Luberti fece irruzione accompagnato da un maresciallo dei Carabinieri e da alcuni soldati tedeschi. La madre fu picchiata fino a ridurla in coma (sopravvisse ma diventò sorda), il padre fu legato ad una moto e trascinato sull'asfalto fino alla Gendarmeria, dove giunse già morto
La fidanzata fu condotta nella "camera delle torture" di Luberti. La soffiata di "Pipetta" diceva che i famigliari (e soprattutto la fidanzata) sapevano dove si nascondeva "Cimitero". La povera ragazza fu seviziata e stuprata per due giorni e due notti.
Le furono amputati i seni e fu stuprata con una bottiglia di vetro fino a che non sopraggiunse la morte per dissanguamento. Il Boia Luberti era tristemente noto per questo tipo di trattamenti. Dopo le sue "operazioni" di tortura dai palazzi vicini lo sentivano cantare, gioire...
(Su Luberti non mi dilungo, potete trovare ampia letteratura su di lui, a partire da Wikipedia, ma sono stati anche scritti dei libri ... it.wikipedia.org/wiki/Luciano_L…… )
Sta di fatto che la notizia dell'efferato eccidio della sua famiglia e della sua fidanzata giunse presto all'orecchio di Bruno Schivo. Così, il 26 Aprile 1945 Bruno Schivo, detto "Cimitero" , scese a valle da solo. Qui in Paese, quando ero bambino, gli anziani dell'ANPI ...
se lo ricordavano benissimo: capelli lunghissimi e baffi, cartuccere a tracolla, un mitra in spalla e un mitragliatore da guerra tipo MP20 in braccio. Le spalle larghe, il viso una maschera di rabbia e determinazione. Luberti era già alla macchia, in fuga con falsa identità...
Bruno "Cimitero" Schivo era una furia. Piombò come un fulmine a ciel sereno nella casa della famiglia Navone. Non fiatò, sfondò la porrta. Non disse nulla: sparò con tutte le armi che aveva incrociando sventagliate di proiettili.
Li uccise tutti. Madre, padre e le quattro figlie. Non rimase vivo neppure il gatto di casa. Quando gli anziani dell'ANPI mi raccontavano questa storia (un po' la ricordava anche mio padre, ma lui all'epoca era un bambino) mi dicevano che quando è uscito il film "Rambo"...
loro erano rimasti stupiti: "Questo sembra proprio Bruno Schivo quando venne giù quel giorno!". Comunque, su Luberti, "Il Boia di Albenga" , come ho detto, potete cercare sul web e in libreria, scoprirete vicende che hanno dell'incredibile, anche sulla sua vita nel dopoguerra.
Bruno Schivo, invece, dopo quel 26 Aprile, tornò alla sua vita di tranquillo agricoltore a Leca di Albenga, proprio qui a due passi da casa mia. Fu decorato con la Medaglia d'Argento.
"Qualcuno l'ho fatto fuori, certo, ma avevamo ragione noi", diceva. Però parlava poco.
"Qualcuno l'ho fatto fuori, certo, ma avevamo ragione noi", diceva. Però parlava poco.
Ho raccontato questa storia sperando di far riflettere sulla questione del 25 Aprile come ricorrenza "divisiva". E' chiaro: non sono cose che si possono tagliare con l'accetta. La guerra è terribile, perché è quella cosa che avviene quando l'umanità abdica a sé stessa...
Io di storie sulla Resistenza ne ho sentite tante, da ragazzino mi piaceva andare al piccolo circolo ANPI che stava di fianco alla latteria, a farmele raccontare dagli anziani. Loro dicevano "dovete ricordare, bisogna tramandare, perché queste cose non succedano mai più".
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