Paolo Mossetti Profile picture
Writer and Reporter on Politics, War & Adventure. ✍️ @esquireitalia @Grand_Continent @Wireditalia @insideoverita In libreria: APPUGRUNDRISSE - Tornare a Napoli.
Nov 8 15 tweets 6 min read
💥 I tifosi del Maccabi Haifa sono da tempo noti per essere violenti provocatori di estrema destra legatissimi all'IDF. La violenza di Amsterdam è nefasta per tutti, ma chi parla di pogrom e caccia alle ebreo fa propaganda (ingenua o in malafede, scegliete voi). Parliamone:
🧵 Image A marzo, un gruppo di hooligan del Maccabi ha aggredito ad Atene un uomo che portava una bandiera palestinese, quasi ammazzandolo. La vittima era un egiziano. L'incidente è avvenuto a Piazza Syntagma, sotto una forte presenza di polizia, prima della partita contro l'Olympiacos. Image
Oct 31 34 tweets 14 min read
💥Nel settembre dell'anno scorso ho passato qualche settimana in Georgia, prima delle grosse proteste antigovernative. Provo a tessere qui un lungo filo di impressioni e storie su un paese troppo spesso frainteso, raccontato con disonestà, schiacciato dalle grandi potenze.
🧵 Image Molti tifosi esterni hanno visto le ultime elezioni come un referendum sul futuro del paese: un bivio tra la strada verso l'UE e la sfera di influenza russa. Il partito al governo, Sogno Georgiano (SG), con un programma basato su sovranità e neutralità, ha preso oltre il 50%. Image
Oct 3 20 tweets 9 min read
💥Sfiduciato da mesi, Maurizio Molinari non dirige più Repubblica. I rapporti col corpo redazionale - dicono fonti anonime - si erano ridotti a zero e le vendite erano staccatissime dal Corriere. Ma è sul Medio Oriente che in questi mesi il giornale ha lasciato interdetti:
🧵Image 1/ All'inizio della rappresaglia israeliana a Gaza, Repubblica ⁩ha scelto di pubblicare quasi ogni giorno Sami al Ajrami, un giornalista palestinese che ha vissuto sotto le bombe nella Striscia.

Ma quella testimonianza è stata resa inerte, "tokenizzata" dalla linea editoriale.Image
Sep 18 5 tweets 6 min read
Sono arrivato all'aeroporto di Ben Gurion di Tel Aviv in un giorno di inizio settembre, un periodo in cui solitamente i turisti abbondano, e invece mi ritrovo in coda ai controlli insieme a un rabbino italiano, una influencer russa adolescente, due badanti ucraine e io. Le ultime due sono lavoratrici stagionali, vanno e vengono da Odessa passando per la Moldavia e parlano russo. Il rabbino, che è di Milano, appena apprende che sono di Napoli alza gli occhi al cielo: «Amico mio, non dirmi da che parte stai perché lì tifano tutti per quelli... gli altri, e pure il vostro sindaco non fa nulla per denunciare i terroristi. Mi auguro che tu possa fare un lavoro onesto». Gli rispondo che voglio solo curiosare, vedere che atmosfera si respira. Sarò una pagina bianca.

Un agente di sicurezza ci interrompe e mi porta nel famigerato «ufficio» della dogana, quello dove una poliziotta matura, con lo sguardo ferreo, mi sottopone a una mitragliata di domande: cosa ci faccio lì, perché proprio ora, cosa penso della guerra, quali amici ho in Israele, i loro numeri, come fanno di cognome i miei genitori, e cosa intendo con certe cose scritte su Twitter. Tutto in parte previsto, come mi avevano raccontato altri giornalisti prima della partenza. Ma l'interrogatorio mi costa due ore, con zelanti burocrati che, mentre la poliziotta mi parla, passano al setaccio i miei account social. Tutti aperti, ovviamente, perché renderli privati sarebbe stato inutile, anzi, peggio.

Alla fine, un funzionario mi lascia entrare, restituendomi il passaporto con una frase che mi rimarrà impressa: «Potevi aspettare un po' prima di venire a trovare i tuoi amici: tra qualche mese sarà tutto finito». Mi augura buona permanenza con un sorriso beffardo. «Cercano di mantenere una parvenza di democrazia», mi commenta un inviato Rai con cui sono in contatto, che era stato a Gerusalemme qualche settimana prima. «Noi corrispondenti con tesserino siamo più tutelati. I freelance invece sono in un buco nero. Ma non vogliono creare problemi alla diplomazia. Basta che non intervisti le persone sbagliate». L'influencer russa, scoprirò, verrà invece messa su un altro volo rispedita a casa: troppo giovane, e in odore di OnlyFans e prostituzione, con cui troppi tirano a campare a Tel Aviv, a quanto mi dicono.

All'ufficio turistico mi rifocillo con cartine e depliant, per dare ancora più credito alla mia versione di viaggiatore casuale. Questa è la mappa di Israele che arriva in mano a ogni visitatore: come potete vedere, i Territori Occupati sono inglobati, la linea divisoria verde del 1967 non esiste più, e Gaza è attraversata da strisce diagonali, come un errore della Storia. «Non è un errore, non è una casualità. Quella mappa è semplicemente la versione ufficiale dello Stato israeliano in questo momento storico», mi spiega Mauricio Lapchik di Peace Now, un'ONG israeliana che lavora per costruire ponti tra vari segmenti di opposizione a Netanyahu e si batte per la soluzione a due Stati. «Solo dieci anni fa avrebbe fatto scandalo, ma oggi è diverso. Oggi l'intera società è sulla via della radicalizzazione e accetta queste cose. Ma esistono sacche di opposizione». Andiamo a vedere se è vero, e che aria si respira.Image L'analista militare Edward Luttwak nel 1994 ha scritto un celebre saggio dal titolo: il fascismo è l'ondata del futuro. Ora Luttwak, in pieno furore da guerra di civiltà, ci spiega che in Israele i pessimisti si trovano soltanto in due segmenti di società: gli omosessuali e la sinistra. Nel resto della nazione, spiega, trionfa la positività. Io non so se Luttwak ha ragione, a Tel Aviv si lamentano che l'economia non è mai andata così male negli ultimi trent'anni e su ogni palo della luce c'è un adesivo che ricorda un soldato morto a Gaza o un ostaggio ancora da liberare. Alla stazione ferroviaria, intanto, distribuiscono volantini come quello che vedete sotto.Image
Aug 23 13 tweets 6 min read
💥Il discorso di Kamala Harris di stanotte e, più in generale, la convention dei Democratici hanno mostrato che non solo c'è ancora molto lavoro da fare per cambiare l'opinione pubblica statunitense, ma che probabilmente questo non sarà sufficiente.
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(1/12) Il dibattito sul conflitto in Palestina è cambiato enormemente negli ultimi anni. Ero a New York a seguire l'ultima rappresaglia a Gaza nel 2014, lavoravo per un'agenzia di stampa italo-americana, e posso dire senza alcun dubbio che se il massacro nella Striscia e i pogrom in Cisgiordania fossero avvenuti dieci o anche solo cinque anni fa, non ci sarebbe stato alcun movimento d'opposizione negli Stati Uniti. La maggior parte degli elettori Dem non avrebbe sostenuto un cessate il fuoco, un mandato di cattura per Netanyahu oppure le ragioni dei palestinesi come fa ora.

Bisogna ricordare da dove si è partiti per notare dove si è arrivati oggi.

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Aug 21 7 tweets 3 min read
Un amico ha scritto: questi sono anni in cui il ceto medio-basso ha deciso di spendere sistematicamente tutti i suoi averi al ristorante. Natalia Aspesi diceva che nell'estate italiana ogni pretesa di cultura è svanita in una grande, disperata corsa al mangiare.

Parliamone.
🧵Image Ho raccolto delle teorie. Una è che questa sarebbe la conseguenza del fatto che sempre meno persone possono comprarsi una casa e quindi, se non patrimonializzano, dissipano. Però non si capisce perché dissipare solo in cibo (o viaggi) e non musica, teatro, e altre attività.Image
Jul 19 8 tweets 3 min read
💥Il parlamento israeliano ha votato a favore di una risoluzione che rifiuta ufficialmente la possibilità di una “soluzione dei due stati”. È di fatto la posizione mantenuta da molti anni da Netanyahu, ma non era mai stata messa nero su bianco così esplicitamente.
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1/7 Image È scelta che isola ancora di più Israele e che coinvolge tutto l'arco parlamentare: su 120 deputati hanno votato a favore 68, e solo 9 hanno votato contro, mentre tutti gli altri si sono astenuti - incluso il centrosinistra. Mandati al macero gli accordi di Oslo del 1993.

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Jul 12 20 tweets 7 min read
💥«Il Sud muore». Una malattia che sento denunciata da quando sono ragazzino, dai primi anni Zero. Un'agonia lenta e diffusa che vent'anni dopo è addirittura peggiorata, che ne corrode la fibra economica, sociale, democratica. Con una differenza: non interessa più nessuno.
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1/Image L'Italia divisa è una costante della storia unitaria, ma oggi rappresenta un unicum nello scenario continentale. Dove il Sud, coi suoi 20 milioni di abitanti, resta non solo la più grande area meno sviluppata, ma anche la più grande area dove il declino non si produce rivolta.
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Jul 6 22 tweets 9 min read
💥Ora che si sono concluse anche le elezioni iraniane, con la vittoria del riformista senza troppo potere Pezeshkian e una forte astensione, va ammesso che la maggior parte delle analisi sull'Iran su cui fanno affidamento i "falchi" occidentali si basano su pie illusioni.
🧵 Image Non pretendo di essere un esperto di Iran. Ma occupandomi di conflitti su riviste generaliste, trovo interessante commentare un doppio movimento: i "multipolaristi", che sono una minoranza, che tifano vedono nell'Iran un baluardo anti-americano; e i segmenti manichei, che sono maggioritari nelle nostre redazioni e nei partiti, che vedono nell'Iran un attore del nuovo Asse del Male.Image
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Jun 5 7 tweets 3 min read
💥 Un fantomatico «editore di New York avrebbe suggerito alla direzione di Repubblica di pubblicare un testo su un paginone intero, dimenticandosi di indicare che era di 13 anni fa. Si potrebbe già ridere qui. Ma più ci si pensa, più la storia è grottesca.

🧵 Se il problema fosse solo l'occultamento della data originaria della lettera, infatti, non si capisce perché anche nel sottotitolo e nell'introduzione al testo l'autore venga indicato per ben due volte con un verbo al presente.
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Jun 2 11 tweets 4 min read
💥Questo #2giugno corrisponde a un momento in cui molti intellettuali, anche di sinistra, in cerca di avventura, si sono convinti che siamo già in guerra totale. «Occidente contro Russia e i suoi alleati». «Occidente contro le autocrazie».

È lo scenario culturale del 1914.

🧵 Image Uno scenario basato sulle mire espansionistiche del blocco avversario, a volte reali ma spesso ridotte a caricature, a paralleli col Reich. O basato sull'idea che tutte le potenze in quanto tali siano espansioniste, e noi, come Occidente, dobbiamo adeguarci. Senza sensi di colpa. Image
May 8 5 tweets 2 min read
Ora, rendetevi conto come devono sentirsi quei segmenti che sono stati per mesi scettici sulla strategia atlantista più rigida quando leggono sul Corriere che:

«Nell’analisi del conflitto in Ucraina, le voci critiche sono state zittite come filorusse, mentre la russofobia dilagante confondeva disegni criminosi di Putin con storici legami economici e culturali con la Russia... La solidarietà e il sostegno militare a Kiev si stanno risolvendo nell’agonia infinita del Paese, senza tenere conto della sproporzione delle forze e della superiorità decisionale del regime russo, mentre Europa e Stati Uniti tergiversavano... Non c’è possibilità di vittoria per l’Ucraina, al punto che dietro le quinte si comincia a pensare a una spartizione del Paese, in pratica il ritorno allo scenario iniziale». Lasciamo stare se Nava abbia torto o ragione. Io, per esempio, non valuto la situazione ucraina come quella di un collasso imminente generalizzato. Ma per due anni, va ammesso, la censura nei confronti di chi ha provato ad anticipare le stesse cose che scrive oggi Nava - sull'arroganza degli occidentalisti, gli errori della strategia Nato - è stata reale, forte, e spesso ha prevalso rispetto alla capacità di questi critici di vendersi, di rendersi interessanti e quindi di poter andare a dire certe cose in televisione. Spesso sono state scelte macchiette o personaggi egotici che hanno aggiunto a quelle critiche tantissime cose non condivisibili.
Mar 23 24 tweets 9 min read
💥 Germania, dove vai?
Persino la sinistra israeliana, che deve vedersela con una fortissima stretta sciovinista, è sconvolta per i livelli di repressione e conformismo anti-arabo che si vedono nel Paese governato dai rosso-verdi di Scholz. Una deriva illiberale che travalica la pur legittima necessità di tenere insieme lo Stato tedesco respingendo gli identitarismi e l'estremismo religioso. È raccontata da @972mag in un'inchiesta che lascia senza parole:

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1/972mag.com/germany-israel…Image 2/ Il silenziamento di massa è iniziato l'8 ottobre, quando Malcolm Ohanwe, un giornalista tedesco-palestinese, è stato cacciato per aver contestualizzato l'attacco del 7 ottobre.

Un calciatore del Mainz 05 è stato sospeso per aver pubblicato un messaggio pro-Palestina su Instagram.

Il segretario di Stato dello Schleswig-Holstein è stato sospeso invece per aver condannato Hamas e l'occupazione israeliana.

A confronto l'Italia di Meloni, che pure si rifiuta di riprendere i finanziamenti all'UNRWA, è un modello di pluralismo e tolleranza.
Mar 8 6 tweets 5 min read
Ha scioccato innumerevoli osservatori la galleria di immagini pubblicata nei giorni scorsi @ytirawi, fotoreporter di Gaza e collaboratore del sito britannico @bellingcat, che da mesi rischia la vita per documentare gli effetti della guerra.

Tirawi ha spulciato le foto delle truppe IDF pubblicate sui loro profili social e canali Telegram, probabilmente aiutato da collaboratori occidentali e persino israeliani, e quello che si vede supera in orrore persino quello che proviene dai russi in Ucraina.

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Truppe che oltraggiano case devastate, indossano la biancheria intima di donne sfollate o uccise, bruciano ciò che non dev'essere bruciato, organizzano aperitivi tra le macerie e si fanno beffa dei poveracci cacciati via. L'elemento sessuale, diventato così centrale come sappiamo nella propaganda di guerra, emerge con prepotenza dalla documentazione di Tirawi.

I responsabili della diffusione di queste foto non sono tanto ragazzini strappati dalla scuola, ma soldati di grado superiore, scrive il giornalista.

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Feb 19 6 tweets 3 min read
Sta facendo il giro del mondo un rapporto ONU che accusa la polizia israeliana di violenza di massa sulle donne e ragazze palestinesi della Cisgiordania: spogliate, picchiate, ingabbiate, degradate, violentate, giustiziate.
Ma c'è anche altro.

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1/6 ohchr.org/en/press-relea…
Image Il report è parte di un fenomeno più vasto, quello della terrificante condizione dei palestinesi di Gaza incarcerati dopo il 7/10, descritta anche nell'ultimo, sconvolgente rapporto ong @PHRIsrael: proviamo a vedere cosa c'è scritto.

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Feb 16 17 tweets 9 min read
💥Sarebbe l'ora di rendere responsabili i giornalisti e i politici "rispettabili" che continuano a diffondere i contenuti di Visegrád 24, un portale di estrema destra che fa violenta disinformazione razzista. Una mia inchiesta per @wireditalia
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1/17Image È impossibile, da oltre due anni, occuparsi della guerra in Ucraina o di Gaza senza notare quante persone si abbeverano alla fonte di questo aggregatore polacco di notizie, esploso soprattutto su X e su TikTok, e diventato un attore centrale nell'informazione bellica.

Già l'anno scorso uno studio lo identificava come come l'account più influente nel dibattito su Israele e Palestina, ottenendo più visualizzazioni su X di Cnn, New York Times, Bbc e Reuters messi insieme.



(Nota: preso dalle vicende Rai e Repubblica nei giorni scorsi, mi sono dimenticato di postare alcune cose scritte di recente.)

2/17cip.uw.edu/2023/10/20/new…Image
Feb 2 17 tweets 8 min read
🚨Un'inchiesta di Haaretz mette una pietra tombale sulla credibilità di Zaka, ong israeliana ultraortodossa che è tuttora una fonte primaria per una propaganda fuorviante nei media conservatori. Una storia che mi sta a cuore, una volta tanto, anche per vicende personali.
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1/17Image Partiamo dal 10 ottobre scorso. Zaka, un gruppo noto per il suo lavoro umanitario (raccoglie da vent'anni i cadaveri subito dopo gli attentati) diventa, per bocca del suo leader Yossi Landau, tra le prime fonti mondiali della storia sui «bambini decapitati» in «massa» nei kibbutz.

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Jan 26 11 tweets 4 min read
I titoli scelti da Repubblica, Corriere e la Stampa fanno - si può dire? - cadere le braccia. E sono illuminanti sulla linea che tiene la stampa di centro-sinistra da noi.

Minimizzazione. Riferimento ad Hamas. Sospetti sull'Onu. Esponenti conservatori della comunità ebraica intervistati.Image
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Il NYT parla invece di decisione dal «pesante significato simbolico». Image
Jan 18 9 tweets 4 min read
Ormai è difficile essere scioccati per quello che si vede a Gaza. Ma tre mesi fa molte persone erano ancora convinte che un esercito apparentemente moderno avrebbe voluto perseguire una parvenza di disciplina nella comunicazione pubblica, piuttosto che permettere ai più nazistoidi e squinternati dei suoi ranghi di andare liberamente sui social e pubblicare qualsiasi spazzatura incendiaria gli passi per la mente.

Davanti a un pubblico mondiale. Senza sosta. Ogni giorno.

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Molti di noi possono immaginare cosa accadrebbe a un marine americano in Iraq se diventasse virale un suo post su quanto gli piace divertirsi in un paesaggio devastato dalle bombe, dopo aver sterminato o deportato i nativi.

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Dec 22, 2023 14 tweets 6 min read
Questa foto, diventata virale, non è un fake: raffigura davvero un mercenario ucraino che combatte al fianco dell’IDF a Gaza. Lo conferma @BBC.

Ma @BBC non approfondisce la storia del protagonista, che è a dir poco torbida e riguarda, indirettamente, anche l'Italia.

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1/13Image L’uomo nella foto è Victor Friedman (nome in codice: Wolf), un israeliano di origine ucraina, che ha pubblicato lui stesso la foto su Telegram. Nato a Dnipro, si è trasferito in Israele a 19 anni, si è radicalizzato ed è diventato riservista dell’IDF.

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Dec 9, 2023 22 tweets 7 min read
Nonostante la vasta differenza di potenza militare, l'analista militare Tony Karon e l'ex negoziatore Daniel Levy avvertono: Israele sta perdendo la battaglia politica sul lungo termine e sta trascinando con sé parte dell’Occidente). Un 🧵 per riassumere un'analisi strepitosa:
1/ Image Il parallelismo da fare, spiegano, è con l'Offensiva Tet del '68 in Vietnam, dove una forza più debole ha sfidato una più forte modificando la narrazione politica attraverso attacchi strategici. Hamas misura il successo non solo in termini militari ma politici&internazionali.
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