Esattamente un anno fa nelle Regno di #Tonga si stava verificando la più violenta eruzione vulcanica mai avvenuta sul nostro pianeta dal 1883. Da allora sono stati effettuati centinaia di studi che hanno in parte rivoluzionato l'intera vulcanologia. Ecco un (lungo) riassunto! 🧵
𝟭. 𝗖𝗼𝗹𝗼𝗻𝗻𝗮 𝗘𝗿𝘂𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮 La colonna eruttiva che si è formata durante la fase di massima esplosività ha raggiunto i 58 km di altitudine, la più alta mai raggiunta da quando esistono le rilevazioni satellitari.
Ciò vuol dire che i gas e le particelle espulse dal vulcano hanno raggiunto la mesosfera, ovvero il terzo dei cinque strati in cui è suddivisa l'atmosfera terrestre (troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera e esosfera).
Il diametro di questa colonna in quota è stato di circa 650 km, per fare un paragone è come se un'eventuale eruzione del Vesuvio sviluppasse una colonna eruttiva che riuscirebbe ad oscurare il cielo perfino a Milano.
All'interno della colonna carica di gas, cenere, lapilli, acqua, ghiaccio, sale e altre particelle sono stati generati oltre 400.000 fulmini in pochissime ore, un valore assolutamente record.
Uno dei satelliti della Nasa ha rilevato a tal proposito un lampo di raggi gamma che normalmente osserviamo nei buchi neri lontani. È la prima volta che ne osserviamo uno a causa di un'eruzione vulcanica!
𝟮. 𝗜 𝗙𝗹𝘂𝘀𝘀𝗶 𝗣𝗶𝗿𝗼𝗰𝗹𝗮𝘀𝘁𝗶𝗰𝗶 Con il collasso della colonna eruttiva (e non solo), l'eruzione ha iniziato a formare degli impressionanti flussi piroclastici che si sono estesi nelle profondità dell'oceano per ben 80-100 km.
Tali flussi hanno scavalcato montagne sottomarine alte svariate centinaia di metri e hanno seppellito l'unico cavo sottomarino che collegava il Regno di Tonga ad internet sotto a 30 metri di depositi di materiale vulcanico.
𝟯. 𝗧𝘀𝘂𝗻𝗮𝗺𝗶 Lo tsunami che si è formato durante l'eruzione ha inizialmente raggiunto i 90 metri di altezza, nove volte più alto di quello che ha colpito il Giappone nel 2011.
L'altezza delle onde si è rapidamente ridotta e quando il maremoto ha colpito le isole abitate del Regno di Tonga lo ha fatto con onde alte intorno ai 2 metri. Lo tsunami del 15 gennaio 2022 è stato uno dei pochi ad interessare tutti gli oceani e i grandi mari del nostro pianeta
Esso è stato infatti rilevato perfino nel Mar Mediterraneo, agli antipodi dell'eruzione. Questo perché il maremoto in questione è stato generato da tantissimi eventi diversi: dal collasso della caldera, dagli imponenti flussi piroclastici e soprattutto dall'onda d'urto.
La propagazione di quest'onda d'urto nell'atmosfera ha infatti provocato una repentina e importante variazione della pressione atmosferica che ha contribuito a formare un treno di onde anomale chiaramente rilevabili dai mareografi di tutto il mondo
𝟰. 𝗢𝗻𝗱𝗮 𝗱'𝗨𝗿𝘁𝗼 𝗲 𝗕𝗼𝗮𝘁𝗶 L'onda d'urto generata dall'attività esplosiva si è propagata nell'atmosfera ad una velocità compresa tra i 312 e i 343 m/s, facendo diversi giri del pianeta per interi giorni e diventando rilevabile dai barometri di tutto il mondo.
Allo stesso tempo, i boati prodotti dall'eruzione sono stati uditi anche in Australia, Nuova Zelanda, Nuova Caledonia, Fiji e perfino in Alaska, ad oltre 9.300 km di distanza, diventando il suono più forte mai registrato dall'uomo.
𝟱. 𝗖𝗮𝗺𝗯𝗶𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗠𝗼𝗿𝗳𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗶 La violenta eruzione ha ovviamente cambiato profondamente l'edificio vulcanico. Prima l'Hunga Tonga era una caldera che aveva un diametro di 4 km con una cima piatta che si trovava a soli 150 metri di profondità.
Dopo l'eruzione, il collasso della camera magmatica ha fatto sprofondare il pavimento della caldera fino a 850 m di profondità, con una differenza di ben 700 m! Quello che ha stupito maggiormente i ricercatori è che i fianchi del vulcano sono rimasti in larga parte intatti.
𝟲. 𝗘𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝗶 𝘀𝘂𝗹 𝗖𝗹𝗶𝗺𝗮 L'eruzione ha immesso nell'atmosfera "soltanto" 400.000 tonnellate di anidride solforosa, un particolare gas che può contribuire a raffreddare momentaneamente il clima del pianeta.
Pur non essendo sufficienti, queste modeste concentrazioni di aerosol nella stratosfera dell'emisfero meridionale hanno regalato per diversi mesi dei vivissimi e coloratissimi tramonti vulcanici in gran parte della Nuova Zelanda, Australia, Nuova Caledonia e perfino in Antartide.
L'eruzione ha allo stesso tempo immesso nella stratosfera oltre 146 teragrammi di vapore acqueo, una quantità sufficiente a riempire più di 58.000 piscine olimpioniche. Si tratta del valore più grande mai registrato da quando abbiamo a disposizione le analisi satellitari.
Tale valore rappresenta addirittura quasi il 10% dell'intera acqua presente precedentemente nell'intera stratosfera. Purtroppo una tale quantità di vapore nella stratosfera potrebbe contribuire ad aumentare momentaneamente le temperature del pianeta.
𝟳. 𝗟𝗲 𝗗𝗶𝗻𝗮𝗺𝗶𝗰𝗵𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗘𝗿𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 L'eruzione è stata innescata dalla risalita di un nuovo lotto di magma fresco che si è mescolato con due corpi magmatici più evoluti, ovvero più vecchi, cristallizzati e freddi.
Questo mix esplosivo ha provocato una rapida espulsione del magma (e conseguente progressivo ma rapido svuotamento della camera magmatica) che ha fatto crollare il pavimento della caldera causando l'entrata dell'acqua marina all'interno della stessa (🌊+🌋 a 1150℃ = 💥💥).
𝟴. 𝗜 𝗩𝗼𝗹𝘂𝗺𝗶 𝗘𝗿𝘂𝘁𝘁𝗮𝘁𝗶 Secondo gli studi più recenti, l'eruzione ha espulso almeno 9,5 km3 di materiale vulcanico, un valore che secondo molti geologi rimane ancora sottostimato.
Per l'evento non esiste infatti ancora una VEI (Indice di esplosività vulcanica) ufficiale. Se ci soffermiamo sul volume eruttato, dovemmo classificare l'eruzione come una VEI 5 (pliniana). La sua esplosività è stata però ben superiore e compatibile con una VEI 6 (ultra-pliniana)
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Il 13 gennaio 1915 un violento #terremoto di magnitudo stimata 7.0 colpì il Centro Italia, più precisamente la Piana del Fucino, nell'area sud-occidentale dell'Abruzzo. La scossa provocò la morte dell'80% della popolazione di Avezzano, una delle località più famose della piana 🧵
Il terremoto provocò estesi ed importanti danni che interessarono ben sei regioni diverse del nostro paese: Abruzzo, Lazio, Molise, Campania, Marche ed Umbria. Stiamo parlando di un evento sismico che ha causato gravissimi danni in un'area di ben 380 km².
Tra le tante città gravemente colpite, le più conosciute sono sicuramente quelle di Avezzano, Gioia dei Marsi, Ortucchio e Pescina, tutte località quasi completamente rase al suolo. Pensate che ad Avezzano rimase in piedi un solo edificio costruito cinque anni prima.
Ma qual è stato il sistema di faglie che ha generato il terribile #terremoto di magnitudo 6.9 avvenuto in #Irpinia nel 1980? Cerchiamo di spiegarlo brevemente in questo thread grazie alle informazioni ricavate dagli studi del geologo Paolo Galli (e colleghi). 👇🏻🧵
La faglia che ha generato il terremoto del 1980 è stata localizzata ai piedi del Monte Marzano ed è una faglia estensionale, ovvero un tipo di sorgente sismogenetica che genera terremoti in cui il blocco di roccia scende prevalentemente verso il basso per via della gravità.
Il terremoto del 23 novembre 1980 in particolare, ha prodotto un abbassamento del terreno di oltre un metro il che ha permesso alla faglia che ha generato il terremoto di arrivare in superficie e di essere riconoscibile per ben 38 chilometri, una valore piuttosto importante.
Alle ore 19:34 di quarantadue anni fa un violento #terremoto di magnitudo 6.9 colpì l'#Irpinia, una delle aree più sismiche di tutto il nostro paese. Da quel giorno l'intera geologia, sismologia e perfino l'intero sistema emergenziale italiano cambiò radicalmente.
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L'epicentro esatto venne localizzato, dopo diverse ore, nella zona di Castelnuovo di Conza, un piccolo centro abitato che si trova al confine tra la Campania e la Basilicata. È proprio in questa zona che furono registrati gli effetti più gravi di questa complessa sequenza. 2/17
La scossa delle 19:34 venne avvertita in una vastissima zona del nostro paese, le segnalazioni dell'epoca arrivarono fino alla Pianura Padana verso nord e fino alla Sicilia nord-occidentale verso sud, un dettaglio che ci fa capire subito la gravità di quel tragico evento. 3/17
Da quando mercoledì scorso è iniziata la corposa sequenza sismica in corso al largo delle Marche, sui social è tornata in voga la teoria popolare secondo la quale tanti piccoli terremoti scaricano a poco a poco l'energia prevenendo una scossa più forte. Ma è davvero così? NO! 🧵
La scala Richter è infatti una scala logaritmica, il che vuol dire che ogni due decimi di magnitudo l'energia sprigionata dal terremoto raddoppia, in pratica in questa scala 2+2 non fa 4 ma 2,2. Proviamo a fare un piccolo esempio pratico con lo scenario marchigiano:
A puro scopo esemplificativo pensate se TEORICAMENTE il sistema di faglie coinvolto al largo delle Marche fosse carico e pronto a produrre un terremoto di magnitudo 6.0. E bene dissipare tutta quell'energia con una sequenza di terremoti di magnitudo inferiore è impossibile.
Esattamente 139 anni fa avveniva una delle eruzioni vulcaniche più potenti e distruttive che si sono verificate nel corso della storia moderna dell'umanità. Stiamo parlando della terribile eruzione prodotta dal vulcano #Krakatau (o Krakatoa) il 27 agosto del 1883.
L'eruzione del 1883 è iniziata durante il mese di maggio con delle sporadiche ma intense esplosioni che si sono susseguite per interi mesi, un fenomeno che aveva stupito e affascinato moltissimi marinai locali.
Secondo i racconti dell'epoca tale attività tendeva a generare delle modeste colonne eruttive che occasionalmente si elevavano in quota anche per 9-10 chilometri e provocavano una modesta ricaduta di cenere e lapilli in tutta l'isola principale presente al centro della caldera
Alle ore 04:03 del 20 maggio di dieci anni fa, un forte #terremoto di magnitudo 5.8 stava per dare inizio ad una lunga e stressante sequenza sismica che ha interessato l'Emilia Romagna, più precisamente un'ampia zona delle province di Modena, Ferrara e Reggio Emilia. 🧵👇🏻
La scossa del 20 maggio ha avuto un epicentro localizzato nei pressi di Finale Emilia, un piccolo comune che si trova a circa 30 chilometri di distanza da Ferrara.
Il terremoto in questione è stato avvertito dalle Marche alla Toscana e dal Friuli al Piemonte, con i maggiori danni che si sono concentrati tra Mirandola, Canaletto, Cavezzo e Finale Emilia, una particolare area in cui sono state registrate anche sette vittime.