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"Finiremo tutti colpevoli per non aver capito che i mali grandi e irrimediabili dipendono dall’indulgenza verso i mali ancora piccoli e rimediabili” (V. Foa)

Jan 6, 2022, 15 tweets

"Le colpe dei padri ricadono sui figli" recita l’Antico Testamento. Ma dai, non è possibile.
Passi per "l'albero si riconosce dai frutti" del Vangelo. Ma perché le colpe dovrebbero ricadere su altri. Perché?
Eppure dovrei sapere la risposta, perché a me andò proprio così.

Tutto cominciò nell’aprile del 1938 a Vienna.
Stavo passeggiando per la città quando vidi alcuni soldati tedeschi che si stavano divertendo, obbligando alcuni ebrei a pulire con delle spazzole il suolo calpestato dai loro sacri "piedi ariani"

Non esitai un attimo.
Presi una spazzola e mi inginocchiai unendomi a loro nell'opera di pulizia.
“Alzati in piedi bastardo, facci vedere i documenti”, mi urlarono.
“Sono amico degli ebrei e quando posso do sempre loro una mano”, dissi porgendo il documento.

Avreste dovuto vedere la faccia di quel tedesco mentre leggeva ad alta voce il mio cognome.
Sbiancò e mi lasciò andare con tante scuse.
Perché nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di mancare di rispetto a lui, a mio fratello.
Uno degli uomini più potenti del Terzo Reich.

E io ne approfittai. Di quella parentela intendo.
Ogni volta, invece di urlare Heil Hitler, urlavo vaffan...
Ma non usai solo le parole.
Sapevo che mio fratello mi voleva bene e salvare ebrei, sotto la sua ala protettrice, divenne lo scopo della mia vita.

Dal 1933 lavoravo negli studi cinematografici di Vienna.
Quando arrestarono il mio capo, Oskar Pilzer, in quanto ebreo, fui io a farlo liberare intervenendo presso mio fratello.
Lui fu primo di una lunga serie.

Feci liberare anche il cancelliere austriaco Kurt Shunguggng.
E poi feci fuggire Franz Lehár, arrestato perché aveva sposato una ebrea. Sì, proprio lui, quello della “Vedova allegra”.
Lo feci fuggire io.
Trasferito poi in Cecoslovacchia, alla Skoda di Praga, feci molto di più.

Mi misi a capo degli operai che sabotavano la produzione di armamenti.
E, sempre grazie a mio fratello, feci liberare Jan Moraveck, il direttore commerciale.
E poi feci fuggire molti ebrei da un campo di concentramento dicendo di volerli impiegare alla Skoda.

Una volta fui pure arrestato su ordine di Himmler perché venuto a sapere della mia attività in aiuto degli ebrei e nella fabbrica.
Mio fratello intervenne e mi fece liberare.
Le cose andarono così fino alla fine della guerra, quando mio fratello fu catturato.

E io con lui, ma solo per il mio cognome.
Sapevo quello che stava per fare quando durante l'ora d'aria mi disse di badare alla sua famiglia.
Io Albert, il suo amato fratello.
Lui Hermann, entrambi Göring.
Mi lasciò solo togliendosi la vita, inghiottendo una capsula di cianuro

Dopo la guerra faticai a trovare lavoro a causa del mio cognome, un marchio d'infamia. Solo lavoretti.
A dire la verità, nel 1955, un lavoro lo avevo pure trovato, in una impresa edile.
Quando vennero a sapere chi ero, i miei colleghi si rifiutarono di lavorare con me.

Andò tutto a rotoli.
Mia moglie se ne andò in Perù con la mia bambina e io rimasi solo. Senza un soldo. Alla deriva.
Mi aiutarono solo alcuni amici.
La mia unica colpa?
Essere Albert, il fratello di Hermann Göring,

Sono morto a Monaco di Baviera nel 1966 e sepolto nella tomba di famiglia.
No, Hermann non è qui con me.
Dopo il suicidio, in quanto criminale di guerra, le sue ceneri sono state gettate in un ruscello fangoso di Monaco.

Avete giustamente riconosciuto molti meriti a Schindler per gli ebrei salvati.
Non pretendo lo stesso riconoscimento, ma io non ero cattivo. Ero solo suo fratello.

Quindi fatemi un favore.
Non ricordatemi solo per essere stato il fratello di un criminale nazista.
Perché se è vero che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, perché deve accadere da fratello a fratello?

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