“Tutti i civili che si trovano ad Adis Abeba in mancanza di una organizzazione militare o poliziesca, hanno assunto il compito della vendetta, condotta fulmineamente e con metodi del più autentico squadrismo fascista.
Girano armati di manganelli e sbarre di ferro accoppando quanti indigeni si trovano ancora in strada. Vengono fatti arresti in massa; mandrie di negri sono spinti a tremendi colpi di curbascio (frusta di nervo di bue ndr) come un gregge, in breve le strade intorno ai tucul
sono seminate di morti. Vedo un autista che dopo aver abbattuto un vecchio negro con un colpo di mazza gli trapassa la testa da parte a parte con una baionetta. Inutile dire che lo scempio si abbatte contro la gente ignara ed innocente…
a notte inizio del bruciamento dei tucul (abitazioni indigene ndr) a solo scopo di rappresaglia.” Così Ciro Poggiali, inviato del @Corriere in Africa Orientale Italiana 1936-37, descrisse la reazione degli occupanti italiani in Etiopia, dopo l’attentato durante una manifestazione
pubblica, nei confronti del viceré Graziani. Due studenti indigeni lanciarono contro il palco diverse bombe a mano nel tentativo di uccidere Graziani e il suo stato maggiore. Purtroppo il generale rimase solamente ferito da diverse schegge e a seguito dell’azione sovversiva,
gli italiani profusero nei confronti di indigeni inermi, tutto il loro spirito di “brava gente”. Il diario del Poggiali, per ovvi motivi, fu pubblicato soltanto nel 1971. #fascismo#razzismo#italianibravagente
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