#MdT 26/09/1983 - “E’ necessario eliminare il pagamento a piè di lista. Bisogna distribuire i fondi che servono, ma chi supererà il tetto prefissato dovrà risponderne”.
Una dichiarazione di buon senso appena espressa dal Ministro della Sanità del Governo Craxi.
Si chiama Costante Degan, Dc, cattolico.
Una persona perbene, capace di mettere ordine senza stravolgere.
Rispettoso di tutto e tutti.
Craxi ha tre obiettivi: una diversa politica dei redditi, la riduzione dei costi del sistema previdenziale e quelli del servizio sanitario.
l lavoro, quest’ultimo, proprio di Degan.
Sul primo punto ci sarà da ridere (o piangere) poiché su questo tema lo scontro col PCI è frontale.
Solo a parlare di blocco della scala mobile a qualcuno si sono già rizzati i capelli.
Vedremo come andrà a finire.
Degan è intenzionato a rispettare le sue dichiarazioni.
Non tanto l’inadeguatezza del servizio dato ai malati, ma per quanto riguarda il costo di questo servizio. Prima problema: quanti debiti ha la Sanità?
Nessuno lo sa, tanto meno il Ministero che di questo dovrebbe occuparsi.
L’unica cosa certa è che i gestori delle USL così mal gestite sono principalmente colleghi del suo partito. Infatti, su 647 USL il 58,7% sono gestite da democristiani.
Il 19,3% socialisti.
Il 17,9% al PCI e via via fino alle briciole.
I debiti sono enormi, tanto che fornitori e vincitori di appalti minacciano di fermare tutto.
E’ dura pensa Degan, soprattutto se nessuno sa esattamente quanti soldi servono.
#MdT 30/09/1983 - Il Governo è riunito.
L’ordine del giorno è: "gestione economica e finanziaria delle USL".
Hanno appena deliberato di istituire per ogni USL un collegio di revisori che accerti ammontare debiti, situazione patrimoniale e contabile ed eventuale necessità di spesa
Leggo il decreto legge 463 e resto sbalordito.
Per esempio su chi dovrà controllare la spesa delle USL gestite dalla politica.
Contabili o ragionieri? E quando mai.
Capito, sicuramente dovrà essere un revisore.
Niente di tutto questo.
Un solo requisito è necessario.
Il fatto di essere stati al servizio della Pubblica Amministrazione.
Di più.
Saranno nominati solo dal Ministero del Tesoro, dalle Regioni e dalle assemblee delle USL.
Tradotto significa che la politica, che controlla le USL e che ha causato tutti i disastri, sarà controllata e verificata... dalla politica.
Come fai a non definirli dei “fenomeni”.
E così tutto continuò come prima.
Con fatture gonfiate, appalti truccati, forniture inutili. La politica aveva vinto ancora una volta.
E i cittadini?
Continuarono a non capire che accettando di fatto queste situazioni stavano distruggendo il futuro dei loro figli.
E i debiti dei fornitori?
Insistono nel voler essere pagati prima della famosa relazione dei revisori.
Che fare? Semplice.
I politici sono o non sono dei fenomeni?
Paghiamoli questi debiti.
Come?
Autorizzando chi ha debiti... a contrarne di nuovi per pagare quelli vecchi.
Debiti arretrati, interessi che si sommano ad altri debiti, a cui si aggiunge sicuramente un prezzo elevato a causa della corruzione.
E infatti.
Servono soldi. Soldi a volontà.
Degan ha appena dichiarato che quelli previsti dalla finanziaria ’84 non bastano.
Soldi, è bene dirlo, già aumentati del 10% rispetto all'anno precedente.
Ora ne serve un altro 10%.
Soldi, sprechi, soldi e sprechi.
Arriviamo agli anni '90
La situazione è degenerata, ma i partiti di governo hanno sempre esercitato sulle unità sanitarie un controllo serrato.
In pratica spesa, assunzioni e sprechi sono sempre state lasciati degenerare in santa pace.
Francesco De Lorenzo, non perdeva occasione per farsi bello sfoggiando il suo impegno per riformare il sistema sanitario.
L'Italia dava i primi segni di insofferenza e disgusto. Nel nord, alle elezioni regionali, alcune forze politiche si facevano chiamare "leghe" e non partiti.
E dopo le regionali presentò il suo "libro bianco".
E furono accuse precise, circostanziate.
I responsabili delle USL candidati alle elezioni che stampavano volantini a spese dell'unità sanitaria, auto e carte di credito delle USL utilizzate in campagna elettorale
Ispettori della Tesoreria e del Tesoro compilarono anche loro un dossier sulle USL.
Da museo del crimine.
Assunzioni illecite, promozioni senza merito, ricette inventate, ospedali pubblici vuoti e cliniche private piene.
Assenteismo e inefficienza all'ordine del giorno.
In una USL acquistati in un anno 7.500 termometri al costo di 13 milioni.
Sparirono tutti.
Per non parlare della sparizione dei farmaci. D'altronde nel 1985 Cappiello procuratore della Corte dei Conti aveva scritto: i bilanci di 9 USL su 10 sono frutto di sprechi e malaffare.
De Lorenzo denunciava le irregolarità.
Quando però la magistratura cominciò a dedicarsi a lui scoprirono che si faceva dare dai produttori di medicine non solo miliardi (che finivano nelle casse del partito), ma anche quadri antichi, tappeti e gioielli
Furono anni così.
Con ministri come De Lorenzo, ma anche come Prandini, responsabile Lavori Pubblici
Che a fine luglio "impose regole più severe contro la giungla degli appalti
Così titolarono i giornali.
Purtroppo il salto dai "requisiti" alla modalità non fu mai effettuato
Parliamo di appalti e mondiali di calcio.
Nel 1989 erano stati stanziati per stadi e opere pubbliche 3.151 miliardi di lire.
Dopo i mondiali il ministro Conte fornì il primo bilancio.
Il conto era salito a 6.868 miliardi di lire.
All'Anas assegnati 688, spesi 2.781 miliardi.
Conte in Parlamento tranquillizzò tutti dicendo che era tutto regolare.
Vista l'urgenza avevano assegnato velocemente 757 appalti di cui 656 a "trattativa privata".
Si erano svolte con asta pubblica "solo" il 2,6% del totale.
Una cosa che in Italia non bisogna mai fare.
Dettaglio finale: i progetti per l'inizio dei campionati erano 233, ma solo 95 erano stati realizzati.
80 avevano completamenti "marginali" dissero Conte e Prandini, 58 non erano stati realizzati. Nessuno scoppiò a ridere e Conte e Prandini continuarono ad amministrare il Paese.
Ma torniamo alla Sanità.
Tra sprechi, ruberie, appalti truccati, furti negli ospedali e qualche caso eclatante.
Come nel 1998, quando si scoprì che nella ASL Napoli 5 un medico di famiglia aveva prescritto in un solo anno clisteri per 3 miliardi di Lire.
Prosit.
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Vi giuro, ho fatto quello che potevo.
E’ tutto registrato.
Il radiocronista Andrew West lo stava intervistando.
“Sono qui. Rafer ha afferrato l’uomo che ha sparato.
Prendigli la pistola. Il dito…il dito…prendi l’arma Rafer. Bravo, l’hai preso”.
L’ho preso, bloccato, è vero, ma troppo tardi.
Quel giorno di più non potevo fare.
E mi dispiace.
Da morire.
Non essere riuscito a salvargli la vita, intendo.
Un dispiacere che non ho mai dimenticato.
Mi chiamo Rafer Johnson e sono nato a Hillsboro, Texas, il 18 agosto 1934.
Papà voleva darci un futuro migliore di una baracca senza elettricità e impianto idraulico.
Per questo, all’età di nove anni, ci eravamo trasferiti con mio fratello Jim a Kingsburg, in California.
La storia ha inizio in una grande città dove i suoi 242.000 abitanti convivono con 20.000 immigrati italiani.
Convivere?
Parola grossa, perché i rapporti non sono certo dei migliori.
Gli italiani sono accusati dagli abitanti di accettare stipendi da fame rubando loro il lavoro.
A parte qualche centinaio di malavitosi (due le organizzazioni criminali “Mafia” e “Mano nera”) gli italiani fanno solitamente i lavori più umili e faticosi: braccianti agricoli, calzolai, minatori, lavoratori ferrovie, spazzini, stagnini.
Se sono fortunati venditori ambulanti.
Gli scontri sono all'ordine del giorno e i rapporti sempre tesi.
Gli immigrati non sono tutti cittadini modello, anzi.
Alcuni di loro hanno precedenti penali.
Altri, dopo essere sfuggiti a mandati di cattura in Italia, sono arrivati in città pronti a delinquere di nuovo.
Ogni volta è uno spasso.
Guardare Johannes che apre uno di quegli scatoloni che tiene custoditi gelosamente.
A volte un’etichetta ingiallita lo aiuta.
Il più delle volte nemmeno si ricorda di aver avuto certa roba.
E’ l’età, ma meglio evitare di dirglielo.
Che se mi sente chiamare “roba” le sue cose, rischio pelo e contropelo.
Rovistando in uno di questi scatoloni ha trovato un vecchio volumetto, regalo del suo vecchio maestro di chitarra. In gioventù.
Ha scoperto di me sfogliandolo.
Di me come fonte d’ispirazione, intendo.
Il volumetto ha per titolo “L’arte antica e moderna. Scelta di composizioni per pianoforte”.
E’ uno dei 21 volumetti credo, realizzati da Giovanni Ricordi a partire dal 1864.
Questo riporta solo una data, scritta a mano “1890-91”.
In quel 1988 la Corte dei Conti era stata chiara a commento del relativo contesto economico-finanziario.
«Si evidenziano margini sempre più ristretti e il crescente affanno di un’azione di rientro che tutt’ora rifugge dallo scontro diretto con i nodi strutturali»
«Non è più percorribile la strada dell’anticipo dei versamenti d’imposta, che in varie occasioni ha già portato a riprendere anticipi degli anticipi, che non di rado hanno scaricato effetti negativi sugli esercizi susseguenti.
Un parere globale negativo, insomma.
Inoltre.
La Corte insiste sul «mancato sfruttamento delle favorevoli condizioni dell’economia».
Il messaggio è rivolto a lui, che il 21 marzo 1988 ha ricevuto da Cossiga l’incarico di formare il nuovo governo.
E che il 13 aprile si è seduto dietro la scrivania di Palazzo Chigi.
È il 31 gennaio 1969.
Il luogo? Viareggio.
Ermanno Lavorini esce di casa alle due e mezza del pomeriggio sulla sua bicicletta rossa, nuova fiammante.
Ha dodici anni, un ragazzino lindo, "tenuto come una statuina di porcellana dai genitori".
Il papà si è fatto da solo.
Lavorando come un mulo, girando mercati di paesi e città.
Era stato anche a Milano, vendendo biancheria.
Aveva guadagnato bene.
Ora ha un bel negozio di stoffe nel centro di Viareggio e sopra ci ha costruito un palazzo.
Dove abita con la famiglia.
Stesso giorno - Ore 15.00.
La mamma allarmata comincia a chiamare in negozio la figlia Marinella.
Ore 18.00, un altro squillo.
Marinella risponde e lancia un urlo.
"Ermanno rientrerà dopo cena. Dica al suo babbo di preparare quindici milioni e di non avvertire la polizia".
E' il 23 giugno 1978.
Siamo a Seregno, via Ballerini, a pochi passi dal centro della città.
All’improvviso, sul lato della scuola elementare Umberto Primo, un boato.
Un’esplosione e tante fiamme.
E poi fumo, tanto fumo.
E urla, tante urla.
Un giovane è avvolto dalle fiamme, mentre i suoi due compagni a terra si lamentano, colpiti dai frammenti del recipiente metallico che conteneva l'esplosivo.
Vengono caricati e portati al centro grandi ustionati del Niguarda.
Chi sono i tre ragazzi?
I giovani sono tutti di Seregno.
Il più grave è Rossano Barbiere 15 anni.
Gli altri due sono Roberto Cocozza, 17 anni e Roberto Girondi, 17 anni.
Sono riusciti solo per un attimo a dire che avevano visto per strada un involucro.
Incuriositi si erano avvicinati.
Poi l'esplosione