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"Finiremo tutti colpevoli per non aver capito che i mali grandi e irrimediabili dipendono dall’indulgenza verso i mali ancora piccoli e rimediabili” (V. Foa)

Mar 8, 2022, 14 tweets

Lo so, ho letto che qualcuno si diverte a fare una specie di classifica di chi meglio ha rappresentato un’arte come la pittura. Da Leonardo da Vinci a Michelangelo Buonarroti, da Vincent Van Gogh a Pablo Picasso.
E poi ancora. Rembrandt, Monet, Dalì, Cezanne, Goya e Renoir.

Strano, nessuna donna.
E se vi chiedessi di elencare delle donne italiane che hanno lasciato un segno indelebile come pittrici? Tranquilli. Le pittrici non abbondano nemmeno nei libri di storia dell’arte.
Tempo fa Johannes vi ha raccontato di Artemisia Gentileschi. Una grande.

Ma prima di lei c’è stata una donna che è riuscita a fare la stessa carriera in quel mondo esclusivamente maschile. Di più.
Una donna che è riuscita a coniugare la sua carriera di artista con il suo ruolo di donna e madre.
Il suo nome? Lavinia Fontana.
Che poi sarei io.

Sono nata a Bologna il 24 agosto del 1552.
Come mi sono avvicinata alla pittura?
Non fu difficile visto che papà Prospero, famoso e affermato pittore della scuola bolognese, aveva una bottega dove collaborava con vari artisti come il Vasari.

Fui fortunata. Perché le donne non potevano frequentare Accademie e botteghe.
Non potevano studiare la matematica e la prospettiva ed era categoricamente vietato lo studio del nudo.
Con papà Prospero andò diversamente. Fortunatamente.

Crebbi infatti nella bottega imparando tutte le tecniche ed entrando in contatto con molti artisti dell’epoca.
Amavo i quadri di Sofonisba Anguissola, maestra del ritratto.
Altra grande pittrice dimenticata.

Mi sposai che avevo 25 anni.
Lui era Gian Paolo Zappi, un mediocre pittore che frequentava la bottega di papà.
E visto che andava di moda redigere contratti di matrimonio misi subito le cose in chiaro.
Anzi, misi tutto nero su bianco.

Primo.
Io mi sarei occupata solo di dipingere. Una clausola fondamentale.
Secondo. Lui si sarebbe occupato della casa e dei vestiti delle modelle.
Terzo. Lui si sarebbe occupato dei nostri figli.
Essendo il matrimonio il suo principale sostentamento accettò senza discutere.

Non so quanti di voi mi conoscono, ma ero brava.
I miei quadri ricchi di particolari. Talmente brava da essere chiamata da Papa Gregorio XIII a Roma per lavorare da lui.
“La Pontificia pittrice” e tutti facevano a gara per avere i miei ritratti. Persino Re Filippo II di Spagna.

Tra una gravidanza e l’altra riuscii ad aprire una bottega tutta mia.
E dipingere numerosissimi ritratti di nobildonne, diplomatici e personalità d'ogni sorta, un centinaio di pale d'altare e diverse sculture con cavalli.
Tra una gravidanza e l’altra.
Esattamente undici.

Negli ultimi anni della sua vita Lavinia Fontana fu colta da una crisi mistica.
Nel 1613 si ritirò in un monastero assieme al marito.
Morì a Roma l’11 agosto del 1614.
È sepolta a Santa Maria sopra Minerva.

Lavinia Fontana fu una grande pittrice, la prima che riuscì ad infrangere la regola che impediva alle donne di dipingere nudi.
Ne dipinse di bellissimi.
Come il quadro “Minerva nell’atto di abbigliarsi”.

Chiamata spesso anche a dipingere bambini. Come Antonietta Gonsalvus, figlia di Petrus Gonsalvus, affetta da ipertricosi, come suo padre e tre dei suoi cinque fratelli.
Alcuni studiosi pensano che la storia de “La Bella e la Bestia“ abbia preso spunto proprio da Petrus Gonsalvus

Lavinia Fontana, con coraggio e passione, sfidò consuetudini, pregiudizi e diffidenza in un mondo come quello dell’arte riservato ai soli uomini.
La cosa che maggiormente la faceva imbestialire?
Quando di lei dicevano: “dipinge e scolpisce come un uomo”.
Già.

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