solo un pezzo di carta in mano e una penna dietro l’orecchio”
«Certo, erano avventurieri, ma avevano a Firenze trecento botteghe.
La Corporazione dell’Arte della Lana aveva una produzione di oltre centomila pezze.
Non si può mettere in dubbio la loro capacità.
Per Firenze erano dei veri benefattori.
O sbaglio?». Image
Non sbagli Johannes, ma stai descrivendo solo una parte di quella Firenze.
Certo, la più osannata, la più illustrata, la parte più conosciuta, anche se la gran parte della loro fortuna si basava sulla nostra fatica.
Perché vedi, noi eravamo gli invisibili.
Noi operai, intendo. Image
«Vero, le cronache di quel periodo non parlano molto di voi.
Di te quasi nulla.
Caro Ciuto Brandini, oggi hai l’occasione di raccontare com’era la vita dei dieci o forse quindicimila operai addetti alla lana.
Tessitori, pettinatori, scaldassieri, stamaioli, pulitori di sudicio» Image
Stiamo parlando del 1333, quando ci fu la più catastrofica alluvione dell’Arno.
E’ vero, si allagarono magazzini, depositi e cantine di quei ricchi mercanti.
Ma per noi operai e le nostre casupole di legno fu una tragedia.
Come sempre accade anche con guerre, carestie o epidemie. Image
«Ho letto.
Fu veramente una tragedia.
Una delle tante.
Avevate lasciato la campagna ed eravate venuti ad abitare nei sobborghi di Firenze in cerca di un futuro migliore.
Lavoravate dodici ore al giorno per i “lanaioli”, i padroni, in estate anche diciotto»
E la paga?
Otto soldi.
Non bastavano a vivere, e neppure a morire.
Se arrivavi a prenderli otto soldi.
Le multe erano salatissime.
Se sbagliavi a lavorare una pezza ti trattenevano cinque soldi.
Se terminavi il lavoro senza deporre la lana, due soldi tornavano nelle loro tasche.
«Prima di iniziare il dialogo mi hai raccontato che se un operaio sbagliava spesso veniva non solo licenziato, ma cacciato dalla comunità.
Persino da quella religiosa.
Però hai anche accennato ad uno statuto con il quale venivano risolte le controversie».
E’ vero, esisteva uno statuto.
Il primo articolo?
“Credere al lanaiolo", che poi era il padrone, “contra el lavorante infimo”.
Un buon inizio, non credi?
Ti ho anche detto che veniva chiamato uno da fuori, un “Ufficiale Forestiero” per applicare quello statuto.
«Ricordo.
Un ufficiale non certo imparziale visto che in pratica era al servizio della polizia privata dell’Arte della Lana. Che poi altro non era che la “Confindustria” dei lanaioli.
Pagato anche bene.
In più gli davano una percentuale per ogni multa.
Imparziale direi di no»
Quello che non ti ho detto è che poteva usare qualsiasi metodo, anche torture come la gogna o la fustigazione con le cinghie.
Oppure la schopa, la fustigazione con le verghe. Niente slogatura degli arti sul cavalletto, perché quelli ci servivano per lavorare. Image
«Nelle assemblee popolari c’erano tutti quelli che avevano qualcosa da vendere.
Quindi non voi operai.
E neppure i nobili.
Una strana democrazia.
Vi chiamavano con tono dispregiativo “unghie rosse” o “unghie blu” perché avevate le mani sempre sporche delle tinture delle stoffe»
Ti ricordo che l’Ufficiale Forestiero aveva anche un altro compito, forse il più difficile.
Doveva impedire a noi operai di fare “setta”.
Di riunirci insomma.
Cosa peraltro difficile visto che ogni lavorazione veniva effettuata quasi sempre nella propria casa.
«Essendo il mercante il padrone assoluto di attrezzi, macchinari, case e uomini, aveva sparso per la città le varie lavorazioni per trasformare la lana in stoffa. Dalla lavatura, alla cardatura, filatura, tintura, tessitura e altre, fino a quindici»
In posti così dispersi era difficile organizzare i lavoratori.
Ma dovevamo farlo.
Non potevamo continuare a lavorare in quel modo. Sapevo di quella legge che proibiva ad una sola categoria il diritto di riunione.
Alla nostra, quella degli operai.
Poi arrivarono quegli anni.
«Agli inizi degli anni ’40 il “popolo grasso” perse potere.
Inutile raccontare tutta la storia.
La guerra contro Pisa, i crack finanziari, con i nobili a chiedere aiuto al re di Napoli.
Lui mandò un esercito, con a capo quel francese, Duca d’Atene, si faceva chiamare»
Era stato poi cacciato nel 1342, ma nel frattempo qualcosa al a noi operai aveva concesso, anche se continuavamo a prendere otto soldi quando il pane ne costava venti.
Il 23 settembre 1343 quattromila operai scesero nelle piazze al grido di “Muoiano gabelle e il popolo grasso”. Image
«Esasperati dalla fame organizzaste diverse manifestazioni.
Ci fu anche una vera battaglia tra tremila operai e le truppe del Comune, ma la situazione per voi operai peggiorò.
Furono emanate nuove leggi per impedire le vostre riunioni e tornò l’Ufficiale Forestiero».
Troppo tardi.
Io avevo già organizzato da tempo “la fratellanza”, un vero sindacato.
Il resto lo conosci Johannes.
L’arresto mio e dei miei figli, e il processo.
L’accusa?
Tentare di introdurre pericolose novità “in danno dell’avere dei cittadini e del pacifico stato di Firenze”.
«E condannato a morte.
La data accennata all’inizio.
Il 25 maggio 1345.
Dopo l’arresto di Ciuto Brandini gli operai tessili, per ottenere la sua liberazione, presero la decisione di starsene “iscioperati”, “separati” dai loro padroni. Scioperarono, per la prima volta». Image
«Un cronista scrisse in quei giorni che chi gioca col popolo rischia grosso: “perché la gente quando è mossa ispesse volte non ristà alle poste di chi la move”.
Quei lavoratori tessili erano anche chiamati “ciompi”. Vi ricorda qualcosa?
Già ma questa è un’altra storia» Image

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Nov 11
Una poesia di Gianni Rodari recita: “Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra.”
Come dargli torto.
Nella guerra l’essere umano dà il peggio di sé.
In alcuni casi, andando oltre.
Lo chiamano “fuoco amico”.
Che poi di amico non ha proprio un bel niente.
E’ solo la dimostrazione, quando non è malasorte, di quanto l’intelligenza umana sia limitata.
Uccidere migliaia di persone “amiche” per negligenza o stupidità, quasi sempre restando impuniti.
Chi non ricorda la battaglia di Verdun.
La Prima Guerra mondiale aveva visto l’utilizzo di “armi chimiche” o gas asfissianti come venivano chiamati.
Ma erano anche lacrimogeni, urticanti e velenosi.
Ne avevano paura tutti.
Anche quelli che li utilizzavano. Image
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Nov 8
Erano membri di una piccola comunità religiosa cristiana, ma in Iran quella è una religione considerata impura, e così erano fuggiti da quel Paese.
Lui, la moglie e le loro due bambine di 7 e 11 anni. Destinazione Australia.
Pensando ad un futuro migliore,
Erano finiti in quel deserto, precisamente nel centro di detenzione per migranti di Woomera.
Sì, proprio quella, la Zona Proibita.
Grande come l’Inghilterra, dove si erano svolti tra il 1955 e il 1963 dei test nucleari condotti proprio dal Regno Unito. Image
E gli aborigeni che abitavano quella zona?
Presi di peso e trasferiti in altre regioni.
Comunque loro quattro erano scappati da un inferno, l'Iran, ed erano finiti in un altro inferno.
Forse peggiore.
Un centro per rifugiati gestito da una compagnia privata.
Read 25 tweets
Nov 7
Johannes, ci sei?
Sotto trovi il link della nostra conversazione di ieri dove mi hai accusato di essere un «cattivo figlio, cattivo fratello, cattivo marito e pessimo re».
Come mai allora per l’immaginario collettivo sono da sempre un personaggio mitico?
bit.ly/47j17B1
«A dire il vero ho detto che malgrado letteratura e cinema ti abbiano descritto come un buon sovrano, alcuni hanno parlato di te in altri termini.
Punto.
Comunque continua.
Sei rimasto a quando venisti a sapere che tuo fratello Giovanni era sul punto di usurparti il trono».
Vero. Giovanni, quel caro fratello a cui mio padre aveva riservato il suo più grande affetto.
E’ così.
Non aveva occhi che per lui.
Che dovevo fare?
Ho lottato per difendere quello che mi spettava.
Puoi farmene una colpa?
E poi erano tradizioni di famiglia tutti quei litigi.
Read 22 tweets
Nov 6
Sono solo dicerie.
Messe in giro per screditarmi.
In fondo tutti conoscono la mia storia.
Film, libri, persino cartoni animati hanno raccontato le mie gesta.
Tutti concordi nel ritenermi un buon sovrano.
Era lui che era malvagio e usurpatore.
Mio fratello Giovanni, intendo. Image
«Scusa Riccardo, sono Johannes.
Non vorrei contraddirti, ma qualcuno ha riassunto con ben altre parole la tua vita e il tuo regno.
Ti ha descritto diversamente.
Precisamente come un «cattivo figlio, cattivo fratello, cattivo marito e pessimo re».
Image
Image
Ma che dici.
Non hai visto i film su Robin Hood, l’eroe che rubava ai ricchi per dare ai poveri?
Viene raccontato molto bene l’amore che il popolo aveva per me.
Tutti aspettavano il mio ritorno, lottando contro mio fratello Giovanni.
Lui sì che era cattivo. Image
Read 25 tweets
Nov 4
L’Ing. Marcello entrò trafelato in cancelleria: “Debbo darti una notizia straordinaria. Domani il nostro Ciocca farà finalmente la sua esibizione e tu sei invitato a venire con noi”.
Non fui stupito di quell’invito.
Lui aveva preso in simpatia gli ingegneri italiani.
Nel 1930, agli inizi del Piano Quinquennale, il suo governo aveva affidato a molte imprese italiane lavori di vitale importanza.
Alla RIV per esempio, che fabbricava cuscinetti a sfere.
E poi al gruppo dell’Ing. Omodeo, specializzato in opere idrauliche.
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I tecnici italiani erano arrivati con le rispettive famiglie.
Alla RIV dirigeva i lavori l’Ing. Ugo Gobbato che si era portato dall’Italia gli ingegneri Ciocca e Piccin.
Come il resto della popolazione, vivevano in condizione di disagio, ma gli italiani avevano qualche libertà. Image
Read 23 tweets
Nov 3
La notizia venne pubblicata sulla Gazzetta Piemontese il 31 maggio del 1867.
Titolo del trafiletto: “Disgrazia”.
Si annunciava la morte di Francesco Verasis Asinari, conte di Castigliole d'Asti e conte di Castiglione Tinella.
Una morte “…venuta turbare la gioia delle feste”. Image
“Disgrazia” quella morte, ma non è che la vita del Conte fosse stata tutta rose e fiori.
Anzi.
Fin dalla nascita.
Quando rimase orfano di padre.
Certo, il tutore non era niente male, essendo Camillo Benso di Cavour.
Come so tutte queste cose?
Perchè quel Conte sono io. Image
Vittorio Emanuele II quando giravo a corte mi chiamava “Castiùn”.
Fare una splendida carriera non mi fu difficile, complice l’ingente patrimonio che avevo ereditato. Francesca Trotti di Santa Giulietta fu la donna che sposai durante la Prima Guerra d’Indipendenza.
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