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"Ma come si fa a morire così, Cristo? Ma che ci misero? 'A bomba atomica ci misero?".
Giovanni #Falcone è da poco saltato in aria sulla Fiat Croma Bianca su cui viaggiava insieme alla moglie Francesca Morvillo e all'autista Giuseppe Costanza.
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Sono le 17:58 di 30 anni fa a #Capaci, Palermo, Italia, il "Paese felice in cui se ti si pone una bomba sotto casa e la bomba per fortuna non esplode, la colpa è tua che non l'hai fatto". #Falcone ha compiuto da pochi giorni 53 anni: potenzialmente tutta la vita davanti.
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"L'Italia è in lutto", tuona un giovane #Mentana al Tg5. Chissà se lo era davvero tutta, quel 23 maggio 1992. Una sua parte, più che a piangere la morte del giudice, era impegnata a pensare a quale spettacolare risposta offrire ad un'opinione pubblica, lei sì, sconvolta.
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"Futtitinni, Giovanni! Futtitinni! Futtitinni della mafia, di Cosa Nostra, dei morti ammazzati che attendono giustizia. Futtitinni dello Stato. Pensa a tia! A to' mugghieri, alla tua vita".
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Nessun rimpianto in questo senso: nessun consiglio di questo genere avrebbe fatto breccia nella mente di Giovanni Falcone. E non perché il magistrato avesse poi tutta questa voglia di morire. No, macché. Di diventare un martire, Giovanni, non aveva intenzione alcuna.
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Per questo aveva invocato a più riprese riforme in grado di mettere i magistrati nella condizione di svolgere un lavoro di gruppo, consapevole che l'eccesso di personalizzazione avrebbe portato con sé "i rischi della sovraesposizione".
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Scrupoloso, quasi "matematico", dotato di una memoria da elefante, di una sensibilità fuori dal comune, tale da consentirgli di comunicare nel "codice" dei mafiosi, di ricavare da loro informazioni di enorme interesse investigativo. #Falcone ai pentiti porta rispetto. E dai
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pentiti è rispettato. Li mette alla prova, ed è a sua volta "pesato". Falcone è pragmatico, preparato: non chiede a chi gli sta di fronte di parlargli genericamente di Cosa Nostra. No, chiede conto di fatti precisi, dati alla mano, per saggiare l'affidabilità
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dell'interlocutore che gli sta di fronte, per dimostrare la considerazione dello Stato nei confronti di tali informatori. Il tutto ad un solo scopo: ricevere indicazioni utili alla sua lotta senza quartiere contro la mafia.
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Ecco, un personaggio così, quel Falcone che nel 1986 imbastisce il Maxiprocesso, quello che mette alla sbarra 474 imputati, quello che non si ferma neanche dinanzi al discredito che alcune lettere anonime firmate da un "corvo" cercano di gettare sul suo conto, va eliminato.
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Sarà Giovanni #Brusca, l'uomo che azionò il detonatore a #Capaci, a svelare nelle vesti di pentito che a pochi giorni dal Natale '91, nel corso di una riunione, venne pronunciata la condanna a morte per il dottor Falcone: "Totò #Riina disse che dovevano morire tutti, che si
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voleva vendicare, che i politicanti lo stavano tradendo. Fece i nomi di #Falcone, che era un suo chiodo fisso, di #Borsellino, di Lima, di Mannino, di Martelli, di Purpura. Disse "gli dobbiamo rompere le corna". Tutti ascoltavano in silenzio. Per amore o per timore".
13/17 #Falcone sapeva tutto. Sapevano, anzi. Lui e l'amico fraterno Paolo #Borsellino.
Insieme esorcizzavano il proprio destino. "Giovanni", gli disse una volta, "devi darmi immediatamente la combinazione della cassaforte del tuo ufficio". "E perché?", rispose Falcone.
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E #Borsellino: "Sennò quando ti ammazzano come l'apriamo?". Quando, non se.
Diceva #Falcone che "si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande".
Io ho 30 anni, come quelli passati dalla sua morte. E nulla riesce a togliermi dalla
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dalla testa che Giovanni #Falcone avesse ragione. E che oggi, dopo tutto questo tempo, non sarebbe fiero di ciò che lo Stato è stato.
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Se in ogni caso ritenete che questo Blog sia meritevole di sostegno, vi invito ad iscrivervi al più presto e a scongiurarne la chiusura. Vi ringrazio. steadyhq.com/it/dangelodario
Chiedo scusa per la presenza di un refuso al post numero 2 di 17.
La citazione completa è la seguente: "il Paese felice in cui se ti si pone una bomba sotto casa e la bomba per fortuna non esplode, la colpa è tua che non l'hai fatta esplodere".
Scusate ancora.
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1/6🚨 Il punto nave di oggi si apre con un retroscena che abbiamo a lungo inseguito, cercato, su cui i grandi media internazionali si sono arrovellati per settimane, talvolta prendendo un granchio, in altri casi avvicinandosi alla verità.👇
2/6 🇮🇱🇮🇷 Dopo l'ammissione del ministro della Difesa israeliano non c'era più motivo per farsi scudo della censura militare: Israele ha rivendicato con orgoglio il suo coinvolgimento nell'uccisione di Ismail Haniyeh a Teheran. E Canale 12 ha offerto una serie di dettagli molto interessanti sulla pianificazione e sull'eliminazione del leader politico di Hamas.
Si inizi col dire questo: fin dal momento in cui ha autorizzato la sua uccisione, lo Stato Ebraico ha dovuto risolvere un dilemma non banale. Come farlo, ovviamente, ma soprattutto "dove"?
L'idea iniziale era la seguente: colpire Haniyeh durante i funerali di Ebrahim Raisi, il presidente iraniano morto in un incidente in elicottero in una piovosa giornata di maggio. Ma il piano è stato scartato: troppo alto il rischio di un bagno di sangue tra i civili.
Israele avrebbe potuto colpirlo in Qatar, ma farlo avrebbe fatto naufragare i negoziati sugli ostaggi, essendo Doha mediatrice nella trattativa con Hamas.
Restavano allora tre opzioni, i tre Paesi frequentati da Ismail Haniyeh: Turchia, Mosca e Teheran.
Nel primo caso c'era il rischio di scatenare l'ira di Erdogan, oltre al fatto che la Turchia è pur sempre un Paese NATO. Allo stesso modo Israele non voleva rischiare di provocare una reazione spropositata da parte di Vladimir Putin. Restava così l'Iran.
I servizi segreti israeliani sapevano già dove cercare: Haniyeh era infatti solito soggiornare sempre nella stessa pensione dei Guardiani della Rivoluzione, in un lussuoso quartiere settentrionale di Teheran. Gli agenti del Mossad - con l'aiuto decisivo di infiltrati pasdaran o di Hamas - hanno piazzato dell'esplosivo vicino al suo letto un giorno prima del suo arrivo nella capitale iraniana, per l'inaugurazione del nuovo presidente Pezeshkian. Eppure proprio all'ultimo momento, quasi per uno scherzo del destino, l'intera operazione ha rischiato di saltare.
Un guasto all'aria condizionata presente nella stanza di Haniyeh ha portato il leader di Hamas a lamentarsi, a lasciare la camera per chiedere assistenza. E nel caso un'altra sistemazione.
L'assenza è stata così lunga da portare Israele a temere che Haniyeh fosse stato accontentato, che il fato avesse remato contro il piano così attentamente orchestrato. Ma il tecnico chiamato ad aggiustare il climatizzatore si è rivelato il miglior alleato di Israele: il guasto è stato sistemato, Haniyeh non ha cambiato stanza. È andato a dormire totalmente ignaro del destino che lo aspettava.
Intorno all'1:30, un'esplosione ha scosso l'intero complesso, bucando la parete della stanza: Haniyeh era morto sul colpo, come avrebbe stabilito la prima unità di soccorritori dell'IRGC accorsa sul posto nel giro di pochi istanti. Il vice di Haniyeh, Khalil al-Hayya, di lì a poco, avrebbe fatto irruzione nella stanza, crollando in ginocchio, piangendo sul corpo insanguinato del leader di Hamas.
3/6 🇬🇪 Pochi minuti fa la presidente georgiana Salomé Zourabichivili ha preso una decisione difficile: lasciare il palazzo presidenziale mentre il regime di Tbilisi conduce le operazioni di insediamento del nuovo leader (illegittimo, come il Parlamento), l'ex calciatore del Manchester City, Mikheil Kavelashvili.
"Sarò con voi", ha detto Zourabichvili prima di unirsi alle proteste di piazza, "questo edificio era un simbolo solo finché qui sedeva un presidente legittimo. Porto con me la legittimità. Porto con me la bandiera. Porto con me la fiducia del popolo".
Zourabichvili avrebbe rischiato l'arresto, secondo le minacce del governo georgiano in carica. La decisione è chiara: preservare la libertà della presidente, continuare a svolgere un ruolo di rappresentante della Georgia sulla scena internazionale, come prescritto dalla stessa Costituzione georgiana a proposito della figura presidenziale.
1/6🚨Occorre un punto nave straordinario per cominciare la giornata. Stanno accadendo diverse cose molto importanti in giro per il mondo. Prima di tutto, però, una precisazione sul caso di Cecilia Sala.
🇮🇹🇮🇷 La mia posizione sulla vicenda la conoscete: non è attraverso gli hashtag, gli editoriali indignati, le fiaccolate che la nostra connazionale sarà liberata. Serve la diplomazia. Una diplomazia che sappia usare il fioretto e la spada. E che ha bisogno di essere messa nelle migliori condizioni possibili per portare a casa il risultato. Se intervengo, allora, è solo per chiarire un fatto: non mi risultano, allo stato attuale, divisioni all'interno del governo (come raccontato da alcuni retroscena oggi sui giornali) rispetto alla gestione del caso (politico e mediatico). La buona notizia è che (almeno per ora) tutti stanno remando nella stessa direzione per riportare Cecilia Sala a casa (anche l'opposizione ha offerto massima disponibilità a collaborare). Tutti i canali di cui disponiamo sono stati attivati. E qui mi fermo, perché non condivido la scelta - per quanto legittima dal punto di vista giornalistico - di chi da ieri sta ricostruendo scenari, triangolazioni internazionali, punti di contatto con altre vicende. Per me, fino a comunicazione di segno contrario, resta valido quanto affermato dalla Farnesina in accordo con i genitori di Cecilia Sala, ovvero gli unici deputati a parlare: "Massima discrezione per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda".
E adesso il punto nave.👇
2/6 🇦🇫🇵🇰 Grande attenzione all'Afghanistan. Prima dell'alba i Talebani hanno lanciato attacchi da più direzioni contro postazioni militari al confine col Pakistan, uccidendo ben 19 soldati di Islamabad. Si tratta di un'escalation da non sottovalutare. Promemoria: il Pakistan è uno Stato nucleare. Nei giorni scorsi il Pakistan aveva colpito i Talebani Pakistani. Molto brevemente: il tentativo di Islamabad è quello di riaffermare il proprio controllo sulla Linea Durand, una linea di confine che prende il nome da un funzionario britannico, ma che l'Afghanistan non riconosce perché divide i pashtun sui due lati del confine. Il fatto che a proteggere i Talebani Pakistani siano stati i Talebani dell'Afghanistan rischia di dare il via ad una spirale di violenza ancora più pericolosa in Medio Oriente. Tutto questo mentre a Kabul, questa mattina, una nuova esplosione è avvenuta davanti al ministero dell'Interno. Pare che i Talebani stiano conducendo una ricerca porta a porta nelle strade della capitale per mettere le mani sui colpevoli, probabilmente legati all'ISIS-K.
3/6 🇮🇱🇾🇪🇮🇷 Nella notte l'esercito israeliano ha intercettato un altro missile balistico proveniente dallo Yemen: nelle ultime settimane gli attacchi degli Houthi contro Israele sono cresciuti di numero e di intensità. Traduzione: i colpi di rappresaglia dello Stato Ebraico non sono riusciti a ristabilire il principio di deterrenza. Attenzione a questa dinamica: sembra che David Barnea, il capo del Mossad, abbia caldeggiato una soluzione drastica. Quale? Colpire l'Iran per costringere gli Houthi a fermarsi. Monitoriamo.
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🔴⚓Prima di procedere col punto nave del giorno, un messaggio per gli abbonati: non perdete l'approfondimento del Blog in uscita nel fine settimana. Su questo pezzo lavoro da giorni: vi assicuro che la quantità di retroscena e informazioni importanti giustificherà l'attesa.
Adesso, iniziamo. 👇
🇺🇸🇺🇦 La notizia di oggi arriva dal Financial Times. I più stretti collaboratori di Trump in materia di politica estera hanno comunicato ad alcuni funzionari europei che The Donald chiederà agli Stati membri della NATO di aumentare la spesa per la difesa fino al 5% del PIL.
Se confermato, si tratterebbe di un game-changer all'interno dell'Alleanza.
Promemoria: la soglia attuale è posta al 2%. A raggiungere questo obiettivo di spesa sono solo 23 Paesi su 32. Spoiler: no, noi non ci siamo. In una prima fase, Trump sembrerebbe disposto ad "accontentarsi" di un aumento graduale, fissato attorno al 3/3,5%. In cambio, garantirebbe condizioni favorevoli nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti.
Altra notizia, sempre dal Financial Times: Trump avrebbe segnalato l'intenzione di continuare a garantire il sostegno militare statunitense a Kyiv anche dopo il suo insediamento. Il presidente eletto continua a credere che l'Ucraina non debba mai entrare a far parte della NATO e desidera una fine immediata del conflitto, ma ritiene che fornire armi, anche dopo un cessate il fuoco, sarebbe in linea con il suo mantra, quello di ottenere la "pace attraverso la forza". Ps: la pace, con ogni probabilità, non arriverà in 24 ore.
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2/5 🇺🇸🇵🇰 C'è una notizia letteralmente "bomba", di cui non si parla abbastanza, e riguarda Stati Uniti e Pakistan. Nel corso di un convegno, il vice-consigliere per la Sicurezza Nazionale USA, Jon Finer, ha dichiarato che il Pakistan, uno Stato dotato di armi nucleari, sta sviluppando capacità missilistiche a lungo raggio che potrebbero renderlo una "minaccia emergente" per gli Stati Uniti. Si tratta di una rivelazione per certi aspetti drammatica, soprattutto ricordando quanto in passato fossero stretti i legami tra Washington ed Islamabad.
Eppure Finer è stato chiaro: il Pakistan sta cercando di sviluppare una tecnologia sempre più sofisticata che potrebbero renderlo in grado di colpire obiettivi "ben oltre l'Asia meridionale, inclusi gli Stati Uniti".
Il sottinteso è il seguente: Islamabad, che da sempre ha calibrato i suoi programmi di armi nucleari e missilistici in funzione dell'India, potrebbe aver cambiato i propri piani (attenzione, in questo senso, al rapporto con la Cina).
Finer ha ricordato come il numero di Stati dotati di armi nucleari, con missili capaci di raggiungere il territorio americana sia "molto ridotto" - Russia, Cina, Corea del Nord sono stati gli esempi citati - ma che questi hanno una caratteristica in comune: "Tendono ad essere avversari" dell'America.
Proprio in ragione di un passato fatto di grande collaborazione, in particolare in fatto di antiterrorismo e nel campo della sicurezza, Washington guarda con sospetto alle ragioni che stanno spingendo il Pakistan a tentare di sviluppare queste capacità. Per il momento, il Pakistan ha preferito fare orecchie da mercante, decidendo di non commentare l'uscita di Finer.
Ma la questione resterà sul tavolo, nei prosimi mesi e probabilmente nei prossimi anni. Il radar è acceso.
3/5 🇺🇸🇸🇾 Il primo incontro tra funzionari americani e Al Jolani è andato in scena questa mattina a Damasco. Il messaggio è il seguente: probabilmente è presto per eliminare HTS dalla lista delle organizzazioni terroristiche riconosciute dagli Stati Uniti, ma Washington non ha intenzione di privarsi della possibilità di dire la propria in Siria.
Perché? Perché è troppo importante per tenere sotto controllo il fenomeno del terrorismo internazionale. Il compromesso suonerà più o meno così: Al Jolani, che nel suo processo di "moderazione" adesso si fa chiaamre Ahmad al-Shaara, si impegnerà ad impedire che gruppi terroristici (si legga alla voce "ISIS" ed "Hezbollah") minaccino gli Stati Uniti e i suoi Alleati regionali; in cambio Washington ha già chiarito che farà fintà di niente per quanto riguarda la taglia da 10 milioni di dollari che pende sulla testa di al-Shaara. Pardon, in questo caso di Al Jolani.
Dato importante: il Pentagono ha ammesso nella serata di ieri che i soldati americani presenti nel Paese non sono 900, come sostenuto a più riprese, ma circa 2000. Il portavoce del Dipartimento di Difesa ha detto di non potere stabilire con precisione da quando la presenza militare americana in Siria sia aumentata, ma probabilmente nei mesi scorsi, ben prima della caduta di Bashar al-Assad. Di più: ha chiarito che le truppe aggiuntive sono considerate "forze temporanee", inviate per sostenere la missione contro i militanti dello Stato Islamico. Vedremo cosa deciderà di fare al riguardo Donald Trump: durante il primo mandato si scontrò più volte con i suoi generali per ottenere il ritiro completo delle truppe americane dalla Siria. Ma questa è un'altra storia...
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🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 Documenti pensati per restare segreti. Diapositive di piani ambiziosi, forse arditi, per cancellare lo Stato Ebraico dalle mappe. Verbali salvati su un computer che mai avrebbe dovuto finire tra le mani dei soldati israeliani. E invece, nel bel mezzo di una perquisizione in un centro di comando sotterraneo di Hamas a Khan Younis, nelle profondità di Gaza, ecco l'IDF nell'atto di scoprire informazioni esplosive, alcune così gravi da mettere nuovamente sotto accusa il lavoro dell'intelligence; altre capaci di riscrivere (almeno in parte) la storia della pianificazione degli attacchi del 7 ottobre rispetto al coinvolgimento dei nemici di Israele.
E allora: quali sono le novità più importanti? 👇
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🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 Iniziamo dai fatti. I verbali, recuperati in un'operazione risalente allo scorso gennaio, riguardano 10 riunioni di pianificazione tenute da un piccolo gruppo di leader politici e militari di Hamas. Ad ognuna di queste riunioni ha preso parte Yahya #Sinwar in person. Le informazioni provengono da 30 pagine di dettagli precedentemente non divulgati. Ma anche da lettere, registrazioni, presentazioni illustrate. A confermare l'autenticità dei documenti e la pratica di tenere traccia delle riunioni all'interno di Hamas è stato - tra gli altri - Salah al-Di al-Awawdeh, ex componente dell'ala militare dell'organizzazione terroristica, ora analista con sede ad Istanbul.
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🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 I primi riferimenti all'azione che avrebbe poi avuto luogo il 7 ottobre del 2023 vengono registrati molto tempo prima dell'attacco.
Nel gennaio del 2022 i leader di Hamas discutono della necessità di evitare di essere trascinati in scaramucce minori. Il motivo è chiaro: occorre concentrarsi su quello che i protagonisti definiscono in più di un'occasione il "grande progetto" di Yahya Sinwar.
🚨🇮🇱🇱🇧 Clamoroso. Si parla di decine di feriti tra i membri di #Hezbollah a #Beirut e in tutto il #Libano. Le ricetrasmittenti dei componenti dell'organizzazione terroristica filo-iraniana sarebbero esplose contemporaneamente per effetto di un hackeraggio eseguito a distanza. Il Blog apre la diretta.
2/n 🚨🇮🇱🇱🇧 Al-Arabiya citando una fonte della sicurezza libanese: #Hezbollah sta invitando la sua gente ad abbandonare le radioline dopo le esplosioni simultanee di diverse ricetrasmittenti. Potremmo essere in presenza di un attacco ad alto tasso tecnologico orchestrato da #Israele pensato per far saltare il coordinamento dell'organizzazione terroristica filo-iraniana. Anche in prospettiva di una guerra.
3/n 🚨🇮🇱🇱🇧 Immagini cruente dal #Libano. Molte delle quali non pubblicabili. Una fonte di #Hezbollah al quotidiano qatariota Al-Arabi Al-Jadeed: "#Israele ha hackerato le radio degli operativi di Hezbollah e le ha fatte esplodere; si tratta della più grave violazione di intelligence fin qui registrata".