La contesa fra l'impero marittimo ed industriale più avanzato al mondo, il #RegnoUnito, e quello terrestre, agricolo ed arretrato, la #Russia zarista, domina tutto l'800 e i motivi che la scatenano rimangono attuali ancora oggi.
Questa è la #storia de The Great Game.
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"L'unica nazione in Europa che tenta di ingrandirsi a spese dei suoi vicini è la Russia. La sola Russia minaccia di rovesciare troni, sovvertire imperi e sottomettere nazioni finora indipendenti. (...)
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L'integrità e l'indipendenza della Persia sono necessarie alla sicurezza dell'India e dell'Europa; ogni tentativo di sovvertire l'una è un colpo inferto all'altra, un atto inequivocabile di ostilità verso l'Inghilterra." 3/19
Sir John Mc Neill, ambasciatore britannico a Teheran, nel 1837 scrive così nel suo libro "The Progress and Present Position of Russia in the East" uscito proprio mentre è l'impero britannico che si sta "mangiando" l'intera India, e che contribuisce alla russofobia di Londra.
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Russia e Regno Unito sono del resto le due potenze transcontinentali che emergono vittoriose dalle guerre contro il Grande Dittatore di allora, Napoleone, e la sua Francia e subito, come nel 1946, gli alleati di ieri diventano i nemici di domani. La posta è l'egemonia.
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I britannici guardano con crescente sospetto e timore l'espansione dell'Impero zarista verso il Mediterraneo, dove sono riusciti a farsi assegnare dal Congresso di Vienna la piazzaforte di Malta e le Isole Ionie, e l'Impero Ottomano appare in declino: il "malato d'Europa".
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Allo stesso tempo l'esplorazione e la colonizzazione delle vaste steppe asiatiche porta i russi alle soglie del subcontinente indiano e ai confini dell'Impero Cinese: le due aree che in quel periodo sono le più ricche al mondo e che infatti saranno depredate dagli europei.
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Proprio in quelle zone si giocherà "the Great Game" fra esploratori, militari, missionari, spie con imprese d'avventura e maneggi coloniali, ben descritti da Rudyard Kipling nel suo romanzo Kim, storia di un orfano meticcio in India che viene arruolato come spia inglese.
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Le guerre "imperiali" dei due contendenti sono continue e un loro puntuale elenco e descrizione occuperebbe un volume non di poche pagine, con reciproche interferenze fra il desiderio russo di avere accesso a Mediterraneo e Golfo Persico e quello britannico di impedirlo.
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L'unico confronto diretto avviene nel 1853-56 in Crimea, territorio che anche oggi è al centro, non casualmente, di fortissime tensioni internazionali.
La guerra è dichiarata, allora c'è questa usanza niente "missioni di pace" od "operazioni speciali", per futili motivi.
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Tutto nasce da una disputa fra Francia e Russia sul controllo dei luoghi santi di Gerusalemme che si trasforma in una guerra fra Russia e Impero Ottomano sostenuto da Francia e UK che sbarcano in Crimea e assediano Sebastopoli, allora come oggi fondamentale porto militare.
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È così che questo episodio dello scontro fra le superpotenze dell'epoca finisce nel Risorgimento: il regno di Sardegna partecipa alla alleanza antirussa inviando in Crimea i bersaglieri e solidificando l'alleanza con la Francia che porterà alla 2^ guerra d'Indipendenza.
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La guerra di Crimea finisce con la sconfitta russa, il mar Nero viene demilitarizzato, ma soprattutto è spezzata l'intesa reazionaria fra impero Austroungarico e Russia che nel 1848 ha fatto da gendarme in Europa soffocando le rivoluzioni nazionali e liberali.
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Le rivolte nei Balcani del 1876 danno di nuovo alla Russia motivo di ergersi come difensore dell'ideale panslavista ed ortodosso. Nel 1877 entra di nuovo in guerra con l'Impero Ottomano e solo la minaccia inglese di intervenire impedisce ai russi di entrare a Costantinopoli
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Per impedire alla Russia di diventare padrona dei Balcani le altre grandi potenze europee negoziano il trattato di Berlino che ridisegna la mappa di quella parte di Europa con l'UK che approfitta dell'occasione per prendersi l'isola di Cipro e gli austriaci la Bosnia.
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Fermato in Europa the Great Game torna nell'Asia centrale dove la Russia continua a espandersi.
Arrivata ai confini dell'Afghanistan scatena di nuovo la reazione britannica: è la seconda guerra anglo-afghana che assicura il paese alla sfera di influenza del Regno Unito.
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Siamo nel nuovo secolo ma basta che il Dalai Lama si approcci ai russi che nel dicembre 1903 il governatore dell'India invia una spedizione militare in Tibet, massacra il debole esercito e lo obbliga a relazionarsi solo col Regno Unito oltre a pagare un pesante tributo.
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Ma un nuovo pericolo sorge in Europa: il nuovo kaiser Guglielmo II termina la politica bismarckiana e riarma la Germania. Nel 1907 UK e Russia si accordano sulle rispettive aree di influenza in Asia prodromo dell'alleanza che li vedrà combattere assieme la WWI.
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Finisce così la "guerra fredda" ottocentesca fra Regno Unito e Russia, un rapporto di diffidenza, fino quasi alla fobia, durato un secolo e che coinvolge, curiosamente ma non troppo, paesi come Crimea, Bosnia, Afghanistan, Tibet, aree di tensione ancora nei tempi odierni.
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Il fascismo non è stato solo un movimento politico che ha imposto un regime autoritario.
È stato un vero e proprio culto, una religione civile totalitaria in cui l'italiano poteva trovare una nuova dimensione collettiva nazionale.
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Lo storico Emilio Gentile, ne Il Culto del Littorio, ci guida in un viaggio nella politica fascista come religione civile.
Il fascismo non si limita a controllare, ma ambisce a creare una fede laica, con miti, riti e simboli.
È una storia di come lo Stato diventa sacro.
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il processo di secolarizzazione iniziato con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese non ha comportato una semplice separazione tra politica e religione, ma anche una trasformazione del politico che ha assunto caratteristiche proprie della dimensione religiosa.
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Come finiscono le guerre?
Tra il campo di battaglia che rivela chi è più forte e gli accordi che devono superare la reciproca sfiducia, la pace è un puzzle complesso.
La resa incondizionata è strategia o necessità?
Vediamo assieme i meccanismi dietro la fine dei conflitti.
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How Wars End del politologo USA Dan Reiter, edito dalla @PrincetonUPress, esplora come e perché le guerre si concludono.
Ci sono due concetti centrali: le informazioni che emergono dal campo di battaglia e la certezza che l’avversario rispetti in futuro gli accordi di pace.
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Le guerre sono, in fondo, questioni politiche.
Il Nobel per la Teoria dei Giochi Thomas Schelling le descrive come una sorta di negoziato, dove si discute su dei confini o sul tipo di governo.
La pace arriva con un accordo che risolve la disputa, creando un nuovo equilibrio.
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"Fuori la guerra dalla storia" non è, nonostante quello che ne pensi @mattiafeltri, una "minchiata" di Conte.
È l'auspicio sotto il quale nel 1928 viene siglato il patto "Kellogg-Briand" che è diventato un caposaldo del diritto internazionale: la guerra diventa un crimine.
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Le nazioni firmatarie del patto proposto dai ministri degli esteri di Francia, Aristide Briand, e USA, Frank Kellog, si impegnano a rinunciare alla guerra come mezzo di risoluzione delle loro divergenze, diritto che era sempre stato insito nella sovranità di ogni paese.
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Proprio facendo riferimento a quel patto, ratificato anche da Germania e Giappone, a Norimberga e Tokyo si possono giudicare politici e alti ufficiali tedeschi e giapponesi "colpevoli di avere pianificato e avviato una guerra di aggressione", cioè di "crimini contro la Pace".
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“Il commercio è guerra economica”.
I dazi di Trump riscrivono le regole, rispolverando il Neomercantilismo.
Da Smith a List, fino ai recenti "Kicking Away the Ladder" di Ha-Joon Chang e "The Neomercantilists" di Eric Helleiner, vediamo questo scontro tra mercato e politica.
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Adam Smith, in La ricchezza delle nazioni (1776), attacca il Mercantilismo: i dazi proteggono interessi ristretti, non la prosperità generale.
Il commercio libero, basato sul vantaggio comparato, massimizzerebbe la prosperità globale, arricchendo invece tutti.
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Smith vede il mercato come un motore universale, non uno strumento di potere statale.
Critica i mercantilisti per la loro ossessione di esportare più di quanto si importa.
Per lui, la vera ricchezza è nella produzione e nel consumo, non nella bilancia commerciale.
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Il 4 agosto 1916 gli USA e la Danimarca si accordarono su questo prezzo perché i primi potessero prendere possesso della colonia danese delle Isole Vergini nei Caraibi.
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Il grande successo in Europa dello zucchero di canna prodotto nelle Americhe aveva reso nel XVII secolo estremamente desiderabili le isole caraibiche, dove il clima favoriva la sua produzione e esaltava la sua qualità.
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Il consumo di zucchero in Europa tra il 1640 e il 1750 triplicò e spagnoli, inglesi, francesi, olandesi, tutti vollero partecipare allo sfruttamento di questo nuovo "oro" alimentare, contendendosi le isole caraibiche nelle varie guerre di quel periodo.
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Con la caduta del regime di Assad, e il probabile "smembramento" della Siria in vari potentati legati alle sue fazioni, oltre che a interessi stranieri, si può dichiarare conclusa dopo un secolo la sistemazione del Medio Oriente derivante dall'accordo Sykes-Picot del 1916.
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Cosa è dunque l'accordo Sykes-Picot?
Durante la Prima Guerra Mondiale britannici e francesi, con un accordo segreto, si spartiscono il Medio Oriente sotto il controllo del nemico Impero Ottomano in rispettive zone di influenza.
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Come vedete le zone di influenza sono tracciate in perfetto stile coloniale: in alcune parti con un righello indifferente alle popolazioni che in quelle zone abitano.
Inoltre l'accordo confligge con le promesse inglesi ai leader arabi che si sono ribellati agli Ottomani.
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