Mi chiamo Giovanni Buscema, ho 62 anni e sono nato a Riposto, un paesino alle pendici dell'Etna, in provincia di #Catania.
Sono il Comandante della #MareJonio per questa decima missione di Mediterranea. Mi sono diplomato...
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all'istituto nautico più vecchio d' Italia che ha formato migliaia di ufficiali e marinai della nostra marina mercantile. Lavoro in mare da 45 anni, il mio primo imbarco come mozzo risale al 1977. Per un periodo ho lavorato anche a terra, presso una azienda...
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ma mi sono rimesso a studiare per diventare comandante. Ho navigato di su varie tipologie di navi: dalle navi cisterne a navi da carico e rimorchiatori. Ho assunto il mio primo comando 24 anni fa, nel luglio del 1999.
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Quando mi hanno proposto di comandare la Mare Jonio per missioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, ho accettato subito. Ne ho viste troppe in mare per non sapere cosa significa essere abbandonati e chiedere aiuto senza che nessuno che ti ascolti...
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la mia prima missione, nell'agosto di due anni fa, mi ha prodotto un'emozione fortissima: siamo riusciti a mettere in salvo 98 persone, e 22 erano bambini, il più piccolo di soli 8 mesi. Quando la tensione è calata, dopo che tutti erano finalmente a bordo e al sicuro...
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ho guardato il mio Capomissione di allora, Luca, e ci siamo messi a piangere tutti e due, abbracciandoci.
Quella volta la Mare Jonio fu definita "la nave dei bambini".
Ne ho fatto altri poi di soccorsi. Sempre emozionanti, sempre difficili.
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Reggere alla pressione in mare non è uno scherzo, ma peggio è stato dovermi sentire come un criminale ogni volta che tornavo con persone salvate dalla morte: mi hanno perfino fatto una multa di 300 mila euro con l'accusa di essere entrato in acque italiane dopo un soccorso!
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A me che sono 🇮🇹, comando una nave battente bandiera 🇮🇹 e che ha salvato la vita a donne, uomini e bambini! Parto per questa mia sesta missione, sempre con lo stesso spirito: in mare non si abbandona nessuno, e questo lo sanno tutti quelli che come me nel mare ci vivono.
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Ho un nipotino piccolo, spero che un giorno racconti ai suoi amici cosa faceva suo nonno.
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Sono Davide Dinicola, ho 33 anni, sono nato il 27.11.1988 a Vittoria (Ragusa), ma abito da sempre a #Messina.
Salpo per la prima volta all’età di 23 anni quando conseguo il diploma nautico all’istituto Caio Duilio di Messina.
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Fin da subito ho lavorato come marinaio sulle navi mercantili e poi come primo ufficiale sugli yacht di lusso. Una carriera che mi ha portato a godere di un lavoro redditizio e di una bella vita, ma che mi lasciava un vuoto dentro.
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La svolta avviene durante un viaggio nel #MarEgeo quando, diretto ad #Atene avvisto un corpo galleggiante in mezzo al mare. Era un uomo caduto da una barca a vela molte ore prima e in stato di incoscienza. Nonostante la reticenza di alcuni miei colleghi e del mio superiore,
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Sono @Sheila5231, sono nata nel 1986 a Palermo.
Dai 18 ai 28 anni sono stata attivista e volontaria di @emergency_ong, diventando referente del gruppo a Palermo. Ho ricoperto il ruolo di logista e organizzatrice di eventi nazionali.
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e ho collaborato alla costruzione ed apertura del primo ambulatorio del Progetto Italia, a Palermo, destinato principalmente a persone in difficoltà, migranti e non solo.
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Una "formazione sul campo" che, unita alla mia passione per il cinema, mi ha permesso di sperimentare nella pratica il tema della difesa dei diritti umani e della lotta per la sostenibilità ambientale. Quest'ultima mi ha portato a diventare project manager @FSiciliambiente.
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Da venerdì scorso l’aereo di avvistamento Moonbird di HPI e @SeaWatchItaly non può più alzarsi in volo da Lampedusa e della Sicilia. L'ENAC, massima Autorità per l'aviazione civile, glielo ha vietato su richiesta del Ministero dell'Interno italiano. [segue]
La sua colpa? Quella di aver segnalato per troppe volte e per troppo tempo i natanti in difficoltà nel Mediterraneo centrale, come prescrive la legge.
Da giugno ad oggi Moonbird, nelle sue missioni di osservazione e monitoraggio, ha segnalato la necessità di soccorrere oltre 2600 persone in difficoltà, che rischiavano di morire, tra le quali 117 naufraghi salvati dalla nostra #MareJonio in due distinte operazioni di rescue.
Sono giorni tragici nel Mediterraneo centrale, gli ennesimi di una strage senza fine. Da @OIMItalia OIM, l'agenzia dell'Onu per le Migrazioni, e da fonti giornalistiche arrivano notizie di almeno tre naufragi negli ultimi 5 giorni e di un bilancio che sfiora i 200 morti [segue]
Sono uomini donne e bambini in fuga dalla Libia. Si parla di miliziani che sparano addosso ai gommoni dei naufraghi e di natanti lasciati in mare per giorni dalle autorità europee prima del naufragio.
È per questo che è importante tornare in mare e farlo al più presto. Siamo quasi pronti per farlo. In questo momento è in mare solo #SeaWatch4 in un'importante missione di soccorso insieme a @MSF_ITALIA. Una sola nave in un mare sconfinato e senza altri soccorsi.
Qualche giorno Eric, un ragazzo camerunense, ha contatto @mattiaferrari93 sui suoi canali social. Ce ricordiamo bene Eric perché è stato tratto in salvo dal mare dalla nostra #MareJonio in una delle missioni del 2019.
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Ha raccontato che suo fratello minore, Hadeson, è partito con una da Zawiya nella notte del 30 aprile e che da allora non ha più sue notizie. Eric è immensamente preoccupato perché sa che suo fratello lo avrebbe chiamato una volta in salvo.
Sono state allertate @crocerossa internazionale e l’ufficio di tracing delle persone scomparse ma di Hadeson ancora nessuna traccia. C’è stato uno dei naufragi fantasma nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio? È stato catturato dai libici insieme ai suoi compagni di fuga?
Gentile Ministra Lamorgese,
lei dice che la cosiddetta guardia costiera libica "salva anche vite". O Lei non sa di che parla, come speriamo, oppure sta dicendo qualcosa di estremamente grave e crudele. [segue nel thread]
Non dimenticheremo mai le volte in cui persone appena soccorse da noi, con i libici ancora di fronte in mezzo al mare, ci hanno sussurrato atterrite: "se dovete ridarci a loro buttateci in mare, piuttosto".
Non dimenticheremo mai i segni delle torture che abbiamo visto sui loro corpi, gli occhi delle donne incinte degli stupri dentro i centri in cui vengono riportate le persone catturate dalla cosiddetta guardia costiera libica.