Quello che rappresenta la celebre foto della bandiera sovietica sul Reichstag a Berlino, e quello che la Russia di Putin vorrebbe farle rappresentare nella giornata che commemora la sconfitta nazista nella "Grande guerra patriottica", come chiamano la Seconda guerra mondiale 🧵👇
La foto ricorda il momento in cui, a maggio del 1945, le forze dell’Armata Rossa hanno conquistato la capitale del Terzo Reich, di cui l’edificio del Parlamento – bersaglio del famoso incendio del 1933 – era uno dei simboli più importanti.
Non si hanno dubbi su chi sia l’autore di quello scatto: si tratta di Evgenij Khaldei, originario di Donetsk. Quando egli nacque, sotto l’impero zarista, la città si chiamava Juzovka, ma avrebbe assunto il nome di Stalino nel ‘29 (nuovo cambio con la de-stalinizzazione post ‘53)
Non era la prima volta che il vessillo sovietico veniva issato sull’edificio. Il primo a compiere questo gesto fu fu il kazako Rakhimzhan Qoshqarbaev già il 30 aprile (praticamente mentre Hitler si toglieva la vita nel suo bunker sotto la cancelleria insieme a Eva Braun).
La foto di Khaldei – 2 maggio - intendeva ricreare quel momento, consegnando alla storia un’immagine potente e destinata a rimanere nella memoria. Sull’identità militari immortalati dalla sua Leica III - obiettivo da 35mm - però - esistono varie versioni.
Secondo quella ufficiale, Khaldei fu aiutato nell’impresa dai soldati Meliton Kantaria (georgiano, come Stalin, nella foto sotto) e Mikhail Yegorov (russo), i quali issarono la bandiera sovietica sul Reichstag a favore di camera.
Secondo alcuni studiosi, come Walkowitz e Knauer, l’identità reale del soldato ‘issatore’ era quella di Aleksei Kovalev, anch’egli kazako, ma era stata cambiata nella versione ufficiale per ragioni di opportunità politica.
Khaldei stesso raccontò che aveva scelto tre soldati, e che su quel tetto erano in 4 (lui compreso). A issare la bandiera era proprio il 18enne Kovalev, gli altri due erano Abdulkhakim Ismailov (etnicamente un turco del Daghestan, in foto) e il bielorusso Aleksej/Leonid Gorychev
Qual è il punto? Oggi, a distanza di 78 anni è in atto un tentativo di ‘russificare’ la sconfitta del nazismo, calando la mannaia sul mosaico di etnie e nazioni che fu l’Urss, di cui faceva parte anche l’Ucraina. Come il nonno di Zelensky, che combattè proprio nell’Armata Rossa
Come racconta @BBCSteveR in questo reportage da Mosca, la lotta al nazismo viene messa sullo stesso piano della guerra d’invasione contro l’Ucraina. La resistenza dei popoli dell’Urss e l’aggressione russa diventano un’improbabile equazione
@BBCSteveR L’operazione si gioca sulla storica ambiguità sovietica verso i concetti di nazione e patria. Il socialismo era tradizionalmente internazionalista, ma Stalin contro l’Asse chiamò a raccolta i popoli sovietici a difesa della *patria comune*, non del socialismo in quanto tale.
@BBCSteveR L’ambiguità si vide anche nei rapporti Urss.-satelliti, quando i dissidenti venivano puntualmente liquidati proprio con accuse di nazionalismo, titoismo (cioè deviazionismo nazionalista del socialismo), e sionismo (cioè nazionalismo in versione ebraica).
@BBCSteveR L’ambiguità si vide anche nei rapporti post-bellici con il cosiddetto Terzo mondo. L’Urss di Krusciov non aveva problemi a reprimere il nazionalismo in Polonia, Ungheria e a incoraggiarlo in Paesi come l’Egitto di Nasser, che invece perseguitava apertamente i comunisti locali.
@BBCSteveR Insomma, questi argomenti vanno sempre trattati con calma e rigore. La liberazione dell’Europa orientale dal nazismo fu merito di milioni di soldati russi, ma anche kazaki, georgiani, ucraini etc. Come quelli che innalzarono la bandiera sul Reichstag a Berlino, nella storica foto
Tweet bonus. Khaldei, dopo aver effettuato lo scatto, dovette modificarla perché Ismailov, quello che sostiene il portabandiera, indossava due orologi. Questo lasciava pensare che ne avesse rubato uno durante i saccheggi (poi si disse che era una bussola 👇)
cc @Cinzia_Bianco
Ieri a Damasco si è finalmente tenuta la Conferenza del dialogo nazionale per la Siria. Era prevista per gennaio, ma è stata rimandata e poi convocata abbastanza frettolosamente. In sintesi? Ha fatto il botto, ma forse era solo un petardo. Qualche considerazione ⤵️🧵
La conferenza è durata solo un giorno ed è stata annunciata solo domenica, dando poco tempo a molti potenziali partecipanti per prepararsi. Alcuni non hanno proprio avuto modo di presenziare per ragioni di tempo e spostamenti.
Sono intervenuti il presidente Ahmed Al-Sharaa (aka Al-Jolani) e il ministro degli Esteri Al-Shaibani. In sostanza, hanno ribadito le parole d’ordine già usate in questi mesi: unità nazionale, tolleranza, libertà d’espressione, integrità territoriale
In Medio Oriente sta per arrivare una svolta epocale, che parte dalla Turchia e arriva alle branche del Kurdistan, soprattutto in Iraq e in Siria.
Dopo 40 anni, Ankara potrebbe far pace con il Partito dei lavoratori curdi (PKK), ma in ballo c’è anche il futuro di Erdogan🧵⤵️
Sintetizzando, lo stato turco sta trattando con Abdullah Öcalan, leader curdo del PKK detenuto da anni, perché il movimento metta fine alla lotta armata. A ottobre scorso il nazionalista turco Devlet Bahçeli avanzava anche l'ipotesi di liberarlo.
Non sono in pochi a ritenere che dietro l’iniziativa di Bahçeli ci sia lo stesso Erdoğan (i loro partiti MHP e AKP sono alleati). In questo modo, il presidente non perderebbe la faccia se l’operazione non riuscisse. Ma qual è il suo obiettivo?
L'idea di Trump di 'spostare' i palestinesi tra gli arabi (in Arabia Saudita, Giordania, Egitto, fate voi) non è affatto nuova. Circola da decenni, soprattutto negli ambienti della destra in Israele. Si basa sull'assunto che l'identità palestinese, semplicemente, non esiste 🧵⤵️
In ebraico le parole "Palestina" e "palestinesi" esistono, ma più che altro per necessità d'inventario. Gli israeliani usano quasi sempre la parola "arabi" per definire i palestinesi dei territori e quelli in Israele, che vengono chiamati anche Arabi del '48, Arabi interni etc.
L'idea che esistano gli arabi, ma non i palestinesi, si manifesta anche in personaggi come Yair Netanyahu, figlio di Bibi, secondo cui la Palestina non esiste perché in arabo non c'è il suono "P". In effetti Palestina in arabo di dice Filastin, ma non vuol dire nulla.
Allora, provo a spiegarla meglio. Da giorni dico che le SDF ("i curdi") devono trovare una via per avere un ruolo nella "nuova Siria". Oggi l'amministrazione del Rojava ha deciso di issare la bandiera dell'indipendenza siriana sugli edifici pubblici. È importante perché ⤵️🧵
Fino a poche ore fa, con residui ancora adesso, le SDF stavano combattendo contro le milizie filoturche dell'SNA (che al contrario di HTS sono a tutti gli effetti un asset di Ankara). Lo scenario è quindi quello di un paese ancora spaccato su questa linea
L'adozione della bandiera a tre stelle rosse (di fatto il nuovo vessillo della Siria) è un gesto di distensione molto forte. Soprattutto perché le milizie siriane filoturche lo hanno usato mentre combattevano le SDF (talvolta anche mentre combattevano come mercenari in Libia)
Trump è tornato. Ma cosa cambia per il Medio Oriente? Il suo primo mandato viene ricordato soprattutto per gli Accordi di Abramo, sostegno a Israele, spostamento dell'ambasciata a Gerusalemme e uscita dall'accordo nucleare con l'Iran. Oggi lo scenario è diverso?
Vediamo 🧵👇
Con gli Accordi di Abramo Trump ha favorito la normalizzazione tra Israele e 4 paesi: EAU, Bahrein, Sudan, Marocco. C'è da aspettarsi che li rilanci per far entrare il boccone più grosso: Arabia Saudita (che dopo il 7 ottobre ha frenato, ma non ha mai escluso un futuro ingresso)
All'epoca, pochi lo ricordano, Trump aveva promesso "qualcosa di buono" per i palestinesi in un "Accordo del secolo" che prevedeva, tra le altre cose, un'autostrada tra Gaza e Cisgiordania a 30 mt d'altezza sopra Israele. Ne scrissi qui: threadreaderapp.com/thread/1126449…
Perché Israele non ha ancora risposto all'Iran, a una settimana dall'attacco missilistico?
Difficile dirlo, ma secondo me c'è lavorio dietro le quinte perché la risposta sia forte e allo stesso tempo circoscritta. Ma cosa può fare Israele.
Spunti dal @nytimes 1/4👇
@nytimes @DeShindig @ChukNui @LorenzoNannetti @tincazzi @NessunLuogo24 Lo scenario più temuto è che Israele attacchi strutture del programma nucleare iraniano, impianti di produzione, arricchimento o miniere d'uranio.
Questa, però, è la linea rossa più ferrea sia per USA, tanto che Biden lo ha detto apertamente, che per Cina (come in Ucraina ndr)
@nytimes @DeShindig @ChukNui @LorenzoNannetti @tincazzi @NessunLuogo24 L'altra ipotesi è che Israele prenda di mira le strutture del petrolio, che sono tutte nel sud-ovest dell'Iran. Sarebbe grave: prezzi in fibrillazione a un mese dalle elezioni USA, coinvolglimento dei paesi arabi del Golfo e la Cina (primo importatore di petrolio iraniano)