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"Finiremo tutti colpevoli per non aver capito che i mali grandi e irrimediabili dipendono dall’indulgenza verso i mali ancora piccoli e rimediabili” (V. Foa)

Jul 19, 2021, 25 tweets

Finalmente una serata dedicata a me, al più grande fisico, astronomo, filosofo, matematico del mondo.
Considerato da tutti il padre della scienza moderna.
Ma come chi?
Johannes diglielo tu.
Che sono io, Galileo Galilei.

«Sei stato un grande, quello è certo.
E credo sia giusto evidenziare la tua grande personalità. Di uomo e di scienziato.
Però l’unico modo è quello di mettere fine alle troppe leggende che circolano sulla tua persona.
A cominciare dalla celebre “Lampada di Galileo”».

Intendi la lampada che pendeva dal soffitto nel Duomo di Pisa nei pressi della tomba di San Ranieri? Lo sanno tutti che osservando la sua oscillazione e misurandola con i battiti del polso scoprii le leggi sul movimento del pendolo.
Lo raccontano anche ai turisti.

«Lo so. Ma sicuro che fu con quella lampada?
Sicuro, sicuro? A me risulta altro.
Quando fu commissionata quella lampada, la legge del pendolo tu l’avevi già scoperta.
Esattamente nel 1581, mentre quella lampada è del 1587.

E’ così importante? Ormai l’hanno messa dappertutto. Era anche sulle banconote da 2.000 lire ricordi? Lasciamo le cose come stanno. In fondo è una leggenda a fin di bene.
Non sarà certo una lampada in più o in meno a fare la differenza, non credi?

«Lo so. Però sappiamo che le oscillazioni di un pendolo hanno uguale periodo solo se sono minime.
Tu stesso nel 1641 progettasti, sulla base di quelle piccole oscillazioni, un meccanismo per un orologio.
Perché poi non sei riuscito a realizzarlo?»

Come hai detto era il 1641.
Avevo settantasette anni, vecchio e cieco.
Sono morto l’anno dopo, ma nel 1656 fu proprio grazie ai miei primi studi che Christiaan Huygens costruì il primo orologio a pendolo.
E in seguito anche il primo orologio da tasca.

«Già. Ma torniamo a noi.
Alle altre leggende che circolano sulla tua persona. Detto che nessuno disconosce le tue grandi scoperte e che nessuno mette in dubbio quanto tu sia stato grande, perché qualcuno ha sentito il bisogno di fare di te un martire. Un eroe».

So a cosa ti riferisci.
Al processo della Santa Inquisizione che ho subito.
E alle torture che mi hanno costretto, il 22 giugno 1633, all'abiura delle mie concezioni astronomiche
E alla fine del processo rinchiuso in cella.

«Un vero eroe quindi. Il bene contro il male. Fede contro Scienza. Se non fosse che in cella non hai passato nemmeno un giorno. E in quanto alle torture, lasciamo perdere. A limite dei lievi arresti domiciliari, dato che avevi tutti i lussi possibili nella tua villa di Arcetri».

"Ma caa dici?" Lo avevano scritto nelle carte del processo. Che sarebbe stato “un esame rigoroso”.
E sapevamo tutti cosa significava quel “rigoroso”.
Solo perché avevo scritto che il sistema tolemaico era sbagliato.
Anche se non avevo prove scientifiche sull’eliocentrismo.

«Allora forse è il caso di raccontare tutta la vicenda, non credi?
Inizio io.
Era il 1610, ormai quarantaseienne, quando lasciasti Padova dove insegnavi matematica da diciotto anni alle dipendenze della Serenissima Repubblica di Venezia».

Aggiungerei “avarissima” Serenissima Repubblica di Venezia, visto che me ne sono andato perché mi pagavano poco.
Niente a che vedere con i mille scudi annui che mi offrì il granduca di Toscana Cosimo II nominandomi “primario matematico” all’Università di Pisa».

«Primario matematico e filosofico” per l’esattezza.
E, incredibile a dirsi, senza obbligo di residenza e di insegnamento. Fu un anno incredibile.
Hai dato alle stampe la tua opera più importante.
Il “Sidereus Nuncius”, che illustrava le tue scoperte fatte con il cannocchiale».

Intendi l’occhiale da canna? Altra mia invenzione.
Con quello ho scoperto gli anelli di Saturno, la natura delle nebulose, la montuosità della Luna, le macchie solari.
E soprattutto i satelliti di Giove, che chiamai “pianeti medicei” in onore dei Signori di Toscana».

«Una tua invenzione? Sicuro?
Perché a me risulta che il tuo discepolo Badouvère ti scrisse una lettera dove ti raccontava di un fiammingo che aveva fabbricato un occhiale che permetteva di vedere chiare e distinte le cose distanti.
Tu hai perfezionato i componenti, quello sì».

Come sei pignolo Johannes.
Va bene, non l’ho inventato io.
Però se vogliamo esseri precisi il merito lo dobbiamo a chi ha inventato le lenti.
Inventori anonimi, pensando che di lenti ne parla Aristofane nel IV secolo a. C. in una sua commedia. Comunque io perfezionai il tutto.

«Vero. Fino a quel momento l’occhiale da canna era stato una semplice curiosità esposta nelle fiere di paese.
Tu costruisti qualcosa di eccezionale.
10,100, poi 1.000 volte più grandi e 30 volte più vicine. Le cose, intendo.
E portasti l'occhiale a Venezia nel 1609».

E dopo averlo fatto provare ai senatori dal Campanile di San Marco ne feci loro dono.
Potevano vedere le navi nemiche due ore prima che con la sola vista.
Per questo mi offrirono un impiego a vita all’Università di Padova. Soldi, sempre pochi però.

«Ma qualcuno ti accusò di plagio.
Tu accusasti il colpo, ma cominciasti, con quello strumento, a osservare il cielo.
E dopo pochi mesi annunciasti quelle incredibili scoperte che hai elencato in un tweet precedente».

Sì, ma oltre a quelle feci anche un’altra scoperta. Osservai il pianeta Venere offrire delle fasi progressive e regolari come la Luna.
Ne ho dedotto che “Venere “necessiriissimamente” si volge intorno al sole” e così doveva accadere per tutti gli altri pianeti.

«Già. I pianeti quindi si muovevano intorno al sole.
Si passò da un opinabile ragionamento a qualcosa di più concreto.
Che avvalorava gli antichi Pitagorici, il grande Copernico. E lo stesso Keplero.
Certo, la prova non era definitiva, ma l’inizio di ogni futuro ragionamento».

Diciamo però che le reazioni furono più negative che positive. Ma io ero famoso in tutta Europa.
E avevo amicizie eccellenti.
Il Principe Cesi, fondatore dell’Accademia dei Lincei, per esempio.
E poi il fiorentino Maffeo Barberini che diventerà Papa Urbano VIII.
E poi lui.

«Già. Proprio lui. Il Cardinale inquisitore Roberto Bellarmino.
Colui che aveva messo la firma sulla condanna a morte di Giordano Bruno.
Sapevi esattamente i rischi che stavi correndo diffondendo idee contrarie al magistero della Chiesa. Nella Bibbia era scritto chiaramente».

Lo so cosa c’è scritto nella Bibbia.
Che…
Come? Si è fatto tardi? Proprio adesso che veniva il bello. Va bene, proseguiamo domani.
E ti racconterò delle torture che ho dovuto subire.
Ma dai, perché fai quella faccia Johannes. Ma è vero!

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