Sto per fare una cosa poco da Twitter.
Sto per raccontare una storia lunga.
Parecchio lunga.
Se non siete dell'idea, potete fermarvi qui: nella foto c'è già scritto tutto. Altrimenti ci vediamo qui sotto.
#25aprile
#oraesempreresistenza
@Anpinazionale
Raul, Lampo, Mitra, Angioletto. Omer, Lupo, Filava. Gandhi, Dindòn, Gnocca, Piedidolci, Tacapàgn, Milan, Dioboia, Già già, Chicchirichì, Fastidi, Fifa, Gondon, Cognach, Meningite, Risotto, Scalmanà, Tirem indrè, Athos, Tremalnaik, Miomao, Biancaneve, Bandolero stanco >
2. Birimbo, Birambo, Radames, Bartali, Carnera, Emorroidi, Matteotti, Patirai, Raffica, Marò, Lulù, Califfo, Primavera, Marlèn, Nemo tre, Bologna5. 
La mia passione per i nomi di battaglia è nata con loro, anni e anni prima che la rete iniziasse a chiamarsi web. 
E con lui. >
3. Non era mica vera quella cosa lì dei treni in orario. Ogni tanto saltava una coincidenza, per esempio quella che ha portato il treno dei miei nonni a partire prima che il mio arrivasse. Non ci siamo mai incontrati, e così la parte da protagonista maschile nella mia >
4. educazione all'antifascismo se l'è dovuta smazzare lui. Spiegare chi fosse nell'albero genealogico della mia famiglia richiederebbe uno scialo di matrimoni, vedovanze, figli di primo e secondo letto, genio militare, altri matrimoni, fughe, valigie - una quantità micidiale >
5. di valigie - e miniere da fare notte. Lo chiameremo così come si è sempre presentato: Nino.
Nino aveva assunto su di sé l'onere di fumare in nome e per conto di tutto un ramo della famiglia interamente composto da non fumatori. 
Nino aveva un cane che aveva chiamato >
6. Vanessa come rappresaglia per non aver avuto voce in capitolo sulla scelta del nome della sua primogenita. I vicini impegarono anni prima di capire che Vanessa era il cane.
Nino era di origine nordica, aveva occhi color ghiacciaio e quei baffetti da sparviero che lo >
7. rendevano irresistibile per qualunque signora e qualche discreto signore. 
Nino, quando doveva chiedere "Che cosa?" diceva "Was?" con un sorriso sghembo in faccia e un vaffanculo negli occhi. Chiara, sua moglie, puntualmente gli diceva di smetterla, ché ormai la battuta era >
8. vecchia e non faceva più ridere. Lui, con l'espressione di quello che s'è trovato a guardare in faccia la morte ma quello dei due che era ancora lì a raccontarlo non era lei, mi strizzava l'occhio, ne accendeva un'altra e mi faceva segno di accompagnarlo fuori. Cinque >
9. volte su sei ci scappava un racconto. Sei su sei, era un racconto di guerra.
Quando l'ho conosciuto io, Nino faceva il barbiere. Concentrarsi su capelli, baffi e barbe altrui e, nelle pause, sull'immancabile Settimana Enigmistica, gli impediva di pensare ad altro, diceva. >
10. Aveva un senso dell'umorismo ninja, sembrava impermeabile a qualunque commento ma un attimo prima che il discorso fosse chiuso, ZAC!, la rasoiata a sorpresa. Alcuni dei suoi interlocutori sono ancora lì con la mandibola appesa dopo quarant'anni, altro che esprit de >
11. escalier.
Quando non fumava, non sbarbava e non grattava la testa a Vanessa, Nino era incazzato nero. Il 25 aprile del '45 lui non c'era. Se l'era perso facendo una cosa stupida tipo cercare di tornare a casa dopo la prigionia. Non era così che doveva andare. >
12. Aveva goduto di una certa libertà di movimento, prima che lo incastrassero, aveva contribuito a mantenere e ampliare una rete di comunicazione e contatti necessari, il sistema cardiovascolare della resistenza antifascista, quando ancora non si sapeva come sarebbe andata a >
13. finire. Era un guastatore: sui generis, ma guastava eccome. Poi, nel giro di un niente, s'era ritrovato intruppato e sepolto in mezzo alla neve. Origini nordiche, certo, ma qualcuno doveva ancora spiegargli quale minchia di vantaggio strategico potesse portare alla patria >
14. spedire un cazzo di sassarese in Russia, a parte gelarsi il culo, prendere i pidocchi e arrivare a pesare 35 chili. Uno schifo di freddo, bambina. Lo sento ancora dopo trent'anni. 
Aveva quasi perso quei contatti, insieme alle dita di una mano e di un piede: mentre ritrovava>
15. l'uso degli uni, una volta rientrato, recuperava gli altri. E a volte, in quegli anni in cui ancora non venivi impiccato sul posto se fumavi vicino a una bambina, fumava e raccontava, della neve, dei messaggi e di quegli uomini e quelle donne che si erano scelti >
16. un nome diverso per difendere la libertà di tutti.
Nino se n'è andato nel sonno molti anni fa. Altri se ne sono andati negli ultimi mesi: quello che non aveva fatto la guerra, l'ha fatto il tempo, e quello che non aveva fatto il tempo lo sta facendo il virus, dicono. >
17. Dicono che non ne mancano molti, finiti loro anche il 25 aprile andrà a perdere di significato sino a essere archiviato come una roba superata. 
Ma la libertà non può essere superata, non può essere data per scontata. La Storia insegna. 
La libertà è un bene prezioso che >
18. va costruito, protetto, aggiustato, difeso continuamente. È come il lavoro di un maestro artigiano, esistono le versioni più commerciali, economiche, ma la differenza si vede. Si sente.
Ci avete fatto caso? La parola "partigiano" contiene "artigiano". Possiamo scegliere di >
19. essere o non essere gli artigiani della libertà; possiamo scegliere di reagire o non reagire alle ingiustizie e alle discriminazioni; possiamo scegliere di usare o non usare ogni nostra azione per un futuro migliore per tutti anziché per pochi. 
Possiamo scegliere di >
20. iscriverci all'ANPI e far parte delle prossime generazioni di p-artigiani. 
Possiamo scegliere: senza la libertà, dovremmo solo credere, obbedire e, in qualche caso, combattere le guerre di altri.
Io, il mio nome di battaglia, ce l'ho da un pezzo.
E voi?
#25aprile
#oraesempre
Nota a margine: qualcuno mi ha fatto notare che non è la storia di un'impresa spettacolare. Lo so, l'ho scelta apposta: se il 25 aprile è una data epica è anche per tutte quelle azioni minori, prolungate, che hanno creato e mantenuto il tessuto della Resistenza in un periodo in >
< cui anche trasmettere un messaggio per consentire ad altri di organizzarsi poteva costare la vita. La propria, quella della propria famiglia e di tutto il vicinato. Provate a immaginarvi la sensazione, ogni volta che prendete il telefono in mano.

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