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Molti l'avranno vista almeno una volta, ma credo che non tutti conoscano la storia di questa immagine, che il fotoreporter Evgenij Kaldei scattò a Berlino, in cima al Reichstag, esattamente 75 anni fa, il 2 maggio del '45. A me l'hanno raccontata al Museo ebraico di Mosca (1/n)
che non è esattamente il luogo in cui mi sarei aspettato di trovarla esposta. Ma certe esistenze, è cosa nota, raccontano epoche intere. Kaldei era un ebreo di Donetsk nato nel fatale '17. La madre la perse in un pogrom assieme al nonno quando aveva appena un anno; il padre (2/n)
e tre sorelle li uccisero i nazisti nel corso della guerra. Cominciò il lavoro di fotografo a sedici anni; a diciannove entrò alla TASS; con l'inizio della guerra gli assegnarono l'incarico di corrispondente nella marina; 1.400 giorni al fronte, da Murmansk a Berlino (3/n)
A Berlino l'Armata Rossa era arrivata il 20 di aprile del '45. Stalin pretendeva che il suoi generali conquistassero il Reichstag entro il Primo di Maggio. Il 30 aprile Zhukov comunicò che la missione era compiuta. Ma il Reichstag in realtà era ancora nelle mani dei nazisti (4/n)
Il primo a portare la bandiera sovietica sul tetto del Reichstag fu un soldato kirgiso di nome Rakhimzhan Qoshqarbaev, la notte del 30 aprile, ma era troppo buio e nessuno riuscì a scattare una foto: prima dell'alba i nazisti erano riusciti a sbarazzarsi della bandiera (5/n)
L'Armata rossa prese il palazzo soltanto il 2 di maggio. Khaldei aveva assistito a quella battaglia violenta. Con sé portava una grande bandiera sovietica che uno zio aveva cucito mettendo insieme tre tovaglie. Se guardate bene la foto, il rattoppo è evidente (6/n)
Alla fine della guerra Khaldei disse di avere chiesto personalmente allo zio di cucirgli quella bandiera dopo avere visto la famosa foto di Joe Rosenthal scattata a Iwo Jima per l'Associated Press. Insomma, avrebbe avuto in mente il piano prima ancora di partire per Berlino (7/n)
Dopotutto Khaldei era un fervente comunista, il che a quel punto doveva essere assolutamente normale: Joseph Roth, quache anno prima della guerra, aveva scritto in uno dei suoi reportage per la Frankfurter Zeitung che alla Gioventù comunista erano sciritti 600.000 ebrei (8/n)
Così la mattina del 2 maggio Khaldei salì in cima al Reichstag ormai distrutto da giorni di bombardamenti con la bandiera che gli aveva cucito lo zio e una macchina Leica modello III, obiettivo da 35 mm. Assieme a lui su quel tetto quel giorno c'erano altri tre soldati (9/n)
Erano un ucraino, Aleksei Kovalev; un bielorusso, Leonid Goryachev; e un daghestano, Abdulkhakim Ismailov. Se si pensa che Khaldei era ebreo, ecco, allora si riesce ad avere un'immagine abbastanza precisa di quel che doveva essere l'esercito sovietico arrivato a Berlino (10/n)
Su quel tetto Khaldei voleva costruire l'immagine della vittoria sovietica sulla Germania nazista. La foto richiese diversi tentativi. In questo, che ho trovato ieri sul sito di Ria Novosti, si vedono distintamente Kovalev, Ismailov e Goryachev, dall'alto verso il basso (11/n)
Dal punto di vista tecnico questa immagine appartiene a una corrente del fotoreportage sovietico che aveva allora in Rodchenko il suo esponente più conosciuto (e più discusso). Da quello simbolico, Khaldei poteva certamente ritenere di avere raggiunto il suo obiettivo (12/n)
Khaldei partì immediatamente da Berlino alla volta di Mosca. La fotografia fu presentata alla storica rivista Ogonek. Prima di pubblicarla, il direttore pretese alcune modifiche che Khaldei apportò in prima persona. Si decise di aggiungere colonne di fumo all'orizzonte (13/n)
L'intervento più importante fu, però, sul soldato Ismailov. Nella foto originale pareva avere due orologi. La questione era seria: bisognava evitare il sospetto che l'esercito avesse compiuto. Cancellarono uno dei due. Si scoprì, poi, che uno dei due era un compasso (14/n)
La fotografia fu pubblicata su Ogonek il 13 maggio con il titolo: "Il Vessillo della Vittoria sul Reichstag". Così è conosciuta ancora oggi. Non fu, peraltro, l'unica immagine che Khaldei costruì a Berlino. Eccone un'altra, bella e meno conosciuta. La bandiera è la stessa (15/n)
A questo punto sarebbe lecito aspettarsi per Khaldei ogni onore della scuola sovietica del fotoreportage (che era, comunque, un ambiente assai particolare). Così non fu. Dall'agenzia Tass Khaldei fu licenziato nel '47 perché nei suoi lavori da civile "non progrediva" (16/n)
U'accusa che aveva probabilmente motivazione politiche e che lui stesso riteneva un esempio di antisemitismo. Khaldei ottenne di nuovo l'accesso ai giornali soltanto alla morte di Stalin, nel '53. Qui sotto, al processo di Norimberga: l'uomo che si copre il viso è Goring (17/n)
Soltanto negli anni Novanta il nome di Evgeny Khaldei è stato collegato all'immagine della bandiera sovietica in cima al Reichstag. Morirà nel '97. Nel 2013 la figlia ha venduto il negativo della foto al milionario Roman Trzsenko, che l'ha donato al Museo ebraico di Mosca (18/18)
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