Quando muore una persona a cui siamo affezionati e che amiamo il motivo della sua scomparsa è l'ultima cosa che ci interessa. Quello che ci lascia impietriti è sapere di non vederla più, di non poter condividere più un altro pezzo di strada insieme.
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Sapere che nulla sarà mai più come prima: feste, compleanni, vacanze, quella telefonata che facciamo spesso oppure ogni tanto e che non faremo né riceveremo più.
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Quando è morta mia madre ho iniziato a realizzare la sua assenza ogni sera alle otto, quando mi chiamava per sapere com'era andata la mia giornata, perché per lei a quell'ora la giornata era finita e non sarebbe stata la stessa cosa chiedermelo alle tre o alle cinque.
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E allora perché della persona famosa dobbiamo sapere tutto? Cosa vi e ci cambia sapere il motivo della morte?
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Possibile che nessuno pensi al dolore di chi voleva bene all'attore, alla donna di spettacolo che magari non subito ma dopo vengono a sapere cosa si è detto pubblicamente sui loro cari?
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E chi fa trapelare indiscrezioni che non dovrebbero interessare nessuno non ha mai perso una persona cara? Non si vergogna ad insinuare come ha fatto Mentana sulla morte di Libero De Rienzo?
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Franco Gabrielli, ex capo della polizia, oggi responsabile della sicurezza della repubblica, quando fu chiamato ad esprimersi sull'operato di De Gennaro, capo della polizia all'epoca del G8 di Genova, ammise che gli abusi e le violenze sui manifestanti furono una catastrofe 1/2
da ricollegarsi alla tortura e che nei panni di De Gennaro si sarebbe dimesso.
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Da capo della polizia, invece, non solo non ha chiesto le dimissioni di nessuno ma ha restituito la faccia, la reputazione e una carriera ben pagata a quelli che, come da sentenza della Cassazione, "gettarono discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero".
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Brandelli dei corpi di Paolo #Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, uccisi dalla mafia 57 giorni dopo la strage di Capaci furono ritrovati attaccati ai muri al quinto piano del palazzo a Via D'Amelio.
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Quel 19 luglio di 29 anni fa era domenica, due minuti prima delle cinque di pomeriggio un'autobomba esplose sotto casa della madre del giudice che era passato a trovarla mettendo fine alla sua vita, a quella della sua scorta
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e anche alla possibilità che in questo paese la verità avesse un piccolo vantaggio sulle bugie, le omissioni, i depistaggi che hanno sempre caratterizzato le indagini sulla mafia.
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Finita l'orgia calcistica durante la quale non si distinguevano politici, medici e scienziati dagli ultrà e nessuna istituzione politica e medica si è posta il problema del rischio assembramenti, anzi molti avrebbero voluto partecipare,
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si ritorna ad accusare i cittadini comuni di comportamenti scriteriati che sarebbero la causa dell'innalzamento dei contagi.
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L'imperativo, dall'inizio della pandemia, è sempre stato accusare i singoli in base alle convenienze politiche e economiche, oggi sentiamo parlare di green pass obbligatorio per gli eventi ludici, la frequentazione dei locali pubblici
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L'articolo era di Massimo Fini, opinionista che esprime la sua posizione e non quella del giornale, ma lo squadrismo contro Travaglio è meglio di una finale di calcio: unisce i ricchi, i poveri e i poveracci.
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Il fatto che anche i giornalisti si siano uniti al pestaggio è sintomatico della malafede che li anima e che serpeggia nel club di quelli che si ritwittano e si danno di gomito da mattina a sera, ché tanto le loro sono solo opinioni personali. Quelle di Fini no.
Che miseria.
E con buona pace del rag. Cerasa che invece di pensare alle belle donne ha sempre Marco Travaglio al centro dei suoi pensieri il discorso che faceva Travaglio era molto più articolato, non si limitava al tifo "contro" l'Italia. 1/2
Siccome Travaglio conosce molto bene le dinamiche di questo paese prevedendo le reazioni aveva semplicemente sottolineato che anche il risultato di una partita di calcio sarebbe stato usato per ricamarci attorno la propaganda pro Draghi e il governo 'meraviglioso':
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cosa che puntualmente è avvenuta sia per la partita sia per il torneo di tennis che l'esercito della servitù volontaria ha subito derubricato ad una vittoria di Draghi, ché se ci fosse stato ancora Conte la Nazionale avrebbe sbagliato tutti i rigori per perdere.
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Mai come questa volta un torneo di calcio è stato schifosamente strumentalizzato per secondi e terzi fini.
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La Nazionale che dovrebbe unire il paese almeno per 90 minuti diventa divisiva perché c'è chi lega una vittoria ad altri eventi che non dovrebbero entrarci nulla.
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Addirittura c'è chi ha parlato di ripartenza in relazione al risultato di una finale ottenuto grazie alla lotteria dei rigori.
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