#8dicembre 1856, Napoli festa dell’ #ImmacolataConcezione, è da poco terminata la Messa quando un giovane ventiseienne di nome Agesilao Milano soldato del terzo reggimento rompe le righe e dapprima cerca di sparare e poi con la baionetta tenta di colpire il re Ferdinando II
L‘attentato fallisce, il re ferito ed il giovane arrestato.
Ma Milano non era folle, aveva «la febbre del leone», nato a San Benedetto Ullano, arbëresh, fortemente cattolico e cresciuto con gli ideali di patria, giustizia e libertà ereditati dal padre carbonaro per anni carcerato
Quello era il suo secondo tentato regicidio: il primo, per le vie di Spezzano Albanese nel 1852 non venne attuato e lui, mai vinto, si arruola appositamente nell’esercito borbonico al posto del fratello, con un altro nome (Ambrogio) pianificando per quattro mesi la sua azione.
Nei giorni successivi al ferimento del re Milano rifiuta l’infermità e subisce torture dopo le quali rivelerà i suoi complici «la mia coscienza, il mio cuore, le mie braccia».
Alle sedici del 13 dicembre 1856 in piazza del Mercato svestito della divisa militare salirà al patibolo
Ai preti della compagnia dei Bianchi riferirà «Almeno non tremerò più pe'miei fratelli, ma essi si ricorderanno di me», «Ora son pago, non desidero che abbandonarmi a Dio»
Milano morirà poco dopo impiccato gridando «Io muoio martire! Viva l'Italia! Viva l’indipendenza dei popoli»
«Come bisogna definire l'attentato di Agesilao Milano? La Storia è chiamata a darne il più imparziale giudizio. Certo si è però che un uomo, il quale fa il sacrifizio della propria vita per il trionfo di un idea [...] è impossibile, che fia dalla storia dichiarato un assassino»