Il 20 febbraio del 1958 il Parlamento italiano approva la legge N° 75 con la quale viene abolita la regolamentazione della prostituzione, contestualmente punendo il suo sfruttamento e sopprimendo le case di tolleranza.
È la Legge Merlin.
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La regolamentazione pubblica della prostituzione ha origini antichissime, ma la sua forma contemporanea nasce nel 1802 con l'esigenza da parte di Napoleone di tenere sotto controllo la diffusione delle malattie veneree nell'esercito francese.
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Ben presto è traslata anche nell'ambito civile in Francia, mentre in Italia nel 1860 Cavour emana il “Regolamento del servizio di sorveglianza sulla prostituzione” che, con poche successive modifiche, resta in vigore appunto fino al 1958.
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Esso determina le condizioni a cui deve sottostare l’esercizio della prostituzione per essere "tollerato" dallo Stato: poteva essere esercitata solo in case apposite (appunto dette "di tolleranza") sottoposte al benestare della polizia e a controlli igienico-sanitari.
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Le stesse prostitute devono essere registrate presso appositi elenchi presso le questure. Questo comporta l'ufficializzazione dello stigma morale, rendendo praticamente impossibile per quelle persone uscire da una situazione di sfruttamento e isolamento sociale.
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La società borghese del tempo infatti sanziona moralmente i rapporti sessuali fuori dal matrimonio solo se coinvolgono le donne delle sue famiglie, figlie e mogli, ma riconosce ai maschi il diritto di "sfogare" le proprie pulsioni sessuali all'esterno delle stesse.
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Le prostitute provengono quindi in grandissima parte dalle classi più basse, spesso senza una famiglia alle spalle, e che scelgono il "mestiere" in alternativa alla miseria, specie da quando l'automazione industriale ha ridotto le possibilità di occupazione femminile.
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Gli obblighi di registrazione e la costruzione di una narrazione "scientifica", che descrive la prostituzione "pazzia morale e amore del vizio", creano quindi una barriera per impedire alle donne "borghesi" di esercitare l'altro tipo di prostituzione, quella saltuaria.
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Nel corso del XX secolo la sempre maggiore forza delle sinistre socialiste porta ad una ridefinizione della normativa.
La prostituzione regolamentata dallo Stato viene abolita nel 1927 in Germania, nel 1946 in Francia.
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La “Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui” ONU del 1949 invita i paesi membri a rivedere le proprie legislazioni per renderle compatibili con i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
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In Italia già il ministro DC Scelba ha nel 1948 bloccato il rilascio di nuove licenze per le case di tolleranza, ma la convenzione ONU fa tornare di attualità la proposta di legge di una delle poche donne elette all'Assemblea Costituente, la socialista Angela "Lina" Merlin.
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Merlin è militante socialista fin dal 1919, diplomata maestra e laureata in lingue straniere è direttrice del periodico “Difesa delle lavoratrici”. Nel 1926 è allontanata dell’insegnamento perché non giura fedeltà al regime e condannata a cinque anni di confino in Sardegna.
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Dopo aver militato nelle resistenza viene eletta all'Assemblea Costituente nel 1946 e prima donna eletta al Senato nel 1948 dove deposita subito un disegno di legge contro la regolamentazione della prostituzione, senza riuscire a farlo arrivare alla discussione in aula.
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Ci riprova la legislatura seguente nel 1953, ma l'opposizione è ancora forte.
Infine il 29 gennaio 1958, la Camera dei deputati lo approvò con 385 sì e 115 no.
A favore Dc, Pci, Psi, Pri, contrari il Partito monarchico, Msi, Pli e Partito di unità socialista.
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«È bastato in Italia un colpo di piccone alle case chiuse per far crollare l’intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli: la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei postriboli che queste tre istituzioni trovavano la loro più sicura garanzia».
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Così scrive Montanelli in un suo libro contro la legge Merlin nel 1958 a riprova di come la discriminazione sociale della prostituta e la subalternità della donna sia consustanziale ad un certo tipo di società e ad un certo tipo di ideologia conservatrice di destra.
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Gli attacchi alla legge ultimamente non giungono solo da destra.
Anche una sinistra "libertaria", in nome dell'autodeterminazione delle donne e del proprio corpo, inizia a criticare la legge in quanto impedirebbe il pieno riconoscimento della prostituzione come lavoro.
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Ma la legge ancora resiste e la Corte Costituzionale, con la recente sentenza 141/2019, riafferma come la dignità umana sia un valore assoluto che sovrasta anche quello della libertà sessuale, chiudendo quindi, per ora, le porte ad una liberalizzazione della prostituzione.
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Per approfondire: una (lunga, 44 minuti circa) intervista di Enzo Biagi a Lina Merlin del 1969.
Oggi mettiamo alla prova le novità del Twitter!
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Come finiscono le guerre?
Tra il campo di battaglia che rivela chi è più forte e gli accordi che devono superare la reciproca sfiducia, la pace è un puzzle complesso.
La resa incondizionata è strategia o necessità?
Vediamo assieme i meccanismi dietro la fine dei conflitti.
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How Wars End del politologo USA Dan Reiter, edito dalla @PrincetonUPress, esplora come e perché le guerre si concludono.
Ci sono due concetti centrali: le informazioni che emergono dal campo di battaglia e la certezza che l’avversario rispetti in futuro gli accordi di pace.
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Le guerre sono, in fondo, questioni politiche.
Il Nobel per la Teoria dei Giochi Thomas Schelling le descrive come una sorta di negoziato, dove si discute su dei confini o sul tipo di governo.
La pace arriva con un accordo che risolve la disputa, creando un nuovo equilibrio.
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"Fuori la guerra dalla storia" non è, nonostante quello che ne pensi @mattiafeltri, una "minchiata" di Conte.
È l'auspicio sotto il quale nel 1928 viene siglato il patto "Kellogg-Briand" che è diventato un caposaldo del diritto internazionale: la guerra diventa un crimine.
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Le nazioni firmatarie del patto proposto dai ministri degli esteri di Francia, Aristide Briand, e USA, Frank Kellog, si impegnano a rinunciare alla guerra come mezzo di risoluzione delle loro divergenze, diritto che era sempre stato insito nella sovranità di ogni paese.
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Proprio facendo riferimento a quel patto, ratificato anche da Germania e Giappone, a Norimberga e Tokyo si possono giudicare politici e alti ufficiali tedeschi e giapponesi "colpevoli di avere pianificato e avviato una guerra di aggressione", cioè di "crimini contro la Pace".
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“Il commercio è guerra economica”.
I dazi di Trump riscrivono le regole, rispolverando il Neomercantilismo.
Da Smith a List, fino ai recenti "Kicking Away the Ladder" di Ha-Joon Chang e "The Neomercantilists" di Eric Helleiner, vediamo questo scontro tra mercato e politica.
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Adam Smith, in La ricchezza delle nazioni (1776), attacca il Mercantilismo: i dazi proteggono interessi ristretti, non la prosperità generale.
Il commercio libero, basato sul vantaggio comparato, massimizzerebbe la prosperità globale, arricchendo invece tutti.
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Smith vede il mercato come un motore universale, non uno strumento di potere statale.
Critica i mercantilisti per la loro ossessione di esportare più di quanto si importa.
Per lui, la vera ricchezza è nella produzione e nel consumo, non nella bilancia commerciale.
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Il 4 agosto 1916 gli USA e la Danimarca si accordarono su questo prezzo perché i primi potessero prendere possesso della colonia danese delle Isole Vergini nei Caraibi.
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Il grande successo in Europa dello zucchero di canna prodotto nelle Americhe aveva reso nel XVII secolo estremamente desiderabili le isole caraibiche, dove il clima favoriva la sua produzione e esaltava la sua qualità.
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Il consumo di zucchero in Europa tra il 1640 e il 1750 triplicò e spagnoli, inglesi, francesi, olandesi, tutti vollero partecipare allo sfruttamento di questo nuovo "oro" alimentare, contendendosi le isole caraibiche nelle varie guerre di quel periodo.
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Con la caduta del regime di Assad, e il probabile "smembramento" della Siria in vari potentati legati alle sue fazioni, oltre che a interessi stranieri, si può dichiarare conclusa dopo un secolo la sistemazione del Medio Oriente derivante dall'accordo Sykes-Picot del 1916.
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Cosa è dunque l'accordo Sykes-Picot?
Durante la Prima Guerra Mondiale britannici e francesi, con un accordo segreto, si spartiscono il Medio Oriente sotto il controllo del nemico Impero Ottomano in rispettive zone di influenza.
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Come vedete le zone di influenza sono tracciate in perfetto stile coloniale: in alcune parti con un righello indifferente alle popolazioni che in quelle zone abitano.
Inoltre l'accordo confligge con le promesse inglesi ai leader arabi che si sono ribellati agli Ottomani.
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Sulla facciata del municipio di Colonia sono rappresentati in statua diversi illustri cittadini, ma l'occhio più attento può notare che una di esse è sostenuta da una grottesca che, ohibò, sta facendo un'oscena autofellatio!
Vediamo la storia che c'è dietro...
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La statua raffigura il vescovo Corrado di Hochstaden.
Figlio di Lotario, conte appunto di Hochstaden, come tanti altri cadetti della nobiltà venne indirizzato alla carriera ecclesiastica tanto da diventare nel 1226 canonico della cattedrale di Colonia.
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Una decina di anni dopo nel 1238, non ancora ordinato sacerdote, riceve direttamente dall'Imperatore Federico II a Brescia, dove lo aveva seguito in una delle sue tante imprese militari contro i comuni del nord Italia, le insegne arcivescovili della diocesi di Colonia.
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