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Aborto è omicidio. Mt 18,6 Gesù "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" GV 14,6. (editor vocale possibili errori)

Aug 31, 2023, 13 tweets

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Le fatiche di Eracle/Ercole e altri miti legati all'eroe
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1.
Il leone di Nemea

Come prima fatica, Euristeo ordinò ad Eracle di uccidere il famigerato leone, dalla pelle invulnerabile a qualsiasi arma, che viveva in una grotta presso la città di Nemea, in Argolide. Dopo una terribile lotta, l’eroe riuscì infine ad annientare la belva strangolandola, ne sollevò la carcassa e la portò direttamente a Micene dove Euristeo, terrorizzato, gli intimò di lasciare d’ora in poi le prove dei suoi successi di fronte alle porte della città. Così infatti accadde da quel momento in poi e, ogni volta, il vile re, timoroso dei terribili mostri che Ercole avrebbe portato con sé, attendeva l’arrivo dell’eroe nascosto in un’urna di bronzo.
Utilizzando gli stessi artigli del leone, Ercole riuscì a scuoiarlo e da allora utilizzò sempre la sua pelle come invincibile armatura.

2.
L'Idra di Lerna
La seconda fatica

Addestrata da Era proprio perché fosse in grado di eliminare Ercole, l’Idra era uno spaventoso mostro, terribilmente velenoso, con il corpo di cane e nove teste di serpente di cui una immortale, che viveva sotto un platano presso la palude di Lerna, in Argolide. Ercole tentò di neutralizzarla mozzandone le teste con la spada, scoprendo però con orrore che ogni qualvolta ne tagliava una, dalla stessa ne crescevano altre due. Fu allora che per un’astuta intuizione ispirata da Atena, chiamò in aiuto Iolao, il quale, mentre l’eroe teneva il mostro immobilizzato, cauterizzò le teste tagliate con una torcia, impedendo loro di rigenerarsi. Infine, Ercole seppellì la testa immortale sotto una roccia, squartò la carcassa e immerse nella bile del mostro la punta delle sue frecce, che da allora divennero micidiali e fatali alla minima scalfitura.
Euristeo, tuttavia, non considerò compiuta correttamente questa impresa, a causa del determinante aiuto fornito da Iolao.

3.
La cerva di Cerinea
La terza fatica

Nei boschi tra l’Attica e la Beozia, viveva, libera, una cerva sacra ad Artemide, dea della caccia.
Euristeo ordinò ad Eracle di catturarla e l’eroe decise di portare a compimento la sua terza fatica senza che alcuna violenza fosse subita dall’animale. Per un anno, quindi, Eracle inseguì instancabilmente la cerva veloce, raggiungendo l’Istria e da lì il favoloso paese degli Iperborei all’estremo nord del mondo.

Alla fine, quando la bestia si fermò esausta, Eracle le trafisse con una freccia le zampe, sollevò l’animale di peso e iniziò il lungo viaggio di ritorno. Lungo la via, nei boschi d’Arcadia, ebbe a discutere aspramente con Apollo e Artemide, seccati per il trattamento che era stato riservato alla cerva loro sacra, ma compresero infine che Eracle stava seguendo la volontà di Euristeo, istigato da Era, e non certo la propria, ed acconsentirono così a che l’eroe potesse portare a Micene l’animale per dimostrare il successo dell’impresa.

4.
Il cinghiale di Erimanto
La quarta fatica

Dalle selvagge pendici del monte Erimanto, in Arcadia, un enorme cinghiale devastava le campagne circostanti: Ercole, inviato da Euristeo a neutralizzare la belva, fu ospitato lungo la strada dal centauro Folo che, onorando i doveri di ospitalità, offrì all’eroe carni arrostite e del vino che teneva gelosamente custodito in una giara. Tuttavia, inebriati dall’odore della bevanda, gli altri Centauri persero il senno e si scagliarono contro i due, ma Ercole, con le sue frecce micidiali, ne fece strage.
Raggiunto il monte Erimanto, l’eroe stanò il cinghiale, gli saltò in groppa, lo legò con pesanti catene e se lo caricò sulle spalle fino a Micene. Lì, venuto a sapere che gli Argonauti erano in procinto di partire per la Colchide alla ricerca del vello d’oro, abbandonò l’animale, di cui si ignora il destino, ai margini della piazza del mercato, e si unì alla spedizione, prima di tornare da Euristeo a ricevere nuovi ordini.

5.
Le stalle di Augia

La quinta fatica imposta ad Ercole prevedeva che l’eroe ripulisse le stalle di Augia, re dell’Elide, uomo ricchissimo in greggi e mandrie, e le cui strutture di ricovero per gli animali erano completamente ricoperte da un enorme strato di sterco, causa di una terribile pestilenza che affliggeva tutto il Peloponneso. Dopo essersi accordato per un compenso, Ercole deviò il corso dei fiumi vicini, le cui acque attraversarono stalle e ovili spazzando via ogni sporcizia.
L’impresa non ebbe però la conclusione sperata: da un lato, infatti, Augia, si rifiutò di versare il compenso pattuito, e dall’altro Euristeo si rifiutò di considerare valida questa fatica, in quanto Ercole aveva agito sulla base di un contratto oneroso con il re.

6.
Gli uccelli di Stinfalo

Sacri ad Ares, dio della guerra, degli enormi e terribili uccelli abitavano le rive dalla palude di Stinfalo, presso Nemea. Dotati di becchi, artigli e ali di bronzo, erano in grado di divorare uomini e bestie e spargevano nei campi circostanti escrementi velenosi che bruciavano i raccolti. Per aiutare Ercole, che indugiava ai margini della palude senza trovare un modo per addentrarvisi, Atena gli donò delle nacchere, al cui suono, terrorizzati alla follia, gli uccelli si alzarono in volo simultaneamente per scappare dalla palude. L’eroe poté così agevolmente ucciderne in gran quantità con le sue frecce.

7.
Il toro di Creta

Per onorare la sua settima fatica, Ercole raggiunse l’isola di Creta, dove si annidava un terribile toro che sputava fiamme dalle narici e devastava tutta l’isola con la sua furia selvaggia. Dopo aver rifiutato l’aiuto del re Minosse, l’eroe vinse da solo la sua lotta con la bestia, che riuscì a trascinare a Micene, dove Euristeo la rimise in libertà, dedicandola ad Era.

8.
Le cavalle di Diomede

Diomede era il re dei Bistoni, barbara popolazione della Tracia. Compito di Ercole era quello catturare le quattro cavalle selvagge del re, che venivano usualmente nutrite con i corpi degli stranieri che sventuratamente approdavano in quei lidi. L’eroe riuscì a catturare gli animali, uccidendo Diomede e resistendo agli attacchi dei Bistoni, portandoli infine a Micene, al cospetto di Euristeo.

9.
La cintura di Ippolita

Euristeo ordinò ad Ercole, come nona fatica, di impadronirsi della cintura che il dio Ares aveva donato a sua figlia Ippolita, regina delle Amazzoni, le mitiche donne guerriere, che, nella regione del Mar Nero, vivevano in una società matriarcale da cui gli uomini erano completamente esclusi. Giunto a destinazione, Ercole incontrò Ippolita che se ne invaghì e decise di offrirgli la cintura come pegno d’amore; ma Era, assunte le sembianze di amazzone, convinse le compagne della regina che Ercole stava per rapirla: queste allora si precipitarono in forze contro la nave dell’eroe, il quale, dopo aver resistito agli assalti, strappò la cintura a Ippolita e intraprese la via del ritorno.

In viaggio verso Micene, Ercole accorse in aiuto di Laomedonte, re di Troia, tormentato da un terribile mostro inviato da Poseidone, in collera con il re che non aveva pagato al dio il compenso pattuito per la costruzione delle prodigiose mura di Troia. All’arrivo di Ercole, Laomedonte aveva accettato di sacrificare sua figlia Esione al mostro pur di avere salve la propria vita e la propria città. L’eroe e il re stabilirono allora un accordo: Ercole avrebbe ucciso il mostro e salvato Esione in cambio delle cavalle sacre che a Laomedonte aveva ricevuto da Zeus. Ma, dopo che la principessa fu salva, Laomedonte non mantenne, come d’abitudine, la parola data, e l’eroe ripartì per Micene covando nel cuore propositi di vendetta.

10.
Il bestiame di Gerione
La decima fatica

La decima fatica portò l’eroe molto lontano dalla Grecia, ai limiti del mondo conosciuto. Scopo era infatti quello di catturare il bestiame di Gerione, custodito da un pastore, nell’isola di Erizia, oltre lo stretto che dal Mediterraneo dava accesso al misterioso Oceano.
Ercole approdò in Libia, si diresse verso l’Oceano, attraversò lo stretto e vi eresse due colonne per lato, da allora note come colonne d’Ercole; raggiunse l’isola, uccise il mandriano e il suo cane e si impadronì degli armenti. Il suo viaggio di ritorno attraversò la Spagna e la Francia meridionale; di qui la Liguria, dove dovette resistere alle popolazioni barbare che volevano derubarlo del suo bestiame. Proseguì in Etruria e si fermò sulle rive dell’Albula, antico nome del Tevere, dove, ospite del buon re Evandro, uccise il mostruoso Caco, anche lui colpevole di un tentativo di furto di parte della mandria. Nel suo lungo ritorno, l’eroe passò poi da Reggio Calabria e si imbarcò infine verso la Grecia, ma, mentre approdava in terra ellenica, Era face impazzire le mandrie che scapparono fino in Tracia. Recuperata gran parte degli animali, Ercole attraversò lo stretto di Corinto, dove lottò vittorioso contro il terribile gigante Alcioneo, e raggiunse, finalmente, Micene.
Quella delle mandrie di Gerione doveva essere l’ultima fatica, ma, poiché la seconda e la quinta non furono ritenute valide da Euristeo, l’eroe dovette affrontare due ulteriori imprese

11.
I pomi delle Esperidi

I pomi delle Esperidi erano dei meravigliosi frutti d’oro che Ercole doveva cogliere da un melo, dono di nozze della Madre Terra ad Era, che sorgeva in un misterioso giardino alle pendici del Monte Atlante, custodito dalle ninfe Esperidi. Non sapendo in quale luogo si ergesse la mitica montagna presso cui il gigante Atlante sosteneva sulle sue spalle il peso della volta celeste, Ercole decise di rivolgersi alla profetica divinità marina Nereo, alla foce del fiume Eridano, in Illiria. Nereo cercò di resistere ad Ercole mutando continuamente forma, ma l’eroe lo tenne stretto tra sue forti mani fino a che egli non cedette, indicandogli la via.

Passando per il Caucaso, Ercole liberò Prometeo, colui che aveva rubato il segreto del fuoco agli dei e che, per questo, subiva la punizione eterna di vedersi mangiare il fegato, sempre rinascente, da un avvoltoio. Il gigante, in segno di ringraziamento, gli consigliò di non cogliere personalmente i pomi ma di affidare tale operazione ad Atlante. Il gigante fu ben felice di aiutarlo e di cedere ad Ercole, aiutato da Atena, l’enorme peso del cielo. Al suo ritorno con i pomi, però, il gigante si rifiutò di riprendere il suo compito e si propose di andare personalmente a consegnare i frutti ad Euristeo. Ercole finse di acconsentire, purché Atlante reggesse la volta celeste solo per qualche minuto mentre l’eroe si fasciava il capo. A quel punto, Ercole scappò con i pomi e compì l’impresa.

12.
La cattura di Cerbero

Ultima e più faticosa impresa fu la cattura di Cerbero, l’enorme cane a tre teste che custodiva l’accesso al regno dei morti. Dopo essersi purificato presso il santuario di Eleusi, Ercole scese negli Inferi presso capo Tenaro, in Laconia, guidato da Atena ed Ermes.

Attraversato lo Stige con il traghettatore Caronte, Ercole incontrò l’eroe defunto Meleagro che gli narrò la bellezza della sorella Deianira: l’eroe promise di sposarla.

Liberò Teseo, imprigionato per aver tentato di rapire Persefone, poi giunse al cospetto di Ade che gli diede il permesso di portare Cerbero a Micene, purché lo catturasse senza usare alcuna arma. Afferrandolo per la gola, Ercole riuscì a domare il terribile mostro e portarlo così a Micene, dove Euristeo già da tempo si era nascosto terrorizzato nella sua giara. Dimostrato il successo dell’impresa, come promesso, l’eroe riportò il mastino al suo compito, nell’Ade.

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