Un leader che nella prima dichiarazione ufficiale post-voto si autoritrae insieme a due foto di Putin e una bandiera russa, simboli di una potenza straniera autoritaria che ha nell'UE il suo principale nemico e che ci usa per indebolirlo.
[1/8] #PutinsPuppets
Un partito di maggioranza che ha i suoi unici "esperti" di economia in un gruppuscolo di ciarlatani rancorosi, che predicano l'uscita dall'euro e la disintegrazione dell'Unione Europea come soluzione di tutti i mali.
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L'economia ferma, gli investimenti a picco e una situazione di finanza pubblica insostenibile che ci porterà allo scontro con le istituzioni di un'Europa debole e divisa, ma determinata a far rispettare la disciplina fiscale e ansiosa di isolarci per prevenire il contagio.
[3/8]
Un "paese reale" sempre più alienato dalla realtà, disposto a bere qualsiasi frottola che assecondi l'aspirazione di campare di rendite e prebende.
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Un'opposizione fragile, indecisa, e largamente contaminata dai deliri qualunquisti e sovranisti, poco capace (per ora e con diverse interessanti eccezioni) di proporre una visione alternativa e accattivante del futuro del paese.
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Oggi l'uscita dall'euro sembra ancora un poco più vicina.
[6/8]
A noi il compito di resistere, e resisteremo. Nel dibattito pubblico, nelle istituzioni, nel nostro lavoro, nelle interazioni quotidiane. Chi ha competenze di economia dovrà spiegare con umiltà dove portano le balle sovraniste. Anche nelle aule universitarie.
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E quando questo incubo finirà (perché finirà) ci conteremo e saremo fieri di poter raccontare che eravamo dalla parte giusta. Tanti altri invece dovranno abbassare lo sguardo e fare due passi indietro in punta di piedi.
[8/8]
🧵Scrivo un post, costato un lungo lavoro di preparazione, sugli effetti distributivi di Maganomics. Poche ore dopo trovo il mio post copiato integralmente e pubblicato in prima pagina su una testata chiamata Italia .co, con il mio nome, x far intendere ai lettori che io collabori con quel sito.
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Non conosco questa testata e fino a oggi non ne avevo mai sentito parlare. Non ho nulla a che fare con Italia .co e non desidero in alcun modo essere associato a essa.
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Non conosco il suo direttore e leggendo la pagina “Chi siamo” apprendo che questa testata può essere letta anche su Substack e il direttore scrive anche sul Fatto Quotidiano.
🧵No, le importazioni non "bruciano" il Pil.
E il Pil non può scendere sotto zero.
La qualità dell’informazione, purtroppo, sì.
Il modo in cui l’economia viene raccontata in questi giorni dice molto sullo stato di salute dell’informazione italiana.
Per la prima volta dopo molto tempo, la variazione del Pil su base annua è risultata negativa, con una flessione del tasso di crescita dello 0,3%. Un dato significativo, se si considera che nell’ultimo trimestre del 2024 il Pil era cresciuto del 2,4%.
Vediamo cosa c'è di sbagliato nel modo in cui molti media hanno riportato la notizia.
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⚠️ Prima di procedere, un avviso: questo thread è una versione ridotta di un post più completo che ho pubblicato su Substack, qui:
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Anzitutto, come sempre in questi casi, abbiamo dovuto leggere di nuovo l’espressione "Pil negativo".
È un errore grossolano, imputabile per lo più ai titolisti costretti da limiti di spazio: non è il Pil a essere negativo, ma il suo tasso di crescita.
Ancora più gravi, tuttavia, sono gli errori che gli editorialisti commettono sistematicamente nel tentativo di spiegare la flessione del tasso di crescita del prodotto americano. Questi sbagli non possono essere attribuiti ai titolisti e rivelano una seria carenza di conoscenze di base da parte di chi, al contrario, si presenta come esperto di economia.
🧵Sull'economia, Trump si è chiuso in un vicolo cieco.
Deve tagliare le tasse per tamponare gli effetti delle sue stesse politiche ma, proprio a causa di queste politiche, tagliare le tasse è diventato economicamente insostenibile e politicamente rischioso.
C'è poco da stare allegri però, perché l'uscita dal vicolo cieco potrebbe passare per scelte disastrose.
Quali sono le opzioni di Trump, e quali le conseguenze?
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Oggi lo U.S. Bureau of Economic Analysis ha pubblicato la stima del tasso di crescita del Pil per il primo trimestre del 2025.
Per la prima volta da molto tempo, la variazione è negativa.
Un risultato straordinario (in negativo), se si considera che nell'ultimo trimestre del 2024 il tasso di crescita era stimato al 2,4%.
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⚠️ Prima di procedere, un avviso: questo thread è una versione ridotta di un post più completo che ho pubblicato su Substack, qui:
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🧵Mentre Trump volava a Roma per godersi il funerale ("non vedo l'ora", parole sue), il suo regime ha arrestato una giudice sospetta di aver aiutato un immigrato a sfuggire alla deportazione.
E ha deportato una cittadina *americana* di due anni. Due.
Anni.
1/4
Ogni giorno si testano nuovi limiti, si erodono un po' di più gli argini della democrazia, si misura fin dove è possibile spingersi senza che il pubblico si svegli dal torpore.
Sta andando più velocemente di quanto si potesse immaginare. La fragilità della democrazia è nuda.
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Questa deriva è possibile, ed è così rapida, grazie alla militarizzazione dell’apparato dello Stato.
Trump ha epurato ogni figura sospetta di fedeltà alla democrazia, rimpiazzandola con fedelissimi: all’FBI, al Department of Justice, ovunque.
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🧵 ll dazio verso la Cina “Non sarà zero, ma scenderà di molto”.
Dollaro in caduta libera, capitali in fuga dagli Stati Uniti, rendimenti dei titoli di Stato in aumento costante, attese di inflazione e disoccupazione in rialzo, indici di incertezza economica e politica alle stelle, fiducia dei consumatori sottoterra.
Filiere interrotte, nessun miglioramento del gettito fiscale, ex alleati che si riarmano, ex partner commerciali che si mettono d’accordo tra loro, previsioni di crescita riviste al ribasso - non solo per gli Stati Uniti ma per il mondo intero.
Dopo settimane passate a implorare la Cina senza ricevere neppure una risposta, Trump annuncia l’ennesimo dietrofront sui dazi. Come previsto.
Cosa ha ottenuto fin qui? Assolutamente nulla, come previsto.
Nel frattempo, ha distrutto l’economia americana un po’ di più e inferto danni seri, ma non irreversibili, all’economia globale.
The art of the deal.
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E ora? Probabilmente la pantomima riprenderà tra pochi giorni, aggravando ulteriormente i danni per l’economia.
Magari dopo la visita a Roma nel weekend, i dazi saliranno di nuovo, finché lo spread con i titoli europei non toccherà nuove vette spaventando i consiglieri del presidente abbastanza da stimolare una nuova marcia indietro.
Ma non basterà togliere i dazi a giorni alterni per riparare le filiere, ricostruire la fiducia e far ripartire attività economiche ormai paralizzate dall’incertezza.
Di tanto in tanto annuncerà un accordo da dare in pasto ai gonzi. Dirà di aver ottenuto un’area di libero scambio con l’Australia, con cui il libero scambio esiste già.
The art of the deal.
Intensificherà gli attacchi alla Fed, alla disperata ricerca di capri espiatori.
Aumenterà il tasso di cattiveria sia in politica estera (cominciando dalla svendita dell’Ucraina) sia interna (deportazioni, repressione del dissenso, prime espulsioni di cittadini americani sgraditi).
2/4
Purtroppo, i fallimenti economici non rendono Trump meno pericoloso. Negli Stati Uniti è sempre in corso un colpo di Stato e, dopo aver rivelato tutta la sua fragilità, la democrazia americana continua a scivolare verso l’autoritarismo competitivo.
Ma i Maga nostrani devono capire che Trump è un omino piccolo piccolo, che si comporta come un gangster principiante, più deriso che temuto dagli altri gangster del mondo. Che usa il potere immenso degli Stati Uniti in modo distruttivo e autodistruttivo – dove con autodistruzione si intende quella dell’America, mentre gli affari propri e dell’oligarchia che lo spalleggia evidentemente sono ben curati.
Che ogni tentativo di imitazione in un paese strutturalmente debole come il nostro è destinato a finire malissimo.
Che l’autoritarismo di Trump è foriero di una debolezza strutturale in grado di piegare la più forte delle economie e compromettere il benessere di tutti, a cominciare da chi l’autoritarismo lo sostiene, come la classe media.
Mentre l'Europa è più forte e stabile di quanto sembri, baluardo della democrazia liberale e uno dei pochi rifugi sicuri rimasti di questi tempi. Se non facessimo parte dell’unione monetaria, oggi saremmo in balia degli eventi, importando inflazione e incertezza a fiumi, e saremmo destinati a una posizione di vassallaggio permanente.
3/4
🧵Questo grafico - tratto da uno short memo di @ProfJiang (Northwestern), @HannoLustig (Stanford) e coautori – mostra una disconnessione sorprendente: lo spread fra i titoli di Stato USA e i Bund tedeschi a 10 anni (asse verticale sinistro) aumenta, ma il dollaro si deprezza (asse destro).
È una rottura profonda rispetto al passato: rendimenti più alti dovrebbero attrarre capitali e rafforzare il dollaro. Stavolta no.
Il paper descrive accuratamente la trasformazione in corso nei mercati finanziari.
Secondo gli autori, gli investitori hanno smesso di considerare il dollaro e un rifugio e guardano altrove: all’euro.
Un breve thread: 👇
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Normalmente, un aumento di 50 punti dello spread avrebbe determinato un apprezzamento del dollaro del 5% rispetto all’euro. Invece, ha perso il 3,6%: un gap dell’8.6%.
Gli autori mostrano che i Treasury a tutte le scadenze sono diventati più "economici" rispetto agli equivalenti europei, e offrono rendimenti più elevati.
Tradotto: per detenere titoli americani, gli investitori ora chiedono un premio. Il valore del dollaro segue lo stesso declino dei Treasury.
2/7
Non era mai successo durante una crisi. È il segnale che gli investitori non si fidano più come prima della sicurezza e della liquidità dei Treasury, e si rifugiano nei corrispondenti titoli europei.
Anche il premio (convenience yield) che il mercato attribuisce alla sicurezza degli asset denominati in dollari (non solo i Treasury) è crollato di 83 punti base in dieci giorni.
Durante la crisi del 2008, gli investitori erano disposti a perdere tra l’1% e il 10% annuo pur di tenere Treasury americani. Oggi chiedono un 2,2% in più per detenerli rispetto agli equivalenti europei.
Non è una fluttuazione: secondo gli autori, siamo di fronte a una inversione di paradigma.
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