Franco Gabrielli, ex capo della polizia, oggi responsabile della sicurezza della repubblica, quando fu chiamato ad esprimersi sull'operato di De Gennaro, capo della polizia all'epoca del G8 di Genova, ammise che gli abusi e le violenze sui manifestanti furono una catastrofe 1/2
da ricollegarsi alla tortura e che nei panni di De Gennaro si sarebbe dimesso.
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Da capo della polizia, invece, non solo non ha chiesto le dimissioni di nessuno ma ha restituito la faccia, la reputazione e una carriera ben pagata a quelli che, come da sentenza della Cassazione, "gettarono discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero".
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"Negli ultimi anni sono stati posti ai vertici di questure e uffici cruciali del Dipartimento della pubblica sicurezza dirigenti condannati o sotto processo per gravi reati, protagonisti di episodi censurabili...". #Genova2001 #20luglio tpi.it/opinioni/poliz…
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Gianni De Gennaro era il capo della polizia del G8 di Genova e come molti suoi subalterni e tutti i politici al governo di allora è potuto uscire praticamente indenne da quelle vicende che, come sentenziò la Cassazione furono "un massacro ingiustificabile",
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compiuto durante un blitz deciso dai vertici “per riscattare l’immagine della polizia” e "gettarono discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero".
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#DeGennaro piaceva a berlusconi e a Napolitano ma piacque anche a Monti che lo nominò niente meno che sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega alla sicurezza della repubblica, l'uomo giusto al posto giusto,
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Richiamare Elsa Fornero nonostante la pessima impronta che ha lasciato nell'opinione pubblica è un atto di arroganza che può permettersi solo chi ha la sicurezza di non essere messo in discussione.
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Significa fregarsene del paese reale, di chi ci vive e dei problemi causati da politiche che con la scusa dell'emergenza: l'Italia è un paese sempre in emergenza e chissà di chi è la colpa, hanno messo migliaia di lavoratori sul lastrico
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e ad altrettanti è stata allontanata di anni la data della pensione che non è un privilegio da feudo medievale ma un diritto.
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Brandelli dei corpi di Paolo #Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, uccisi dalla mafia 57 giorni dopo la strage di Capaci furono ritrovati attaccati ai muri al quinto piano del palazzo a Via D'Amelio.
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Quel 19 luglio di 29 anni fa era domenica, due minuti prima delle cinque di pomeriggio un'autobomba esplose sotto casa della madre del giudice che era passato a trovarla mettendo fine alla sua vita, a quella della sua scorta
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e anche alla possibilità che in questo paese la verità avesse un piccolo vantaggio sulle bugie, le omissioni, i depistaggi che hanno sempre caratterizzato le indagini sulla mafia.
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Finita l'orgia calcistica durante la quale non si distinguevano politici, medici e scienziati dagli ultrà e nessuna istituzione politica e medica si è posta il problema del rischio assembramenti, anzi molti avrebbero voluto partecipare,
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si ritorna ad accusare i cittadini comuni di comportamenti scriteriati che sarebbero la causa dell'innalzamento dei contagi.
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L'imperativo, dall'inizio della pandemia, è sempre stato accusare i singoli in base alle convenienze politiche e economiche, oggi sentiamo parlare di green pass obbligatorio per gli eventi ludici, la frequentazione dei locali pubblici
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Quando muore una persona a cui siamo affezionati e che amiamo il motivo della sua scomparsa è l'ultima cosa che ci interessa. Quello che ci lascia impietriti è sapere di non vederla più, di non poter condividere più un altro pezzo di strada insieme.
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Sapere che nulla sarà mai più come prima: feste, compleanni, vacanze, quella telefonata che facciamo spesso oppure ogni tanto e che non faremo né riceveremo più.
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Quando è morta mia madre ho iniziato a realizzare la sua assenza ogni sera alle otto, quando mi chiamava per sapere com'era andata la mia giornata, perché per lei a quell'ora la giornata era finita e non sarebbe stata la stessa cosa chiedermelo alle tre o alle cinque.
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L'articolo era di Massimo Fini, opinionista che esprime la sua posizione e non quella del giornale, ma lo squadrismo contro Travaglio è meglio di una finale di calcio: unisce i ricchi, i poveri e i poveracci.
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Il fatto che anche i giornalisti si siano uniti al pestaggio è sintomatico della malafede che li anima e che serpeggia nel club di quelli che si ritwittano e si danno di gomito da mattina a sera, ché tanto le loro sono solo opinioni personali. Quelle di Fini no.
Che miseria.