Nella lettera di #Meloni al @Corriere ci sono alcune (piccole) novità, nel senso che la presidente del consiglio riesce a dire delle cose che finora non le uscivano proprio. Non rinuncia però ad affogare queste concessioni in un mare di minimizzazioni e vere e proprie bugie.
Riesce a chiamare la Festa della Liberazione col suo nome, intanto (anche se come vedremo non mancherà l’inevitabile proposta di cambiarle nome e status).
Dopo uno scontato invito alla concordia nazionale, la prima bugia: che la destra parlamentare italiana abbia dichiarato la propria incompatibilità non solo col fascismo, ma addirittura con la “nostalgia” del fascismo.
Il presidente del Senato coi busti di Mussolini; il cognato di Meloni, l’attuale ministro dell’agricoltura Lollobrigida, che partecipava all’inaugurazione di un monumento dedicato al criminale di guerra fascista Graziani;
le ultime esternazioni di Lollobrigida sul non rassegnarsi alla “sostituzione etnica”, teoria del complotto neo-nazista in purezza. Insomma, che la destra italiana abbia smesso di flirtare con il fascismo e il nazismo è, purtroppo, falso. Andiamo avanti.
Per dire due cose giuste, quelle in grassetto, bisogna infilarci in mezzo le foibe. Non si capisce perché, visto che quell’evento ha perfino una sua giornata dedicata. O meglio, si capisce: per lanciare un segnale a chi sulle foibe ha costruito una narrazione anti-Resistenza.
Segue un lettura della Costituzione repubblicana come testo che voleva “unire e non dividere”. Imprecisione, se riferita all’affermazione dei valori democratici appena nominata. Nei valori la Costituzione non è affatto un ponte di unione, è appunto uno “spartiacque”.
È vero che, nella prassi, la giovane Repubblica italiana si dimostrò molto generosa con i fascisti, permettendo a ex gerarchi di sedere in parlamento. Ma questo non può essere scambiato per spirito di equidistanza o pacificazione.
Allo stesso modo non può essere accettato il racconto della destra italiana come di una confraternita dedita a coltivare i semi della democrazia in Italia. I legami con il terrorismo nero della destra durano fino a oggi: .
Dopo aver scritto che l’Italia è diventata una democrazia forte e matura, ecco la parte più insidiosa dell’intera lettera: perché volete trattare la maggioranza degli italiani come nostalgici del fascismo?
È facile rispondere che:
1) Meloni dovrebbe andarci cauta ad ascrivere tutti gli elettori della sua coalizione alla sua visione della Liberazione, della Resistenza e della democrazia italiana.
2) È molto semplice non essere tacciati di fascismo: basta dirsi antifascisti.
Dirsi antifascista è, neanche a parlarne, qualcosa che Meloni non riesce a fare neppure in questa pensosa lettera. L’emarginazione che Meloni lamenta è il frutto della sua perdurante ambiguità.
Finché rivendichi l’appartenenza a una storia popolata di fascisti, è normale che tu non sia accettata dagli anti-fascisti. E infatti la soluzione proposta da Meloni è togliere l’antifascismo dal 25 aprile.
Non poteva mancare dunque l’invito a ridefinire la natura del #25aprile, attribuendola (correttamente) a Berlusconi. Proposta che resta, allora come oggi, un tentativo di espungere l’antifascismo da questa Festa.
Il crescendo finale è un capolavoro di benaltrismo: condanniamo tutti i “regimi del ’900” (= equiparazione di fascismo e comunismo), difendiamo il popolo ucraino (cosa c’entra con il 25 aprile?).
Meloni chiude ricordando qual è l’unica Resistenza che le va bene, quella di chi si definisce patriota e non partigiana (come se le due cose fossero in contraddizione).
La chiusura sulla “madre di quattro figli” è l’ennesimo fuori-tema di una lettera ambigua che dimostra ancora una volta l’indisponibilità della destra a fare i conti con il passato. Scelgono così di comportarsi da “ospiti” della democrazia che non hanno contribuito a fondare.
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