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Lo so, è una cosa che capita di rado.
Però è successo. Che avrei dovuto fare? Urlare al mondo l'ingiustizia? Quello fu solo la logica conseguenza. Pensate che ai miei tempi il sistema scolastico cercava di scoraggiare le ragazze dallo studio delle materie scientifiche.
E se qualcuna si impuntava e voleva assolutamente iscriversi all’Università le venivano richiesti voti più alti rispetto ai maschietti. Assurdo, vero? Comunque. Cominciamo dall’inizio. Sono nata a Belfast il 15 luglio 1943. E sono una di quella ragazze che puntarono i piedi.
Il mio interesse per l’astronomia? Grazie a papà. No, non era un astronomo, e non mi ha passato la sua passione per l’astronomia.
Era solo un architetto.
Speciale però, perché partecipò alla costruzione dell’Osservatorio di Armagh nell’Ulster.
Era il 1965 quando mi trasferii in Inghilterra per laurearmi in astronomia.
L’Università quella di Cambridge.
Il professore l’astrofisico Anthony Hewish.
Con lui seguii la costruzione del gigantesco radiotelescopio presso il Laboratorio Cavendish.
Ero euforica. Ero solo una studentessa, una delle sue dottorande di ricerca, ma il professor Hewish scelse me per osservare le quasar, oggetti celesti appena scoperti, che emettono energia come una galassia.
Per dimensioni, “quasar”, quasi stellari.
Iniziai quel lavoro nel luglio del 1967. Dimenticavo. Mi chiamo Jocelyn Bell.
Se non sapete come funziona, vi dico in parole semplici che un radiotelescopio è fermo.
Sotto c’è un pennino che lavora come un sismografo registrando l’intensità del flusso radio.
Ecco, io avevo il compito di analizzare gli oltre trenta metri di carta che ogni giorno l’apparecchio produceva.
Passarono pochi mesi quando vidi quei segnali insoliti.
Sempre nello stesso punto del cielo.
Segnali che non riuscivo a definire.
Quando ne parlai col professor Hewish mi consigliò di aumentare la risoluzione del segnale.
Fu così che nel novembre del 1967 li notai.
Una serie di impulsi ogni 1,3 secondi.
Corsi dal professore. Che mi disse che si trattavano sicuramente di interferenze di natura umana.
Ma io sapevo che non era come diceva. Perché apparivano sempre nello stesso momento? Quei segnali non erano di origine umana.
La distanza dell’emettitore periodico? 1000 anni luce.
Vi giuro che il primo pensiero andò ad una civiltà extraterrestre. Ma mi sbagliavo.
Perché in un altro punto del cielo scoprii un altro segnale. Ogni 1,2 secondi.
E poi un altro, e un altro ancora. Quattro segnali in arrivo da quattro posti diversi del cielo. Era arrivato il momento di pubblicare il tutto. Cosa che avvenne nel febbraio del 1968 su Nature.
“Sorgenti radio pulsante” le chiamammo inizialmente. Voi oggi le conoscete come “pulsar”. Stelle di neutroni ad altissima densità e dotate di un forte campo magnetico. Presumibile siano residui di supernove, stelle dotate di eccezionale splendore.
Una volta laureata mi sposai. Andai a lavorare a Southampton, presso il Laboratorio di Scienze spaziali Mullard. Dal 1974, avuto un figlio, nel Laboratorio di Holmbury St.Mary nel Surre. Ma non a tempo pieno.
Dal 2018 sono rettore dell'Università of Dundee
Ricordate l’inizio della storia? “Lo so, è una cosa che capita di rado. Però è successo. Che avrei dovuto fare? Urlare al mondo l'ingiustizia?”. Invece non urlai, quando nel 1974 diedero il Nobel per la Fisica al mio professore Hewish e al britannico, Martin Ryle.
Perché il Nobel?
“Per il loro ruolo nella scoperta delle pulsar”. Loro.
Lo so cosa state pensando, ma io non me la sono presa. “Se vinci un Nobel passi una settimana fantastica e poi nessuno ti premia con nient'altro. Ogni anno invece mi danno un premio. Molto più divertente”.
Nel 2018 Jocelyn ha ricevuto lo Special Breakthrough Prize in Fundamental Physics. Un premio che vale 3 Nobel in termini economici. 3 milioni di dollari che ha interamente donato per facilitare l’accesso delle ragazze, delle minoranze e dei rifugiati alle carriere scientifiche.
Per i premi Nobel gli anni duemila hanno riscontrato un maggior riconoscimento per le donne in ambito scientifico (in tutto il novecento erano state solo dieci le donne a ricevere il premio).
Basti pensare al 2009 sono state ben cinque le donne a ricevere il Nobel.
Grandi donne di scienza.
In Italia Fabiola Gianotti, e il suo contributo a trovare le prove del “bosone di Higgs”.
E Ilaria Capua, virologa, che ha isolato per prima nel 2006 il virus dell’influenza aviaria e che ha reso pubblica e gratuita la sequenza genetica del virus.
E poi la biologa Elena Cattaneo che dirige un importante laboratorio di ricerca sulle cellule staminali cerebrali.
E Marica Branchesi eletta dalla rivista Time, nel 2018, tra le cento persone più influenti al mondo per il suo contributo alla ricerca sulle onde gravitazionali.
E poi c’è lei, la donna che è riuscita ad andare oltre i sogni ristretti in cui sono spesso racchiuse le ragazze.
L’astronauta Samantha Cristoforetti, che i media hanno definito “l’italiana che cambierà i sogni delle bambine”.
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