Thread n. 1.
Anno 1961 - Mario ha 26 anni e fa il panettiere.
Il negozietto che ha a Bagno a Ripoli però non gli permette di tirare avanti decorosamente.
E ha preso la decisione.
Lascerà i suoi affetti e cercherà un futuro migliore in un altro Paese.
Qualcuno dice in questo periodo attraversare la frontiera francese è facile.
Basta avere un visto sulla carta d’identità.
Ma lui sa che non gli verrebbe concesso.
Lui è un “miserabile” e ci vogliono soldi per fare il turista o avere un lavoro di là dal confine.
È il 30 dicembre.
Mario ha preso il treno da Firenze verso Ventimiglia. Poi in autostop verso Grimaldi.
Perché da Grimaldi parte il Sentiero della Speranza. Tra Grimaldi e Garavan ci sono due sentieri che si riuniscono all’altezza della linea della frontiera.
Su su fino a quello che chiamano il Passo della Morte. Difficile attraversarlo. Quasi impossibile.
Ma i clandestini italiani non hanno mai smesso di provarci.
E l'unica speranza di un futuro migliore.
I clandestini valutano solo la difficoltà della salita e non quello della discesa: la discesa verso la Francia. Per loro significa una nuova vita, lavoro e finalmente la pace.
Ma la discesa è spaventosa, a piombo, è lei ad aver dato il nome di “morte" a quel valico.
01/01/1962 - Anche Mario è caduto. La notte di Capodanno.
E' il commerciante Fernand Delrue a trovarlo ai piedi della massa rocciosa.
20 giorni dopo.
Ferito, forse aveva cercato di avvicinarsi alle case.
Lui, Mario, il fenicottero numero 87.
Le guide li chiamavano “fenicotteri” perché sapevano che prima o poi avrebbero spiccato il volo.
Sapevano che “sperdutosi il tratturo dei Sette Cammini tra le erbe e la pietraia li aspettava il volo verso la morte".
Prima di Mario era caduta una ragazza.
Si chiamava Rossana Orru, sarda di 24 anni.
Egisto invece lo aveva incontrato sul treno.
Ed era caduto con lei.
Come Giambattista Rovida, 25 anni, che sperava di potersi rifare una vita in Francia.
Fenicotteri.
“Non avevano scampo quelli che venivano portati su al Pont Saint-Louis e con un gesto della mano incoraggiati a proseguire nella notte lungo quello che era chiamato “il cammino della speranza” e portava verso il Picco del Diavolo, che a vederlo dal basso sembra quasi accessibile”
Gli italiani non conoscevano quel pericolo, le guide sì. Per anni gli emigranti italiani hanno rischiato e perduto la vita per passare clandestinamente in Francia o in Svizzera.
Sul Passo della Morte persero la vita 250 “fenicotteri clandestini” x 5.000 lire.
Pagamento anticipato
Furono così tanti i clandestini italiani ad essere uccisi dalla montagna che a Giaglione il sindaco arrivò a chiedere aiuto al prefetto di Torino “non avendo più risorse per dar sepoltura ai clandestini italiani che morivano nell’impresa disperata di valicare le Alpi”.
Chi se le ricorda più.
Quelle tragedie sulle montagne affrontate da italiani disperati, intendo.
Tutto rimosso. Cancellato.
03/12/1925 – Clandestini italiani.
1948 - L'odissea degli emigranti clandestini.
#MdT 1948 - Nel 1947 sono stati 45.000 i clandestini italiani ad entrare irregolarmente in Francia.
Istruzione per entrare da clandestini in Francia.
1948 - Quanti uomini, donne e bambini italiani clandestini devono morire ancora?
1948 - Italiani clandestini, arrestati al confine con la Francia e pure derubati.
1948 - Su ottantamila lavoratori italiani entrati in Francia, la metà sono immigrati clandestini
1948 - Italiani clandestini.
"Donna sorpresa dalla tempesta di neve vide il suo bambino spirarle tra le braccia"
19/04/1949 - I clandestini italiani che tentano di passare il confine della Francia.
Un mercato di schiavi.
Negli anni ’70 in Svizzera c’erano 30.000 bambini italiani clandestini, portati di nascosto dai genitori a dispetto delle leggi contro i ricongiungimenti familiari.
Clandestini italiani in Romania.
31/01/1897 - Gli italiani negli Stati Uniti.
L’inizio del prossimo thread.
Milioni di italiani alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX emigrarono negli Stati Uniti. Le condizioni di vita, soprattutto dei siciliani, erano diventate insostenibili per le classi più povere…
A domani.
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Nel thread di ieri sera, che potete leggere nel link sotto, vi ho raccontato perché io, Serse I, sono arrivato alle Termopili.
E come ha aggirato i greci grazie a un certo Efialte che mi ha rivelato un sentiero nascosto tra le montagne. Proseguiamo.bit.ly/3Fya151
Anni fa i Focesi hanno costruito un muro alle Termopili per difendersi dai Tessali.
Quando i miei uomini sono andati in avanscoperta hanno visto alcuni greci “intenti in parte a compiere esercizi fisici in parte a pettinarsi le chiome”.
Il resto allora sarà dietro quel muro.
Ho saputo che dopo varie consultazioni Leonida ha preso la decisione di rimandare indietro il grosso dell’esercito greco rimanendo con i suoi 300 spartani e i 700 opliti tespiesi a difendere le Termopili.
Un sacrificio per permettere loro la ritirata?
Se è così è un folle.
Esagerato.
Parlo dello storico Erodoto, considerato da Cicerone come il «padre della storia».
Secondo lui oggi il mio esercito è composto da oltre cinque milioni di uomini tra guerrieri e personale di supporto.
In più ho 1.207 triremi e circa 3.000 navi da trasporto.
Ma dai.
Siamo tanti, non discuto, ma mai quel numero.
Messi su una strada sola, fossero cinque milioni di uomini, oggi l’avanguardia sarebbe qui alle “porte calde”, mentre la retroguardia ancora ai confini della Persia.
Assurdo.
Come potrei sfamare e dissetare milioni di uomini?
Sinceramente non mi sono messo a contarli uno per uno, ma penso di avere a disposizione circa 200.000 uomini e circa 1.000 navi tra triremi e trasporto.
Un bell’esercito comunque.
Sufficiente per fare quello che non è riuscito a mio padre.
Avevo 13 anni, forse 14, quando entrai nel gineceo di Tai Zong come «concubina di talento».
Tranquilli, era uno dei gradi più bassi.
Ero nata nel 624 nell’odierna provincia di Shanxi, figlia di un piccolo funzionario militare, molto stimato dall’imperatore Taizong.
Ero una delle tante e l’Imperatore non si occupò mai di me.
Ne approfittai per studiare.
Studi classici, poesia, musica, filosofia.
Mi appassionavano anche la storia e la condizione politica del mio Paese.
E soprattutto le condizioni delle donne cinesi.
Fino alla fondazione della dinastia Han la vita per noi donne era stata piuttosto difficile.
Potevamo esse uccise alla nascita, non potevamo avere proprietà private ed eravamo escluse da qualsiasi forma di politica.
Poi qualcosina era cambiato per noi donne.
Se sono arrabbiato?
Se sono arrabbiato?
No, tranquilli, non sono arrabbiato, SONO INFURIATO!!!
Ma cosa vi è venuto in mente di dare a quella storia quell’assurdo significato?
La mia storia voleva renderlo uno spauracchio, da cui stare lontani.
Altro che incentivo.
Me l’aveva raccontata, simile alla mia, un mio arciere, Pellegrino si chiamava, mentre a cavallo percorrevamo insieme la strada che da Gradisca porta a Udine.
Forse per distrarmi, forse per convincermi che in fondo se ne poteva fare a meno, perché nascono solo guai e disastri.
Nel 1524 vivevo, seppur nobile conte, una vita da invalido, dopo aver servito nell’esercito della Repubblica di Venezia.
Ero riuscito a raggiungere il grado di capitano dei cavalleggeri, ma le troppe ferite mi avevano costretto a ritirarmi nella mia villa di Montorso.
Non ero certo diversa dalle altre donne.
Però, malgrado la vita non certo facile, avrei voluto preservare se non la giovinezza almeno un minimo di bellezza.
Sapevo che non era possibile, perché tutti invecchiamo.
Quello che allora non potevo immaginare era il come.
Sì, perché bella ero bella da giovane.
Mi chiamo Mary Ann Bevan e sono nata a Londra il 20 dicembre del 1874 da una famiglia povera e numerosa.
Una delle otto figlie.
Per questo avevo dovuto cominciare presto a lavorare.
Trovando un posto come infermiera.
Avevo ventinove anni quando incontrai Thomas Bevan.
Lui faceva il fiorista e tra noi fu subito amore a prima vista.
Eravamo felici insieme.
Una vita normale.
Quando cominciai ad avere problemi di salute.
Cominciai a soffrire di forti mal di testa e dolori muscolari.
L’uomo è sempre più convinto di essere il padrone incontrastato della terra.
Da millenni ha la convinzione che non esista forza capace di ostacolarlo e di piegarlo a una volontà contraria alla sua.
Se valutiamo le innumerevoli conquiste realizzate certo non si vanta a torto.
Fin dall’inizio.
Dal fuoco alla leva, dalla scrittura all’elettricità, dal motore a scoppio al razzo, dall’aereo supersonico al calcolatore elettronico.
Giusto dire però che quando la natura si scatena nessuna forza umana è in grado di fermarla.
E qui le cose cambiano.
Di fronte a terremoti, uragani e tempeste l’uomo spesso riconosce la propria impotenza.
Come in altre mille piccole cose, l’uomo deve rassegnarsi a non essere il vincitore, bloccato da misteriosi elementi che la natura erge a baluardo della sopravvalutazione umana.