Vittorio Emanuele III era visibilmente contrariato da quanto gli aveva comunicato #Mussolini
"Perché rischiare una grossa avventura per prendere quattro sassi?"
Era il 27 marzo 1939, i quattro sassi erano la #Albania e questa è la #storia di una colonizzazione moderna.
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L'Italia aveva messo gli occhi sul territorio albanese fin da fine '800 per la sua importanza strategica nel "chiudere" il mare Adriatico e farlo diventare un "lago italiano".
Fin dalla sua indipendenza nel 1913 aveva quindi cercato di porre l'Albania sotto il suo controllo.
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Fin dagli anni '20 l'Albania era così diventata un protettorato italiano, legata come era ai finanziamenti di Roma per la sua sopravvivenza, una soluzione vantaggiosa sia per l'autoproclamato re Zog che per l'Italia.
Ma l'ambizione di un uomo cambiò tutto: Galeazzo Ciano.
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Galeazzo Ciano era figlio di Costanzo Ciano, un ufficiale di marina di umili origini diventato eroe di guerra, che fu fin dall'inizio il trait d'union fra ambienti industriali e quelli fascismo, ottenendone in cambio una rapida carriera politica ai massimi livelli.
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Da ministro delle Poste e Comunicazioni aveva creato intorno a sé quello che il diplomatico inglese Nobel chiamò "Gruppo Ciano": un insieme di dignitari fascisti come De Vecchi e Arpinati, imprenditori come Agnelli, Volpi, Marconi, militari come Cavagnari e pure D'Annunzio.
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Non solo il suo ministero era considerato fra i più corrotti del regno, era anche il ras incontrastato nella sua natale Livorno dove, all'influenza politica, aggiunse anche la partecipazione della sua famiglia in numerose imprese economiche, come il silurificio Moto Fides.
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Ma l'apogeo della scalata sociale della sua famiglia fu il matrimonio nel 1930 di suo figlio Galeazzo con Edda Mussolini, figlia del Duce.
Galeazzo, che era entrato nel corpo diplomatico grazie alle raccomandazioni del padre, si trovò così avviato ai vertici del fascismo.
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Prima fu sottosegretario alla Stampa e alla Cultura, poi nel 1935 ministro della Stampa e della Propaganda (il futuro MINCULPOP) e, tornato dalla guerra d'Etiopia dove era stato volontario come pilota d'aviazione, nel 1936 ministro degli Affari Esteri a soli 33 anni.
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Galeazzo Ciano iniziò ad avere mire sull'Albania nel 1937 in occasione di una sua visita e, dopo aver assistito alle nozze di re Zog nel 1938, preparò un vero e proprio memorandum d'azione per un poco convinto Mussolini, magnificandone le opportunità di colonizzazione.
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In realtà l'Albania era il paese più povero della zona più arretrata d'Europa, i Balcani. L'80% della popolazione viveva di agricoltura anche se le terre arabili erano solo l'11% di cui i 3/5 latifondi appartenenti a soli 150 proprietari che erano anche i ras locali.
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La fredda reazione di Mussolini non scoraggiò Ciano.
Dopo l'occupazione tedesca della Cecoslovacchia del marzo 1939 tornò alla carica.
Il Duce, che si era intestato il successo dell'accordo di Monaco, era ora tornato la ruota di scorta di Hitler e stavolta disse di sì.
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Il 7 aprile '39, dopo che re Zog aveva respinto l'ultimatum di Roma, le forze di invasione italiane, assemblate di fretta e furia, sbarcarono nelle città costiere albanesi incontrando poca resistenza ma la disorganizzazione fu tale che si rischiò comunque il fallimento.
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L'Albania rimase formalmente indipendente ma in "unione dinastica" con l'Italia.
Il governo fu composto da politici albanesi filoitaliani per convinzione e/o corruzione: Shefqet Vërlaci primo ministro, Xhafer Ypi, nonno della filosofa Lea Ypi, ministro della giustizia.
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Il vero potere era nelle mani di Galeazzo Ciano che lo esercitava tramite l'ex diplomatico ora Luogotenente Generale Francesco Jacomoni che aveva suoi consiglieri presso ogni ministero.
L'Albania a Roma venne confidenzialmente chiamata "Il Granducato di Toscana".
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“L’Albania è un feudo di Ciano, e io non voglio affatto rompermi con lui” disse il capo della polizia Bocchini ad un suo funzionario che chiedeva cosa fare in quel paese.
Si arrivò anche a cambiare nome all'antica città veneziana di Santi Quaranta che diventò Porto Edda. 15/20
Nel paese vennero riprodotte gran parte delle istituzioni fasciste: oltre alle strutture del partito, ovviamente l'unico ammesso, la milizia, le organizzazioni giovanili, l'Ente Assistenza Fascista, e, al posto dei due gionali editi a Tirana, il quotidiano "Fashizmi".
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Sotto il profilo economico l'Albania era quello che oggi chiameremmo un "failed state". Importava quasi tutti i beni manifatturieri, non avendo industria, ed esportava in misura molto minore beni agricoli. La differenza doveva essere finanziata dall'estero.
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Come detto prima il denaro fu fornito fin dagli anni '20 dall'Italia ma da cui l'Albania importava solo 1/3 dei beni di cui necessitava. Peggando il franco albanese alla lira, alla metà del suo valore, l'import cadde a quel punto completamente in mani italiane.
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Se si aggiunge la campagna di opere pubbliche con cui Ciano volle magnificare il suo personaggio e la superiore civiltà fascista si capisce come tutta l'impresa alla fine servì anche per trasferire soldi pubblici alle imprese italiane che esportavano e costruivano.
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L'invasione dell'Albania fu quindi la quintessenza del fascismo consociativo italiano: politica di potenza mediterranea, ambizione personale, colonizzazione finalizzata non all'estrazione di risorse, ma come sfogo per disoccupazione e fonte di soldi pubblici per le imprese.
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Ieri avevo promesso di mostrarvi i dazi che il Ducato di Milano, sotto il governo del ramo spagnolo degli Asburgo, imponeva sulle merci che transitavano per il Naviglio Grande all'inizio del XVII secolo.
Li troviamo in questo volume compilato da Giovanni Battista Settala.
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Come leggiamo nell'intestazione Giovanni Battista Settala è cancelliere nella Magistratura delle Entrate Straordinarie e dei Beni Patrimoniali del Ducato di Milano.
È lui che nel 1573 amplia il Naviglio della Martesana, opera che ha eco in tutta Europa.
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E qui sembra di tornare all'attualità, non solo i dazi, ma il doppio ruolo, pubblico e privato, dei maggiorenti milanesi.
Settala infatti non è solo il cancelliere del Magistrato straordinario, ma è anche socio nell'impresa incaricata di ampliare il nuovo naviglio.
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Il 22 settembre 1985, il Plaza Accord scuote l’economia globale.
Scopri come si arriva a questo storico accordo che cambia i mercati, dà sollievo temporaneo agli USA, ma innesca anche una bolla in Giappone, con effetti che durano decenni.
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Nel 1981 la Federal Reserve, guidata da Paul Volcker, alza di oltre il doppio i tassi d’interesse per domare l’inflazione degli anni ‘70.
È il così detto "Volcker Shock": l'inflazione frena, il dollaro si rafforza, ma a caro prezzo per l’economia statunitense.
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Il dollaro USA si apprezza del 50% rispetto a yen e marco tedesco.
Il dollaro forte serve oltre che per l'inflazione anche per attirare capitali per finanziare la “Reaganomics” che combina tagli alle tasse e aumento della spesa militare, ma crea un deficit di bilancio enorme.
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Cosa è rubare?
Nel XV secolo avevi violato il settimo comandamento:
"Se ha facta usura cioè guadagnato o desiderato di guadagnare d’alcuna cosa prestata numerabile come sono danari, etc., mensurabile come è grano, vino, olio, et di simili, ponderabile, che si presta a peso."
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Così scriveva il beato Marco da Montegallo, frate minore francescano ma anche dottore in legge e medicina, nel suo Libro delli comandamenti.
Ma anche, se non fosse chiaro:
"Se ha prestato sopra alcun pegno per haversene quello fructo finchè gli si renda quello ch’è prestato."
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Neppure lo sconto per il pagamento anticipato sfuggiva al peccato:
"Se ha comperato cosa alcuna per minore pregio che quello che vale per averlo pagato innanzi tempo."
E anche vendere a credito non si salvava:
"Se ha venduto più caro per la credenza che gli ha facta o fa."
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Cosa ci dice la storia economica riguardo la decisione cinese di smobilizzare le sue riserve investite in titoli di stato USA?
Che un sistema finanziario/commerciale è arrivato al termine e che probabilmente Trump non è matto come sembra.
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La logica del commercio internazionale è basata su un concetto semplice, che poi alla fine è comune alla vita di tutti i giorni: se una nazione importa dei beni o li paga esportando altri beni, o li paga vendendo delle attività, o si segna a debito.
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La prima opzione è banale: paghi i beni importati con quello che ricavi da quelli esportati, non devi chiedere niente a nessuno e sono tutti felici. Un po' come tu paghi la spesa con lo stipendio derivante dal tuo lavoro.
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Neutralità e Pacifismo vengono spesso confusi, ad arte o per ignoranza.
Ma la neutralità ha plasmato la storia mondiale per 500 anni, sfidando imperi e guerre.
Lo storico Leos Müller rivela in questo suo libro come la Neutralità ha influenzato l’ordine internazionale.
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Müller offre 4 ragioni per studiare la neutralità:
- ha forgiato l’ordine mondiale moderno;
- promosso il libero scambio;
- sostenuto l’economia di piccoli stati;
- dato vita al diritto internazionale, influenzando organizzazioni come la Società delle Nazioni e l’ONU.
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Cos’è la neutralità?
È la scelta di non prendere parte in un conflitto armato tra stati sovrani.
Si divide in: occasionale (per una guerra specifica), volontaria a lungo termine (tipica di piccoli stati) e permanente (garantita da accordi internazionali).
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All’inizio del ‘700, Milano langue sotto il dominio spagnolo. Un Impero in declino soffoca la città: economia stagnante, burocrazia asfissiante e risorse drenate per le guerre di Madrid.
Il Ducato è sempre strategico, ma intrappolato in un passato glorioso.
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L’economia milanese è in crisi.
La seta, un tempo vanto, soffre per la concorrenza e i dazi elevati.
Strade inadeguate e fiscalità oppressiva limitano i commerci.
Il Ducato, svuotato di risorse, vive un sottosviluppo che frena il suo potenziale.
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La vita quotidiana a Milano è dura.
Ritmi agricoli e religiosità scandiscono i giorni.
Povertà, criminalità ed epidemie, aggravate da condizioni igieniche precarie, colpiscono la città, che pure conserva un prestigio antico.
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