Qualcuno ha detto che esistono tre tipi di bugie.
Quelle grandi, quelle piccole e le statistiche.
Charles Bukowski spiega che “un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura media”.
Alla domanda, quale città tedesca ha subito il peggior bombardamento nella II guerra mondiale, la statistica ci tiene ad informarci che è stata Wuppertal-Elberfeld, distrutta per il 94%.
Amburgo, per esempio, fu distrutta per il 74%, Düsseldorf per il 64% e Colonia per il 61%.
Eppure nessuno ha mai avuto dubbi sulla notte più tragica della II Guerra Mondiale.
Sulla città tedesca che più di tutte ha subito l’apocalisse dei bombardamenti.
Per tutti, ma non per la statistica, che la colloca solo al ventiseiesimo posto per percentuale di città distrutta.
In oltre cinque anni di guerra quella città era stata risparmiata.
Piccole formazioni delle U.S.A.A.F. avevano colpito industrie secondarie e stazioni di smistamento in periferia il 17 ottobre 1944 e il 16 gennaio del 1945.
Ma la città vera e propria non era mai stato toccata.
Per quello rimasi stupito quando Hartur mi comunicò che dovevamo pianificare quell’incursione.
Quel tipo di incursione poi, proprio su quella città.
Da sempre sostenitore della strategia di attaccare le zone industriali delle città, avevo scelto io le 94 città tedesche.
Quelle adatte a bombardamenti a tappeto.
E avevo mal digerito quando, nel 1942, avevamo scelto un altro modo per causare la massima devastazione possibile intorno a un punto chiamato area bombing.
Lo avevamo imparato dalla Luftwaffe già nel 1940, col bombardamento su Coventry.
Mentre gli americani continuavano a sostenere i bombardamenti di precisione contro bersagli industriali e militari, noi, il Bomber Command (Comando Bombardieri) della Royal Air Force britannica, puntavamo al punto focale (aiming point), al centro delle città.
Quell’”area bombing” aveva una sua logica.
Se di logica si può parlare in una guerra.
Sventrando la parte residenziale del centro città si avevano risultati di enorme interesse militare.
Senza colpire le fabbriche direttamente, queste si fermavano.
Non solo perché venivano tagliate le principali fonti di energia, gas acqua ed energia elettrica, ma senza lavoratori dell’area bombardata le ripercussione sull’economia bellica era devastante.
Lo so, la nostra, del Command Bombing, era una filosofia piuttosto crudele.
Ma quello che stavamo per fare rasentava il terrorismo.
Parte del ”Piano Thunderclap” (Colpo di Tuono).
La prima incursione di quel piano è stata compiuta il 3 febbraio scorso.
La città colpita? Berlino.
Erano state 937 fortezze volanti B-17 americane, scortate da 613 caccia.
Era la prima volta che gli americani applicavano l’Area Bombing.
I piloti erano restii.
Finché si era trattato di colpire obiettivi strategici come le fabbriche nessun problema, ma qui si trattava di colpire ben altro.
Bastò raccontare loro una bugia per convincerli.
A Berlino, dissero loro i comandanti, è stanziata la Sesta Armata della Wehrmacht.
Era falso, ma tanto bastò a convincere i piloti.
E così in pieno giorno avevano sganciato 2.054 tonnellate di bombe.
I morti? Più o meno 25.000.
Morti inutili.
A mettere in ginocchio la città, intendo.
Troppo grande.
E così la nuova scelta era caduta su questa città.
L’amico Hartur mi ha appena chiesto di pianificare l’incursione.
Chi è Hartur?
E’ Sir Arthur Harris, comandante in capo del Bomber Command della R.A.F.
Io mi chiamo Sir Robert Saundby, vicecomandante. Diciamo che Hartur non è d’accordo con la motivazione che ci hanno dato i grandi capi.
La versione ufficiale si fonda su quell’unico scopo. Sostenere l’avanzata dell’Armata Rossa da est creando il caos nella Germania Orientale.
Lui non approva. E non capisce.
Perché sostenere l’avanzata dell’Armata Rossa?
Io sono contrarissimo a questa scelta, ma per ben altri motivi. Che senso ha?
Avevamo scartato quella città per anni perché non aveva al suo interno nessun obiettivo di interesse militare.Neppur minimo
Credo che i suoi abitanti siano ormai convinti che esista un tacito accordo tra la Luftwaffe e la nostra Royal Air Force.
Tipo un accordo anche per non colpire Oxford, per esempio.
Sappiamo che persino la FlaK, la contraerea tedesca ne è convinta.
Molto convinta. Troppo.
Tanto da spostare altrove tutti i sessanta cannoni da 88 millimetri che si trovavano intorno alla sua cinta.
E’ rimasta una sola squadriglia di caccia notturni Messerschmitt Bf 110 nell’aeroporto, pronti ad alzarsi in volo per difenderla.
In pratica, senza nessuna difesa.
Non capisco neppure la data.
L’incursione è prevista per il 13 febbraio.
Martedì Grasso. La città sarà in festa.
Malgrado la guerra immagino scorreranno fiumi di champagne all’interno dei suoi stupendi palazzi barocchi e rococò.
E fiumi di birra nelle osterie.E poi canti, e balli
Ci saranno bambini in maschera per rendere più festoso il Carnevale.
Con maschere di Pierrot, di Arlecchino, di Pulcinella.
In città c’è anche il circo Sarrasani.
Inoltre sappiamo quello che sta arrivando proprio in questi giorni.
Una marea umana di profughi si sta avvicinando alla città provenienti da oriente, spinti dall’avanzare dell’Armata Rossa.
In una città che già conta 630.000 abitanti pensiamo che il 13 ci saranno al suo interno 327.00 profughi.
Continuo a chiedermi il perché di questa scelta.
La storia dell’aiuto all’Armata Rossa non convince neanche me, ma quello che ci hanno chiesto di fare ancora meno.
Non solo siamo forti numericamente, come non mai, ma abbiamo elaborato sofisticatissime tecniche d’attacco.
Sono contrario a questa operazione, ma devo obbedire.
Abbiamo previsto 2 attacchi a distanza di tre ore uno dall’altro.
Il primo inizierà alle 22.04, affidato al 5° Gruppo che ha gli squadroni 83° e 97° con pesanti quadrimotori Lancaster, e lo squadrone 627° con agilissimi bimotori Mosquitoes.
Il Punto di mira? Lo stadio Sportplatz.
Da lì investiremo a ventaglio un’area di 2,5 km dal punto di mira.
Poi all’1.23 il secondo attacco, con 529 Lancaster. Sono previste sulla città 2.700 tonnellate di bombe esplosive e incendiarie.
Dopo le ore 12.00 del 14 febbraio interverranno le fortezze volanti americane.
Pianificata così dovremmo raggiungere gli obiettivi. Non colpiremo solo persone, ma cancelleremo secoli di storia, d’arte e cultura.
E’ accaduto spesso che in questo tipo di bombardamenti certe condizioni o mancati sincronismi portino al fallimento.
Non dovrei auguramelo, ma…
Saundby sapeva che avevano pianificato l’attacco al meglio.
Sperava in un fallimento?
Forse.
Ancora non sapeva che per la prima volta l’attacco riuscirà coordinato alla perfezione e con le migliori condizioni meteo.
Il nome della città cerchiato sulla cartina?
Dresda.

A domani.

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Feb 15
Ieri vi ho raccontato la pianificazione del bombardamento di Dresda.
(leggete qui threadreaderapp.com/thread/1625597…)
Dal Bomber Command (Comando Bombardieri), alla contrarietà del vicecomandante Sir Robert Saundby.
Il 13 febbraio però è arrivato.
Ore 22.04.
Iniziarono i Lancasters, con bengala a luce bianca e grappoli di target indicators, segnali luminosi a luce verde. Inconfondibili per i radar.
Due minuti dopo i Mosquitoes del 627° squadrone piombarono sulla città.
Uno centrò lo stadio Sportplatz. Image
Esattamente il punto di mira scelto.
Da quel momento, con bombe da 3.600 libbre, 244 bombardieri avevano rotta e sganci prestabiliti.
“Fatto il lavoro” si sarebbero allontanati per una tregua.
Il loro intento?
Far uscire allo scoperto la maggior parte della popolazione. Image
Read 25 tweets
Jan 31
Ieri la mia amica Mary Leigh mi ha chiesto: “Ho saputo che vai a vedere il Derby di Epsom. Come mai?”
Le ho risposto: “Lo capirai domani sera leggendo i giornali”.
Già, il Derby di Epsom, la corsa di cavalli più prestigiosa del Regno Unito. Image
Infatti sono qua, proprio al Derby d’Epsom, l'appuntamento mondano con tutta l’alta società britannica. Compresa la famiglia reale.
E’ il 4 giugno del 1913.
Perché sono venuta?

Una storia lunga. Iniziata anni fa. Image
Mi chiamo Emily Wilding Davison e sono nata a Londra l’11 ottobre 1872 in una famiglia numerosa.
Studiavo al Royal Holloway College di Londra.
Ero bravissima.
Ma fui costretta a lasciare la scuola perché mia madre, rimasta vedova, non poteva pagarmi la retta. Image
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Jan 30
“Le decisioni devono essere prese il più vicino possibile ai cittadini. Cosa volete che sappia uno a Roma dei problemi di un comune della Lombardia”.
Si chiamava “Lega autonomista lombarda” il movimento fondato nel 1982 da Umberto Bossi.
Nata “per dare voci alle peculiarità culturali ed economiche della Lombardia”.
Il motto più gettonato a quei tempi?
"I terroni li manderemo via tutti". "
Ma erano stati i veneti, due anni prima, a fondare la “Liga Veneta”.
E sempre i veneti ad arrivare in Parlamento con una proposta.
La richiesta di Veneto a Statuto speciale su proposta Dozzo
Incredibile a dirsi (nemmeno troppo) fu proprio Bossi a chiedere ai suoi di non votarla.
Read 21 tweets
Jan 28
Mi chiamavano “il tessitore”, ma sono sempre stato per tutti solo il “Bepi”.
Per il mio carattere, per quello che ho passato e per come è finita, la voglia di raccontarvi la mia storia è poca, anzi pochissima.
Ma per Johannes deve essere raccontata.
Dice che la gente deve sapere.
Mi chiamo Giuseppe Signorelli e sono nato a Bergamo il 18 settembre 1907.
Come molti ragazzi ho frequentato le scuole professionali indirizzo meccanico, riuscendo ad entrare, ancora giovane, alla Dalmine.
Con una mansione che mi aiutò moltissimo, quando venne il momento.
Ero addetto alla manutenzione delle macchine da scrivere negli uffici.
Con assoluta libertà di movimento. Di più.
Avevo la possibilità di conosce i dirigenti.
Come accadde a molti, io non aspettai l’8 settembre. Iniziai ancora prima della guerra.
Read 25 tweets
Jan 27
"Non dico che le camere a gas non siano esistite. Io non le ho potute vedere. Non ho studiato specificamente la questione, ma credo che sia solo un “dettaglio” nella storia della seconda guerra mondiale" (Jean-Marie Le Pen)

Già. Un dettaglio.
E' l'inverno del 1944.
Mi chiamo Sara e ho tredici anni.
Tre anni fa vivevo in Lituania con tutta la mia famiglia, poi sono arrivati i tedeschi e mio padre e mio fratello erano stati rinchiusi nella "Fortezza numero sette"
So che sono stati uccisi, con altre centinaia di ebrei.
Sono stata separata da mamma e da mia sorella.
Loro portate altrove, non so dove.
Io, a soli 10 anni, rinchiusa in un campo per bambini. Per ben 3 anni.

“Avevo perso totalmente la nozione del tempo, non sapevo più che giorno fosse, notavo soltanto il cambiamento delle stagioni”
Read 17 tweets
Jan 26
Oggi è il 23 agosto 2021.
Quarantatré anni.
Quelli che avrei potuto compiere oggi.
Purtroppo è andata diversamente.
So che non mi avete dimenticato.
Il fatto che Johannes voglia riproporre la mia storia lo dimostra.
Una storia che inizia da una fine.
La mia ultima partita.
Prima o poi doveva succedere.
È stato un percorso lungo, ma ho preso la mia decisione.
E mentre aspetto di scendere in campo per l’ultima volta la mia mente corre a quando tutto è iniziato.
A quel “soldo di cacio” che crebbe mangiando gnocchi, lasagne e salsicce.
Mio padre Joe lo chiamavano “Jellybean”, caramella di gelatina, perché lui era sempre sorridente e scherzava di continuo, in campo e fuori.
Voleva trasmettere la sua allegria a chi gli stava intorno.
«Alcune volte clown, altre volte giocatore di basket» scrivevano i giornali.
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