"La prima volta che ho deciso di mettermi in dieta pesavo 68 chili. Portavo una 44 abbondante e addosso gli anni ruggenti dell’adolescenza. Avevo letto da qualche parte, facendo i conti tra altezza ed età, che il mio peso forma sarebbe dovuto essere di 54 chili. #Thread 1/10
Avevo sgranato gli occhi: “54?”. In quinta elementare ne pesavo 55. Però ci avevo creduto. Mi ero detta che se c’era scritto che il peso forma era 54 così doveva essere. La dietologa dell’ospedale mi aveva detto che non sarei dimagrita molto, non le avevo chiesto il perché. 2/10
Dopo sei mesi di dieta e un’oretta di camminata al giorno, pesavo 64. Ok, 10 chili in più rispetto al previsto, ma i jeans mi stavano meglio. Ce l’avevo abbastanza fatta. Poi in pochi mesi non sono più 64, non sono più 68, ma sono 72 chili. E dico "sono", non "peso". 3/10
“Urca, settantadue.” E sì che ho continuato ad andare a camminare, e sì che non mi sono strafogata di cibo. Ok, ho mangiato più di un dolce a settimana, ma... “Ma” niente. Dato che mi piacciono i dolci, non sono una brava ragazza, è colpa mia se sono ingrassata. 4/10
Ho una ventina d’anni e quei 72 chili ogni tanto mi fanno piangere. Tutti i giorni penso: “Lara-devi-dimagrire”. Ma quando ho 27 anni e peso di nuovo 64 chili, con 14 chili persi in due mesi, non sono più felice. Il post-it dice ancora «60». E io, maledetta, sono ancora 64. 5/10
E dopo un anno dalla fine della dieta sono 70, dopo due 76, dopo aver vissuto in Albania sono 72, al mio arrivo ad Amsterdam sono 78, in partenza da Amsterdam sono 86. Oggi sono di più. 6/10
Gli anni contati in chili, mai in salute, mai in quanto sono felice del percorso che sto facendo come donna, a prescindere dalla forma del mio corpo. Quasi come se non si possa ambire a qualcosa di meglio dell’essere magri. Come se l’obiettivo non fosse semplicemente essere sani.
Cosa sarebbe successo alla mia forma fisica se a 15 anni avessi accettato il mio peso naturale?
Se non avessi combattuto quei 68 chili fatti di movimento, cibo normale, né troppo né troppo poco? 8/10
Cosa sarebbe successo se qualcuno mi avesse spiegato che posso non esserne ossessionata, che sono bella lo stesso, ma soprattutto che se non lo sono chissenefrega?
Che non c’è nulla di più potente di una donna che fa sentire la propria voce contro chi ci vorrebbe omologate? 9/10
Un passo da "Il peso in avanti", l'ultimo libro di Lara Lago. Se lo acquisti entro l'#8marzo nel pacchetto in offerta su peoplepub.it/pagina-prodott… ricevi in omaggio lo shopper e il taccuino realizzati da Anarkikka per la Giornata Internazionale dei diritti delle donne. 10/10
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Renata Viganò, autrice de L’Agnese va a morire, definì la mia morte come «la più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione». Si riferiva ai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, guidati dal capitano Renato Tartarotti. #Thread#8marzo@JohannesBuckler 1/13
Ero a casa di mio zio, insieme ad altri due partigiani, quando i fascisti mi hanno arrestato. Inizialmente mi avevano rinchiuso nelle scuole di San Giorgio, poi mi hanno portato a Bologna. Speravano di ottenere da me informazioni sulla Resistenza. 2/13
Prima di essere interrogata, ho ripensato a tutta la mia vita. Per quel poco che è durata, fino ad oggi. Sono nata a Bologna l’8 aprile 1915, da una famiglia benestante. C’era papà Angelo, capomastro edile, poi la mamma, Argentina di nome, e mia sorella Nastia. 3/13
Quotidiano, settimanale, trimestrale: @OssigenoO2 è 3 in 1!
1) Un quotidiano online - ossigeno.net -, dove ogni giorno potete leggere i contributi degli autori di People su attualità, politica, società, cultura.
2) Una newsletter settimanale - le bolle di ossigeno - con l’editoriale del nostro direttore @paolocoss.
3) Una rivista trimestrale e tematica, con gli approfondimenti, le interviste, la satira e le rubriche curate dai nostri autori e dai nostri collaboratori.
Ossigeno è tridimensionale, contro il panorama un po’ piatto cui non vogliamo rassegnarci, contro la superficialità che ne consegue. Per il pensiero lungo e laterale, una rivista manifesto, che vi invita a manifestarvi e manifestare, tutte e tutti.
La storia del padre di #LidiaMenapace è quella di oltre mezzo milione di soldati italiani dopo la firma dell’Armistizio, la storia degli internati militari italiani (IMI), una storia nota, ma raccontata ancora troppo poco. #Thread 1/7
“Finalmente però in una caldissima giornata di agosto anche la nostra guerra domestica finisce, mio padre rientra dal campo di concentramento magro e stracciato, tanto che per un istante la mamma non lo riconosce quando lo vede alla porta. 2/7
Ci racconta i patimenti, gli stenti, il freddo, le umiliazioni, la fame. Ma non è arrabbiato con nessuno, non ha odio, non ha rancori. 3/7
Siamo nel 1928. I coniugi Levinson sono cantanti di fama dell’Opera di Riga, in Lettonia. Sono molto famosi. Talmente famosi che decidono di trasferirsi a Berlino dopo che la Deutsche Oper ha offerto loro un contratto principesco. @JohannesBucklerbit.ly/pacchetto-buck… 1/10
Sei anni dopo, il 17 marzo del 1934, a Berlino nasco io, Hessy, a due passi dalla Porta di Brandeburgo. Una bambina bellissima, al punto che quando ho sei mesi mamma Polin mi porta dal fotografo più famoso della città, Hans Ballin. 2/10
Mamma e papà vogliono imprimere la mia memoria in un’immagine. Quello che i miei genitori ancora non sanno è che il fotografo spedirà la foto per partecipare a un concorso. Un concorso che, poi, vincerà. 3/10
Portammo, per il saggio di laboratorio del secondo anno, una nostra versione di Arden of Feversham, un drammone rinascimentale inglese di omicidi matrimoniali e vendette, che qualcuno aveva attribuito anche a Shakespeare, nella versione di Carmelo Bene (hybris del principiante!).
Ricordo la tensione prima di salire sul palco, tavole sconnesse in una chiesa sconsacrata. Stavo quasi per svenire, poi le prime risate
del pubblico, fatto di parenti e amici coscritti, la gioia, gli applausi e la festa dopo.
"Continuavano a ripetermi che un professionista deve pensare solo a giocare, e forse avevano ragione. Nel calcio il pallone veniva prima di qualsiasi buona intenzione. Io però cominciai a pensarla diversamente. Da quella sera di Natale del 1977. #Thread@JohannesBuckler 1/13
Avevo diciannove anni quando alcuni amici mi invitarono a far visita a un centro per bambini cerebrolesi. Ci andai accompagnato da Raffaella, la mia fidanzata. Quella visita cambiò la mia vita. Anzi. La nostra. 2/13
«Mi impressionò la loro emarginazione, l’abbandono, il menefreghismo della gente. Fu un’emozione fortissima, un pugno nello stomaco. I miei genitori si sono sempre impegnati nel sociale e mi avevano già insegnato il rispetto e la solidarietà verso gli altri.» 3/13