Per sminuire il mio lavoro e rovinarmi la reputazione le grandi società chimiche spesero 250.000 dollari. Decine di articoli mi descrissero come una pazza visionaria.
Interviste a presunti scienziati cercarono di distruggere tutti i miei articoli dove avvisavo di quel pericolo.
Poi, non essendo riusciti ad ottenere il risultato sperato, si concentrarono sulla mia vita privata.
E soprattutto sul fatto di non avere competenze, essendo una donna.
Le accuse erano sempre le stesse.
Ero principalmente un’isterica e una “zitella senza figli”, amante dei gatti.
Lo so, come accuse non erano un granché, ma essendo a corto di argomenti…
Talmente a corto che arrivarono persino ad accusarmi di essere “un’amica di uccellini e coniglietti”. Effettivamente avevo paventato un mondo senza uccellini e coniglietti, ma avevo le mie buone ragioni.
Ci si mise pure il dipartimento americano dell’agricoltura a cercare di screditarmi.
Senza risultati.
Non arretrai di un millimetro, convinta di avere ragione.
Che avevo fatto di così grave per tirarmi addosso le ire di quella gente?
Mettetevi comodi.
E partiamo dall’inizio.
Sono nata il 27 maggio del 1907 a Springdale, una cittadina della Pennsylvania.
Fin da piccola amavo scrivere, una passione unita all’amore per la natura.
Dopo gli studi superiori mi iscrissi alla Johns Hopkins University per studiare zoologia.
Nel giugno 1932 mi laureai.
Una laurea in zoologia alla facoltà di Biologia.
I professori definirono la mia tesi “un importante contributo alla conoscenza del sistema urinario dei pesci”.
La morte di papà mi costrinse a lasciare l’insegnamento trovando un impiego presso lo U.S. Bureau of Fisheries.
Come redattrice di articoli scientifici sulla biologia marina, dove denunciavo gli effetti dannosi che l’azione dell’uomo aveva sul mondo circostante.
Ero convinta che solo la conoscenza del mondo acquatico potesse far conoscer l’impatto distruttivo sull’ambiente.
Volevo far capire al mondo che l’uomo, con le sue scelte, stava mettendo a rischio l’esistenza di molte specie animali.
Incredibile a dirsi, nel 1936 ,divenni la seconda donna assunta a tempo indeterminato dal Dipartimento Statunitense per la Pesca, in qualità di biologa marina.
Andava tutto a gonfie vele quando mia sorella Mirian morì per una polmonite, lasciando sole le sue due figlie.
Addio indipendenza.
Mi servivano soldi e allora pensai di vendere un saggio che avevo redatto tempo prima.
“The World of Waters” ebbe un enorme successo.
Dal punto di vista scientifico, intendo.
Un disastro come vendite.
Il momento non era certo il più adatto.
Gli aerei giapponesi avevano appena sferrato il loro attacco a Pearl Harbor.
Con la guerra imminente l’attenzione era doverosamente rivolta altrove.
Finita la guerra ricominciai il mio lavoro.
Con un solo desiderio: scrivere un nuovo libro sulla storia degli oceani.
Cosa che feci e questa volta con grande successo. Per la prima volta la gente iniziò a rendersi conto dell’importanza del legame tra il mare e la vita dell’uomo.
Il 7 maggio del 1952 diedi le dimissioni per dedicarmi interamente alla scrittura
Il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki mi avevano ricordato le parole del filosofo Anders
“Ormai viviamo in un mondo per il quale non hanno valore il mondo e l’esperienza del mondo”.
La mia esistenza cambiò con l’avvento di una sostanza, sintetizzata nel 1874, le cui proprietà furono scoperte nel 1939 dal chimico svizzero Paul Hermann Müller che era alla ricerca di una sostanza capace di eliminare i pidocchi.
Il suo nome?
Il DicloroDifenilTricloroetano (DDT).
Già nella seconda guerra mondiale la pratica di rilasciare sostanze chimiche nell’ambiente per eliminare insetti nocivi per l’umanità e per i suoi prodotti alimentari era diffusa.
Dal 1943 il DDT era stato utilizzato dalle truppe Alleate per combattere pidocchi, pulci e zanzare.
E quindi malattie come tifo e malaria.
“Eroe di guerra” venne definito il DDT, tanto che Paul Hermann Müller venne premiato nel 1948 con il Premio Nobel in Fisiologia e Medicina.
E così nel 1951 il DDT venne introdotto in modo massiccio come insetticida agricolo.
La resistenza sviluppata dagli insetti portò all’uso indiscriminato del DDT e di altri insetticidi.
Ma molti scienziati erano scettici.
Nessuno era a conoscenza di eventuali effetti.
Mi resi subito conto di quanto fossero nocive sostanze del genere introdotte nell’ambiente.
Vegetazione e fauna selvatica erano a rischio.
Poi nell’estate del 1957 ci fu una terribile moria di uccelli nei boschi di mia proprietà a Duxbury, nel Massachusetts.
Denunciai il pericolo che gli Stati Uniti stavano correndo con l’uso massiccio del DDT.
Ora sapete perché le industrie chimiche iniziarono ad attaccarmi.
A definirmi una pazza visionaria.
La stessa cosa fece il dipartimento agricoltura.
Io ero una donna e per loro incapace di parlare di scienza.
Il passo successivo?
Accusarmi di avere simpatie comuniste.
Nel 1960 mi venne diagnosticato un tumore.
Le pesanti cure terapeutiche mi indebolirono sempre di più.
Ma quella non era la battaglia più importante.
Dovevo dimostrare che quel pesticida non danneggiava solamente i singoli individui, ma contaminava l’intero ecosistema.
Nonostante il peggioramento delle condizioni fisiche riuscii a proseguire il mio lavoro.
Avevo tutti contro quando, il 27 settembre del 1962, pubblicai tutto il mio lavoro in un libro dal titolo “Primavera silenziosa”.
Un autentico terremoto.
Dimenticavo.
Mi chiamo Rachel Carson.
“Gli antiparassitari sintetici si sono così diffusi nell’intero mondo animato e inanimato che ormai esistono dappertutto”.
“Sembra che siamo stati travolti da una follia monomaniaca di distruggere, di uccidere, di sradicare dal nostro ambiente qualsiasi cosa che non ci piace".
Dopo la pubblicazione del libro il presidente J.F. Kennedy nominò una commissione per verificare la veridicità di quanto avevo scritto.
Il rapporto finale del 15 maggio del 1963 era un atto d'accusa contro l'indifferenza burocratica e la conferma dell'allarme lanciato.
La mia non era solo una battaglia contro i pesticidi. Non ero assolutamente contro il progresso, ma la vera civilizzazione non distrugge il mondo non-umano, ma lo protegge e prova a comprenderlo nei suoi diversi aspetti.
La bellezza della natura deve essere protetta.
Rachel Carson aveva ragione.
Ma non visse abbastanza a lungo per vedere la messa al bando del DDT negli USA (nel 1972).
Indebolita da un tumore ai polmoni e da una forte anemia e successivamente da un tumore al fegato morì il 14 aprile 1964 all'età di 56 anni.
La vittoria di Rachel Carson contro le lobby dell’industria chimica diede inizio al movimento ecologista e alla nascita dei moderni movimenti ambientalisti
«Lei divenne la prova innegabile di quanto il potere di un'idea potesse essere di gran lunga più forte del potere politico».
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Lungo un viale della città di Częstochowa si può incontrare una panchina.
Non la solita panchina, ma una panchina speciale, con una scultura in bronzo.
Raffigura una figura femminile seduta, con un gatto ai suoi piedi.
La targa dice che è dedicata a Halina Poświatowska.
Che poi sarei io.
Avrei dovuto immaginare che la mia vita non sarebbe stata per niente facile.
Fin dall’inizio.
Ero appena nata e già erano cominciati i problemi.
I miei genitori volevano chiamarmi Halina, ma il parroco, nel certificato di nascita, scrisse Helena.
Il motivo?
Secondo lui Halina non era presente nell’albo dei santi quindi aveva proposto ai miei genitori uno simile, Helena.
E quello scrisse nel certificato.
Una volta a casa i miei genitori continuarono a chiamarmi Halina.
A loro piaceva quello.
E pure a me.
“Sono contrario alla mescolanza perché Il sangue dei neri è di minor valore.
Se lo mescoliamo col sangue dei bianchi finirà per far scomparire la cultura europea”.
L'allievo Josef annuì.
In fondo nessuno poteva contraddire l’affermazione del suo maestro, il dottor Eugen Fischer.
Quelle del suo maestro non erano semplici teorie.
Lui le aveva sperimentate sul campo.
Esattamente nel campo di concentramento tedesco di Shark Island.
Era stato proprio il suo maestro, alcuni mesi prima, a raccontargli tutta la storia.
Fin dall'inizio.
Tutto era cominciato nel 1885, dopo la Conferenza di Berlino, in cui le potenze europee si erano spartite il continente africano.
Alla Germania era stato assegnato anche il territorio noto come Deutsch-Südwestafrika (Africa tedesca del Sudovest), l'attuale Namibia.
Mai avrei immaginato di scatenare tutto quel putiferio.
Allora ero un’educatrice che applicava terapie innovative per l’epoca (siamo nel 1938), rivoluzionarie nell’insegnamento, rivolte ai bambini con problemi di udito e linguaggio.
Eppure sono ricordata solo per quell’episodio
Un episodio che nulla aveva a che vedere con il mio lavoro.
Iniziato con un furto con scasso avvenuto nella mia abitazione e la convocazione del tribunale di Los Angeles come testimone.
Era il 9 novembre 1938.
E avevo 28 anni.
Mai immaginando quel che sarebbe successo
Quando entrai il tribunale il giudice Arthur S. Guerin, vedendomi, diede in escandescenze decidendo di sospendere il processo per 5 giorni.
Che avevo combinato per farlo arrabbiare in quel modo?
Qualcosa di terribile.
Per lui.
Mi ero presentata vestita con un paio di pantaloni.
Oggi è il 23 marzo 2017.
Non è la prima volta che vengo ad Auschwitz.
Sono stanco, e non solo per i miei 83 anni.
Sono ormai trent’anni che cerco di portare alla luce le responsabilità di quell’azienda nello sterminio di milioni di esseri umani.
Era il 26 ottobre 1942 e sono certo che Kurt ripensò al suo passato.
Era stato assunto da quell'azienda come disegnatore tecnico e di strada ne aveva fatta parecchia.
Dopo nove anni era stato promosso ingegnere del reparto D.
E proprio in quel reparto aveva dato il meglio di sé.
Grazie al suo ingegno la sua ditta si stava aggiudicando tutti gli appalti.
Quel giorno era particolarmente euforico.
«Le mie idee sono davvero rivoluzionarie, posso supporre che mi concederete un bonus per il lavoro che ho fatto» aveva scritto in mattinata al suo direttore.
Era il 21 giugno 1944, un mercoledì, quando Concetto Pettinato, direttore della Stampa, uscì con un articolo dal titolo: “Se ci sei, batti un colpo”.
A chi era rivolto quell’invito?
Al governo della Repubblica di Salò che era praticamente impotente nei territori formalmente suoi.
“Con le ordinanze scritte sulla carta non si va avanti. Si ha ormai bisogno di vedere, di sentire, di toccar con mano il Governo della Repubblica, perché in certe situazioni l’uomo crede solo alla presenza reale”. Insomma.
“Se ci sei, batti un colpo”.
Nessuno sentì mai quel colpo.
E come poteva arrivare da un “Governo fantasma” ormai tenuto in piedi dall’alleato tedesco?
Dopo l’8 settembre 1943 tutto era andato a catafascio.
Le Forze Armate certo, ma anche la rete ferroviaria e quasi tutti i servizi pubblici.
C’è chi descrive la realtà nella sua interezza.
E poi c’è chi fa solo propaganda, che è una descrizione parziale e spesso falsa della stessa realtà. La propaganda mira a influenzare le opinioni e il comportamento altrui, a vantaggio di qualcuno, per determinati obiettivi.
Quante tecniche esistono per creare falsi messaggi, e per fare della propaganda credibile?
A decine.
Si va dalla "conventio ad tacendum", dove si scelgono le notizie da dare e quelle da nascondere, al “ricorso alla paura” per creare qualche ipotetico nemico immaginario.
Del “ricorso alla paura” fu maestro Goebbels, che riuscì a convincere milioni di tedeschi che qualcuno voleva la loro morte.
(Si servì anche delle idee e dei libri di Theodore N. Kaufman, uomo d'affari e scrittore ebreo americano)