Thread by @MarcoCantamessa

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Mi è stato fatto notare che il mio precedente commento non è corretto, perché nessuno ha proposto il vecchio “lavorare meno per lavorare tutti”, ma qualcosa di più articolato.

Chiedo venia ai proponenti per essermi lasciato “scappare la frizione” con questa reazione affrettata. Tuttavia, il mio giudizio negativo non cambia, per i motivi che proverò a illustrare di seguito.

La prima critica è di principio. Come sovente in passato, si immaginano misure basate sull’ipotesi che il lavoro sia una torta fissa da dividere, e che la disoccupazione di X e Y sia frutto dell’occupazione e del “superlavoro” di Z.

Peccato che non sia così: magari X non sarebbe in grado di sostituire Z, e questo è particolarmente vero nell’economia moderna, basata su competenze altamente specifiche e difficilmente sostituibili, e in cui ci sono importanti skill shortage nelle occupazioni più qualificate.

In pratica, la misura sarebbe una tassa sulle imprese che occupano le persone più qualificate (guarda caso, le imprese sulle quali sarebbe bene puntare per la ripresa).

L'impresa ha avuto la fortuna di trovare in Z un raro specialista, e la si scoraggia dal chiedergli di lavorare di più, spingendola a coinvolgere X, che è molto meno bravo.
Ecco perché il collegamento tra salario e produttività andrebbe comunque a farsi benedire.

Inoltre, Y potrebbe avere chance di occupazione proprio grazie al “superlavoro” di Z.
Z, avendo meno tempo per sé, magari sarebbe lieto di pagare servizi che Y gli può fornire. Penalizzate Z e la sua disponibilità a lavorare di più, e Z sarà più povero, e Y rimarrà disoccupato.

In sintesi, dovremmo darci da fare per ingrandire la torta, e non per trovare modi sempre più complessi per dividerla.

La seconda critica è di metodo. Ancora una volta, si gioca a fare gli “alchimisti regolatori”, introducendo procedure complesse e invasive nella gestione aziendale.

Già era complicato gestire un’azienda, in un Paese iper-regolamentato e burocratizzato come il nostro, al contempo dovendo operare su mercati sempre più competitivi e complessi. Sarà ancora più drammatico farlo nella situazione economica attuale e… cosa pensano i nostri?

Pensano di chiedere ai manager di passare del tempo con i consulenti del lavoro a far conteggi sul mix ottimale della forza lavoro, ma non per portare l’impresa ad avere successo sul mercato, ma per ottimizzarne i risultati “deformati” dalle scelte del regolatore.

Per favore, lasciate stare le imprese. Tassatele, e poi usate queste risorse per aiutare X e Y a formarsi e a trovare lavoro, ma senza troppe alchimie.

Infine, se proprio si vuole fare qualcosa per "ingrandire la torta", bisogna pensare a una cosa sola: aumentare la produttività delle imprese, che è il vero dramma del nostro Paese da decenni.

Imprese più moderne, sotto il profilo delle risorse umane, delle tecnologie e della gestione possono creare un nuovo miracolo italiano.

Per chi non avesse capito il riferimento, si tratta di questa proposta.
repubblica.it/economia/2020/…