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Capitolo III, punto 10, de "L'Italia nel Novecento" di @GotorMiguel, sull'affermazione del fascismo e la sua politica economica: "Dal liberismo al protezionismo. Lo Stato corporativo". Non ci siamo ancora ripresi. #fascismo #corporativismo #antiliberalismo Image
Del libro di @GotorMiguel "L'Italia nel Novecento" va detto innanzitutto che è un lavoro necessario in un paese non proprio propenso ad analizzare la propria storia recente con obiettività. Nonostante l'ampiezza del periodo considerato (più di un secolo di vicende patrie), (...)
(...) l'autore ci prova e devo dire che, in generale, ci riesce, unendo cronaca e costume a una trama politica complessa e a tratti difficile da sbrogliare. La difficoltà di strutturare un racconto coerente del novecento italiano in 500 pagine dev'essere stata enorme, (...)
(...) e da questo punto di vista il libro è altamente consigliabile a diverse categorie di lettori potenziali, a chi quelle vicende le ha vissute direttamente o solo di striscio, a studenti che poco sanno del loro paese, a giornalisti, politici o semplici appassionati del genere.
A mio avviso le pagine più riuscite sono quelle sulla parabola del fascismo, ricche di aneddoti e raccontate come in un film neorealista, con tanto di accompagnamento musicale sulle note delle canzoni dell'epoca. #italia900
Vorrei soffermarmi brevemente invece su alcuni degli aspetti per me meno convincenti dell'importante lavoro di @GotorMiguel. Nel primo caso so di mettermi in un terreno minato perché l'autore si occupa per professione degli anni '70 ma tant'è, qui si è fatti così. (...)
I capitoli dedicati agli anni di piombo (lotta politica, attentati e stragi) vengono letti, inevitabilmente, attraverso il prisma della strategia della tensione. Gotor, però, riconduce praticamente tutti gli avvenimenti di quel periodo all'intenzione, più o meno dichiarata, (...)
(...) degli apparati dello Stato di frenare le ambizioni di potere del PCI (ovvero della sinistra parlamentare italiana tutta, a quei tempi): una sorta di grande complotto per impedire la partecipazione al governo dei comunisti, obiettivo da raggiungere con qualsiasi mezzo. (...)
(...) In questa strategia organizzata e diretta dall'interno e dall'esterno, perfino le Brigate Rosse sarebbero state funzionali al disegno eversivo volto a compattare le istituzioni e a impedire alla sinistra di accedere alla stanza dei bottoni. (...)
Anche se sarebbe ingenuo negare l'esistenza di questa "conventio ad excludendum" (e infatti non lo farò io qui), stupisce pero che @GotorMiguel non faccia praticamente cenno in tutto il libro (ci sono solo alcuni riferimenti sparsi qua e là) alle ragioni politiche oggettive (...)
(...) alla base della stessa: ovvero la dipendenza ideologica ed economica del principale partito dell'opposizione da una potenza straniera, ostile e totalitaria. Se si vogliono analizzare le anomalie italiane occorrerebbe partire proprio da questa che è, secondo me, (...)
(...) l'anomalia originaria e decisiva nello sviluppo democratico dell'Italia del dopoguerra fino alla fine del comunismo in Europa. In poche parole: l'Italia apparteneva al campo occidentale, al sistema delle democrazie liberali, il PCI - almeno per 4/5 della sua storia - no.
Può darsi che Gotor abbia dato per scontato questo passaggio ma, vista la dovizia di particolari sul resto, stupisce, dicevo, il sostanziale silenzio su una questione di fondo da cui deriva una lunga catena di conseguenze, certo non inevitabili, ma almeno da contestualizzare.
Passo a un altro tema, del tutto marginale nell'economia del libro, ma importante sul piano storico, soprattutto oggi che si torna a parlare di cause della Seconda guerra mondiale. A pagina 101 Gotor fa sua la tesi secondo cui la firma del patto Molotov-Ribbentrop (...)
(...) fu voluta da uno Stalin "consapevole dei ritardi dell'Armata Rossa e della necessità di prendere tempo rispetto a un'invasione tedesca giudicata comunque inevitabile". Insomma, una mossa puramente difensiva. Questa teoria fa il paio, mi pare, con quella opposta (...)
(...) sostenuta da Suvorov, per cui in realtà il dittatore sovietico avrebbe usato Hitler come rompighiaccio delle difese occidentali per procedere successivamente a invadere l'Europa. Entrambe queste ipotesi sono possibili, per alcuni perfino verosimili, ma non si (...)
(...) allontanano dal terreno meramente speculativo. Può darsi che Stalin abbia pensato alla prima, alla seconda o a entrambe le possibilità, ma la realtà è che non lo sappiamo. Quel che sappiamo invece sono tre dati di fatto che fanno pendere la bilancia dall'altro lato: (...)
1) Stalin fu così sorpreso dall'invasione tedesca che tardò diversi giorni prima di reagire; 2) l'URSS fornì, nei quasi due anni di patto, supporto militare e logistico alle truppe tedesche (fornitura di materiale, assistenza strategica etc...); 3) il più importante: (...)
(...) non ci si può riferire al patto Molotov-Ribbentrop senza citare il vero elemento distintivo che lo rende quello che è (patti di non aggressione ce n'erano stati anche altri prima), ovvero il protocollo segreto con le conseguenti spartizioni e annessioni di territori. (...)
(...) È il protocollo segreto che dimostra più di qualsiasi speculazione le reali intenzioni della dirigenza sovietica e che trasforma il patto in un vero e proprio "piano d'attacco" e non una semplice tattica difensiva.
Detto tutto questo, lettura consigliata anche a chi crede di sapere già tutto su "L'Italia nel Novecento". Imparerete certamente qualcosa (per es., conoscevate il progetto mega-terrorista di Giovanni Senzani?). Adesso, come si dice, please @threadreaderapp unroll. @GotorMiguel Image
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