Il fatto che il Tour de France questo sabato parta da Bilbao e che io lo segua da Húsavík mi sembra un’ottima ragione per accennare finalmente all'incredibile storia di mare e delitti che lega i Paesi Baschi e l'Islanda, che uno direbbe che c'azzeccano, e invece. 🧵
Partiamo da una nozione geografica, e cioè che, imbarcandosi dalla costa basca e procedendo in direzione nord-ovest, per giorni e giorni di navigazione non s'incontra nulla se non l'Atlantico spesso burrascoso e poi, dopo un bel po', gli speroni dei Fiordi Occidentali islandesi.
Da sempre provetti balenieri ("gli uomini più scaltri in questo tipo di pesca", secondo l'esploratore Samuel de Champlain), era inevitabile che prima o poi i pescatori baschi toccassero l'Islanda, le cui acque bazzicarono dal 1410 al 1615, quando avvenne il disastro che segue.
Era un’estate freddissima, il ghiaccio a ingolfare i fiordi sino a estate inoltrata. Tre vascelli baschi di stanza nel Reykjarfjörður provarono a ripartire a metà settembre, ma un’improvvisa tempesta li spinse contro la scogliera. Gli 80 sopravvissuti restarono così in Islanda.
A ottobre alcuni di essi fecero irruzione nel deposito di un commerciante di Þingeyri e rubarono una certa quantità di pesce essiccato. La vendetta non si fece attendere: poche notti dopo, un clan di islandesi aggredì i baschi. Ne uccisero 14, i cadaveri mutilati e gettati a mare
Tre giorni dopo, il consiglio di Súðavík bandì tutti i baschi dai fiordi, stabilendo per legge il diritto di ucciderne il maggior numero possibile. Via libera dunque ad accoltellamenti, colpi d'ascia, lapidazioni e altre simpatiche torture che fecero in tutto oltre 30 vittime.
Tutte queste cose le conosciamo per due motivi. Il primo è che Jón Guðmundsson il Dotto, celebre stregone dell'epoca, condannò per iscritto i crimini dei suoi corregionali. (Lo Spánverjavígin, "il massacro degli spagnoli", è l'ultimo massacro documentato della storia d'Islanda.)
Il secondo è che la vicenda è tornata prepotentemente in auge nel 2015, quando, a 400 anni dagli avvenimenti, l’editto sulla libera uccisione dei baschi nei fiordi occidentali fu infine revocato. Nei quattro secoli precedenti nessuno si era infatti curato di abolirlo formalmente.
Alla presenza di un discendente delle vittime e di uno degli assassini, del governatore dei Fiordi Occidentali, di quello della provincia di Gipuzkoa e di alcuni visitatori baschi, una stele commemorativa fu inaugurata nel villaggio di Hólmavík come simbolo di pace.
(Il governatore islandese specificò nell’occasione che trattavasi di un semplice gesto, dal momento che «le leggi islandesi moderne già vietano di uccidere chiunque, baschi inclusi.»)
Oltre alla stele di Hólmavík, i due secoli di contatti commercial-truculenti tra islandesi e baschi rivivono anche nei sorprendenti studi sul linguaggio che i due popoli utilizzavano per comunicare. A partire dal 1937 è stato infatti via via riscoperto il PIDGIN BASCO-ISLANDESE.
Si tratta di una serie di glossari (l’ultimo ritrovato nel 2008) che riportano parole o intere frasi di uso comune grazie alle quali balenieri e locali riuscivano a capirsi, in uno straordinario misto non solo di lingua basca e islandese, ma anche di francese, spagnolo e inglese.
Il Vocabula Biscaica, per esempio, contiene 229 lemmi del suddetto pidgin. Notevoli – nonché molto utili all’epoca, immagino – il 220 (Per quanti calzini?) e il 224 (Quando Cristo e Maria mi daranno una balena, ti darò la coda). Sì: i vari "for mi" e "for ju" vengono dall'inglese
C’è anche una sezione dedicata agli insulti (pure questi direi utili), che non ha bisogno di troppe interpretazioni. “Sickutta Samaria” e “Serda merina” suonano entrambe benissimo, dunque viva i Paesi Baschi e viva l’Islanda – e già che ci siamo viva anche il Tour de France ✌️
Albert Guðmundsson è arrivato oggi al tribunale di Reykjavík, ed è ovviamente la notizia di apertura dei principali siti di informazione islandesi. L’incredibile tipo a destra nella foto è il suo avvocato, un personaggio che, credetemi, ha poco da invidiare a Saul Goodman 👇
Vilhjálmur H. Vilhjálmsson, detto Villi, è un’autentica celebrità in Islanda. Le opinioni sul suo conto sono - diciamo così - contrastanti, ma a lui non frega nulla. Ama profondamente l'Italia (Napoli soprattutto), e queste sono quattro emblematiche foto dal suo Instagram:
Allora, vi confermo che siamo al cospetto di un gigante.
Cominciamo dal calcio, che Villi ha praticato fino al 2004, con circa 20 presenze nella A islandese. La sua carriera si è incrociata brevemente con quella di Hallfreðsson, che definisce «una leggenda del calcio italiano».
In seguito a una segnalazione di @signord, ho scoperto il seguente modo di dire islandese, oggi purtroppo in disuso: “Það er ekki hér, sem úti í Bár", che significa alla lettera "Qua non è come a Bari", dove la città pugliese è un riferimento di irraggiungibile grandiosità 🤩
La storia è che nell'Islanda medievale il culto dei santi cattolici era diffuso e sentito, e San Nicola tra le figure più amate. Bari figurava pertanto tra le tappe di numerosi pellegrinaggi e, di ritorno nella povera Islanda, i fedeli riferivano di una città ricca e fiorente.
Nel manoscritto del 1157 intitolato Leidarvísir - una sorta di guida turistica per pellegrini diretti in Italia e
Terra Santa - sono numerose le località di passaggio islandesizzate dall'autore. Da Trán (Trani), alle meravigliose Málfetaborg (Molfetta), e Bissenuborg, (Bisceglie)
Sembra sia questione di «giorni o ore» prima del prossimo evento eruttivo nella penisola di Reykjanes. Questa volta però la situazione è molto più preoccupante. Lo sciame sismico insiste nei pressi della famosa Blue Lagoon, a pochissimi chilometri dal villaggio di Grindavík 😬
Secondo i vulcanologi, ci sono nuovi segnali che indicano risalita di magma nell'area. La Blue Lagoon continua a rimanere operativa, ma sia il sito che lo staff della struttura informano i visitatori riguardo la situazione di incertezza.
Ci sono però voci che chiedono la chiusura della spa. L'ing. Sveinn Gauti Einarsson è molto diretto: «Se l'eruzione iniziasse sotto la Blue Lagoon, in due minuti l'acqua bollirebbe. Le persone non avrebbero il tempo di fuggire. Sarebbe la più grave tragedia dell'Islanda moderna».
Mi è stato fatto notare che non ho dedicato il giusto spazio all'incredibile vicenda giudiziaria che contrappone l'Islanda (lo stato) a Iceland Foods Ltd (una catena di supermercati) per l'uso del nome "Iceland". Il caso si è riaperto dieci giorni fa, tocca parlarne un attimo.
Tutto comincia nel novembre del 1970 a Oswestry, 15mila abitanti al confine tra Inghilterra e Galles, allorché due giovani dipendenti della catena Woolworths decidono di mettersi in proprio aprendo un negozio specializzato nella vendita di prodotti surgelati. Lo chiamano Iceland.
L'idea di Malcolm Walker e Peter Hinchcliffe è vincente. In quegli anni frigoriferi e congelatori sono sempre più comuni nelle case degli inglesi: nel 1975 Iceland ha già 15 punti vendita nel nord del Galles; 28 nel 1978, anno in cui viene inaugurata la sede di Manchester.
L'argomento caldo stasera alla birreria di Húsavík è il progetto di un palazzo di 5 piani, che sarebbe l'edificio più alto del villaggio ma che trova la ferma opposizione dei pompieri locali, il cui mezzo attuale non è dotato di scala lunga a sufficienza (cambiarla costa troppo).
Doveroso aggiungere che questi nuovi appartamenti non sarebbero acquistabili per legge da persone con meno di 55 anni d'età: fanno infatti parte di un piano pensato per far spostare le persone più adulte in abitazioni più piccole, liberando le loro solitamente spaziosissime case.
Mi viene infatti spiegato che intorno ai 60 anni gli islandesi avvertono l'insopprimibile esigenza di liberarsi di tutto ciò che è superfluo, nello specifico degli oggetti accumulati nel tempo che non servono più, e che alla loro morte sarebbero un inutile ingombro per gli eredi.
Si è conclusa domenica sera la prima stagione di Verbúðin (resa in inglese come 'Blackport'), la serie che in molti considerano il miglior prodotto di sempre della tv islandese. Diciamo, tanto per cominciare, che non è un nordic noir. Il tema centrale qui è la pesca al merluzzo🐟
Meglio: è la storia di un gruppo di amici che fonda un piccolo impero ittico in un villaggio dei Fiordi Occidentali. Siamo negli anni '80, e l'Islanda sta per introdurre il sistema delle quote per regolamentare la pesca: una rivoluzione che sconvolgerà le vite dei protagonisti.
Il contesto storico/politico è infatti un pretesto per raccontare una piccola grande storia, molto ben congegnata, di sogni, passioni, avidità, tradimenti, morte. C'è l'oceano, c'è l'inverno; ci sono sesso, sangue (quanto basta), vasche di pesce in cui farsi un bagno la notte;