Marcello Veneziani, Giorgio Agamben e Massimo Cacciari rappresentano, pur da posizioni ed ideologie differenti, il fior fiore degli intellettuali italiani.
Sono brillanti, colti, acuti.
Sono accomunati in questi tempi bui da una critica trasversale della gestione della pandemia
Si va dai toni apocalittici di Agamben degni di tempi peggiori: la resistenza, i dissidenti, la clandestinità (vedi estratto di un più ampio intervento pubblicato qui quodlibet.it/giorgio-agambe… )
A Cacciari che, come scrive Marramao, sembra avere in mente l’idea foucaultiana o neo foucaultiana del controllo, ma un’idea solo autoconsolatoria: il potere sarebbe sporco, farebbe le cose sporche e gli intellettuali trovano il loro ruolo si oppongono, organizzano la protesta..
Ieri ha parlato Veneziani (vedi tweet in principio).
A differenza degli altri due V. non entrerà in clandestinità, né promuoverà la resistenza.
L’uomo di V. in tempi di COVID è semplicemente svuotato di certezze, tristemente ripiegato su se stesso, il Dio Scienza è morto.
Già l’incipit dell’articolo “potrei sbagliarmi, ma…” ti crea un po’ di disagio, visto che poi l’intellettuale -che per tutto l’articolo si crogiolerà sul tema dell’assenza di certezze- spara il proprio grido di ribellione nei confronti degli dei (della scienza) assenti.
Forse perché non ha “la prova inversa” (cit.) l’urlo di Veneziani non ha la potenza iconoclasta di quello di Fantozzi contro la corazzata “Kotiomkin” sotto gli occhi esterrefatti di Guidobaldo Maria Riccardelli
Immagina Veneziani per Fantozzi, i vaccini per l’immortale capolavoro del maestro Sergej M Eisensten, @RobertoBurioni per il fanatico Ricciardelli, da punire con la visione di Giovannona Coscialunga (la lettura del saggio del filosofo di turno)
Quello di V. è un flebile lamento
Rimane solo la ricerca dei 92 minuti di applausi
V. si approccia al tema “senza tesi preconcette” (ah…, excusatio non petita) e sceglie subito il ruolo più adatto per la recita: quello dell’eroe privo di certezze, di colui che dubita. Un ruolo scomodo, dice lui…
ma neppure tanto, dico io, perché chi dubita detiene il privilegio di non dover decidere, di commentare altezzoso dal trono le miserie dell’umanità. Soprattutto degli autoproclamati detentori delle verità opposte (dove però si capisce che a V. stanno sulle scatole gli scienziati)
A V. sembra sfuggire -nel suo dolente messaggio dall’empireo ai disorientati umani- che lui stesso si pone nell’odioso ruolo di autoproclamato detentore della verità.
La verità del dubbio (apparente), bieco artificio retorico.
V. deve aver patito nei mesi della glorificazione della scienza.
Ma oggi V. dall’Olimpo nel quale amabilmente argomentano anche Cacciari ed Agamben crede finalmente di poter impallinare, in una manifestazione eclatante della φθόνος τῶν θεῶν, la presunzione degli umani
Un po’ stancamente, quasi per dovere, V. nel finale passa in rassegna i temi cardine del complottismo, big pharma (cui peraltro converrebbe puntare sulle cure che V. preferisce ai vaccini), i brevetti, il regime della sorveglianza
Una spruzzata di Popper, l’asino di Buridano, Socrate e so di non sapere, in medio stat virtus anzi no, ma dell’articolo di V. resta il senso di vuoto, la domanda irrisolta …e allora?
Che poi le parole sono importanti: a leggere questo passaggio mi sento tanto Michele Apicella
Resta una chicca: gli scienziati già puniti per la loro presunzione (e come visto V. se ne compiace .. ah la fallibilità della scienza mica infallibile come gli intellettuali) vanno classificati in tre categorie : convinti, dubbiosi, scettici
Se una simile classificazione dovesse essere applicata agli intellettuali penseresti agli
- apocalittici (tipo Agamben)
- autoconsolatori (ho trovato il mio ruolo in questa fase alla Cacciari)
- autoreferenziali (tutti e tre, ma V. in particolare).
E si perché da un Veneziani così ci si sarebbe aspettato un finale pirotecnico, e invece a differenza di Lucio Dalla che sapeva che per l’anno che verrà qualche cosa bisogna pure inventare, V. ci lascia solo questa pillola.
L’importante è per Veneziani far sapere al lettore che lui no, lui non ha tesi o verità precostituite
È questo il contributo più rilevante che ci lascia
E noi miseri mortali ci sentiamo ancora più soli: senza le certezze della scienza.
E pure senza il conforto degli intellettuali
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