«Andrai all'università.» Nel poverissimo Alabama degli anni Quaranta questa è una promessa azzardata da fare a una bambina bianca, se la famiglia non è benestante. Ma farla a una bambina di colore, quinta figlia su sei di un mezzadro e una domestica, rasenta la follia. /1
Ancora oggi #JeanetteScissum non sa che cosa suo padre avesse visto di speciale in lei per essere così sicuro. Forse il fatto di andare bene in matematica, come lui, o la tendenza a leggere tutti i libri disponibili. Di sicuro le probabilità erano contro di lei. /2
Da ragazza frequenta una scuola segregata con pochi insegnanti dove la biblioteca «consiste in un piccolo scaffale con qualche libro di storia dei neri.» La biblioteca pubblica avrebbe i libri di matematica superiore che le interessano, però i neri non possono entrare. /3
Mentre fa le superiori suo papà diventa disabile e non può più lavorare. Tocca a sua mamma mantenere tutti con il suo magro stipendio. Una volta che Jeanette si diploma brillantemente, la mamma le dice: «Non ti preoccupare. Andrai comunque all'università. Troveremo il modo.» /4
Lo trovano. Vince una piccola borsa di studio che copre alcune spese e si guadagna il resto lavorando tutto il tempo che può come centralinista. Si laurea in matematica all’università per neri di Huntsville e trova lavoro nell'unica scuola superiore per neri della città. /5
Ma presto si rende conto che non ha il carattere giusto perché si immedesima troppo negli studenti: qualunque loro problema diventa anche suo. Fa domanda per entrare al Marshall Space Flight Center, diretto da Wernher Von Braun, e le dicono che è molto qualificata. /6
Ma non la chiamano. In tutto il Marshall non c'è neanche una matematica di colore. Per fortuna sua madre fa le pulizie a casa della madre del direttore del personale di Huntsville e le racconta il problema. Lei ne parla con il figlio e Jeanette Scissum viene assunta nel 1963. /7
Fa analisi matematiche dell’ambiente spaziale. Nel 1967 scrive un programma che permette di prevedere il ciclo solare e lo pubblica in un rapporto #NASA. Con un suo collega scrive un programma per determinare il sito di atterraggio sulla Luna del modulo LEM dell’Apollo. /8
La sua vita nel cuore del Sud segregazionista, seppure alla NASA, non è facile. Spesso è l’unica persona di colore in tutto il reparto. Una volta il suo supervisore le dice: «Perché hai bisogno di una promozione? Tuo marito è un insegnante.» /9
Si offre di diventare funzionario per le pari opportunità di lavoro: non una promozione, ma un’incombenza aggiuntiva. La direzione non è contenta che gestisca così tanti reclami e teme si metta nei guai. Questo non la ferma. «Pensavo voleste che risolvessi i problemi.» /10
Dopo tredici anni al Marshall, torna all’università per prendere un dottorato in informatica. Si specializza in programmazione. Nel 1979 si trasferisce al Goddard Space Flight Center, nei pressi di Washington, e in seguito al quartier generale NASA. Va in pensione nel 2005. /11
Come il padre, incoraggia i 4 figli e i 6 nipoti a perseguire un’istruzione superiore. Suo nipote Kuni Scissum è un ingegnere che si occupa di ricerca e sviluppo: «Da bambino è sempre stata la mia dolce nonnina. Solo al liceo ho capito che era una grande matematica.» /12
Jeanette Scissum non si è limitata a spezzare le barriere della discriminazione. Ha tenuto la porta aperta per coloro che venivano dopo di lei. /13 - fine
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Sapevate che i razzi riutilizzabili con atterraggio in verticale sono stati ideati sessant’anni fa dal figlio di due poveri immigrati siciliani? La storia del geniale Philip Bono è ingiustamente poco conosciuta.
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Giulio Bono e Maria Culcasi sbarcano da Trapani a Ellis Island il 7 gennaio 1920. Trovano casa a Brooklyn e Giulio viene assunto in un pastificio. Philip, il loro secondo figlio, nasce l’anno seguente e la famiglia si trasferisce prima in New Jersey e poi in Pennsylvania.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale Philip Bono presta servizio in marina e nel 1947 si laurea in ingegneria meccanica. Lavora per molti anni nell’industria aeronautica, prima alla North American Aviation, poi alla Douglas e infine alla Boeing.
Mi chiamo Vera Florence Cooper e sono nata a Philadelphia nel 1928. I miei genitori sono ebrei immigrati dall’Europa orientale e lavorano come impiegati della compagnia telefonica Bell. Incoraggiano me e mia sorella Ruth a studiare qualsiasi cosa ci appassioni.
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Mia sorella diventerà un importante giudice. Io da grande voglio fare l’astronoma. Mio padre ma mi aiuta a costruire un semplice telescopio con due lenti e un tubo di cartone e mi accompagna regolarmente alle riunioni degli astrofili.
I miei professori delle superiori si stupiscono che una ragazza voglia studiare astronomia: se mi piacciono i corpi celesti, perché non provo a studiare arte e poi dipingerli? Non li ascolto e mi iscrivo al Vassar College, dove nel 1948 sono l’unica laureata in astronomia.
Il 21 luglio 1961 a Cape Canaveral è una giornata nuvolosa. In rampa di lancio c’è un razzo pronto a partire, il Redstone. Gli USA stanno per lanciare il loro secondo uomo nello spazio, due mesi e mezzo dopo Alan Shepard: è un altro ex pilota militare, Gus Grissom.
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La missione durerà solo 15 minuti: è un volo suborbitale, non un’orbita completa intorno alla Terra come quella compiuta il 12 aprile dal russo Jurij Gagarin, perché gli americani vogliono fare altra esperienza prima della loro missione orbitale con un razzo più grande, l’Atlas.
La capsula Mercury 11 raggiungerà una quota di poco meno di 200 chilometri e inizierà la sua discesa, per poi ammarare a circa 300 chilometri dalla costa della Florida.
Il 1° febbraio 2003 lo Space Shuttle Columbia si disintegra durante il rientro in atmosfera, provocando la morte dei sette componenti dell’equipaggio. La tragedia è innescata da un danno avvenuto durante il lancio al “sistema di protezione termica”.
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È un rivestimento necessario per proteggere dal surriscaldamento tutti i veicoli che rientrano in atmosfera, non solo sulla Terra ma anche su altri pianeti, come Marte.
Come le meteore, che rientrando in atmosfera si incendiano e ci appaiono come stelle cadenti, i veicoli spaziali si surriscaldano a causa di due fenomeni distinti.
Ha formato le matematiche che hanno permesso agli Stati Uniti di vincere la corsa allo spazio e ha contribuito a uno dei più importanti razzi della NASA, ma da viva era quasi sconosciuta. Si chiama Dorothy Vaughan ed è la prima manager nera nella storia della NASA.
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Dorothy Jean Johnson nasce a Kansas City nel 1910. È una studentessa fuori dal comune e dopo il diploma riceve una borsa di studio per studiare matematica in un'università dell’Ohio riservata agli afroamericani. Nel 1932 emigra in Virginia con il marito Howard Vaughan.
Nel 1941 Roosevelt vieta la segregazione nell’industria militare. Molti uomini sono impegnati al fronte e c’è bisogno di aumentare la produzione di aerei da guerra, così entrano in fabbrica sempre più donne, anche di colore.
Come si fa a simulare sulla Terra l’ambiente che un satellite trova nello spazio?
Occorrono due cose: il vuoto e il freddo.
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(Avvertenza: questo thread è un po’ tecnico, ma la matematica è ridotta al minimo indispensabile. È sufficiente sapere che un numero elevato alla quarta potenza è uguale allo stesso numero moltiplicato per sé stesso quattro volte e che
la temperatura in Kelvin è pari alla temperatura in gradi Celsius più 273. Per esempio 4 alla quarta fa 256, mentre 27 gradi Celsius sono pari a 300 Kelvin).