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Jul 26 20 tweets 6 min read Twitter logo Read on Twitter
Questa è una storia che racconto ogni anno.
Falcone e Borsellino non verranno mai dimenticati. Abbiamo dedicato loro piazze, vie e monumenti.
Alle vittime invisibili niente, o molto poco.
Giusto quindi mantenere viva la loro memoria.
Almeno fino a quando Mister X me lo permetterà
Ci sono date che è impossibile dimenticare.
Per esempio il 19 luglio, una settimana fa.
In quel giorno, nel 1992, la morte di Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta.
Poi ci sono date spesso dimenticate, come oggi, 26 luglio.
Oggi è il 26 luglio 1992.
Il 19 luglio scorso in via D'Amelio hanno perso la vita in un attentato il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta.
I loro nomi: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Image
Una data impossibile da dimenticare.
Un fardello insopportabile che scuote ancora la coscienza di tutti i cittadini per quelle vittime innocenti.
Voi vi ricordate di sei vittime di quella strage.
Non furono solo sei, ma sette.
Come lo so?
Perché la settima vittima sono io. Image
Mi chiamo Rita e sono nata il 4 settembre 1974 a Partanna in provincia di Trapani.
Con una maledizione addosso, che mi avrebbe perseguitato per tutta la vita.
Un triste destino il mio, fin da piccola.
Tutti i maschi a cui volevo bene sono stati uccisi dalla mafia. Image
Avevo undici anni quel giorno del 1985 quando persi papà Vito ucciso in un agguato tra mafiosi.
Dopo la sua morte mi legai molto a mio fratello Nicola. Da lui, anch'egli mafioso, raccolsi le più intime confidenze sugli affari e sulle dinamiche mafiose a Partanna e dintorni.
Ma nel 1991 anche lui fu ucciso.
La moglie, Piera Aiello, era presente all'omicidio per questo denunciò i due assassini collaborando con la polizia.
Feci lo stesso.
Seguendo le orme di mia cognata cercai nella magistratura giustizia per tutte quelle morti. Image
E così ci presentammo insieme alla Procura di Marsala.
Grazie alle confidenze di mio fratello Nicola testimoniai contro i mafiosi di Partanna, Sciacca e Marsala.
A raccogliere le mie testimonianze e quelle di mia cognata Piera c’era lui, il procuratore Paolo Borsellino. Image
Paolo Borsellino diventò come un padre per me.
Uno zio, via.
“Rituzza” mi chiamava.
Grazie a me, a mia cognata Aiello e a Rosalba Triolo. Borsellino aveva potuto attuare due blitz contro le famiglie contrapposte degli Ingoglia e degli Acciardo.
Troppo pericoloso rimanere in paese.
Per questo fui messa sotto tutela del Servizio centrale di protezione, perché "testimone di giustizia".
Vivo ormai isolata, costretta a frequenti cambi di residenza.
Il 19 luglio scorso sono stata trasferita a Roma. Image
Dove sono ora, in via Amelia al numero 23, al Tuscolano, in uno dei tanti palazzoni alti dieci piani. L’appartamento è piccolo, ma sicuro.
Nessuno sa chi sono e perché sono qui.
La cosa che più mi addolora?
Essere stata rinnegata da mia madre.
Come detto oggi è il 26 luglio 1992.
Appena arrivata a Roma ho saputo cos'è successo allo "zio Paolo".
Sono distrutta.
Sono giorni che giro nervosamente per casa.
“Cosa ne sarà di me? Ormai siamo fritti, ora non c’è più nessuno che ci protegge. Nessuno”.
Il 26 luglio 1992 era una domenica afosa a Roma.
Alle due del pomeriggio Rita chiuse la porta dell’appartamento al settimo piano e spalancò la finestra.
Era in pigiama, a piedi nudi.
Il silenzio della strada deserta fu rotto dal rumore di un tonfo.
Senza un grido. Image
Rita, non ancora diciottenne, lasciò sul tavolo un biglietto con scritto: “Sono rimasta sconvolta dall’uccisione del procuratore Borsellino. Adesso non c’è più chi mi protegge, sono avvilita, non ce la faccio più”.
Le sue paure avevano vinto. Image
Ai funerali di Rita, a Partanna, c’erano solo donne a renderle l’ultimo saluto.
A portare in spalla la bara fino al cimitero.
Sui muri nessun manifesto.
Niente lutto. Niente serrande abbassate.
Niente silenzio per le strade come al funerale del vecchio boss del clan dei Cannata Image
"Allora si fermarono tutti, la bara passava e la gente la copriva di fiori”.
Per Rita niente funzione in chiesa, solo un piccolo rito al cimitero.
A interrompere Don Russo, che parlava solo di peccati, ci pensarono le donne.
”Rita non ha peccato, non lasceremo più una donna sola”
Tante donne, arrivate da Palermo, da Roma, da Bologna.
Tante. Tantissime.
Ma non la madre, che in seguito distruggerà a martellate la lapide della figlia sulla tomba di famiglia, per cancellare la presenza di una "fimmina lingua longa e amica degli sbirri". Image
Per lungo tempo la memoria di Rita non troverà pace, e per molto tempo la sua tomba non avrà una foto a ricordare la "picciridda". Image
La storia di Rita è quella di una ragazza che per la prima volta aveva trovato nella vita cose pulite.
E aveva capito la "differenza tra le cose sporche in cui aveva vissuto e quelle pulite che aveva trovato".
Rita Atria.
La settima vittima di via D'Amelio. Image
Anna Maria Atria, sorella di Rita, non è mai stata convinta del suicidio della sorella.
Per questo ha presentato, insieme alla co-fondatrice dell’Associazione antimafia Rita Atria, Nadia Furnari, un esposto alla Procura di Roma per chiedere la riapertura delle indagini.

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Jul 27
Effettivamente non ho fatto nulla di speciale.
Forse hanno ragione coloro che dicono che non ho fatto niente per avere un riconoscimento.
Non ho salvato nessuno e non ho fatto nessun gesto eroico.
Ma anche solo ricordare cos'è accaduto quel 27 luglio 1993 è devastante per me.
Oggi tutti ricordano quel giorno.
E quei morti.
Come è giusto.
I vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno.
Ricordano Moussafir Driss, quel povero marocchino che dormiva sulla panchina.
E anche lui, l'agente di polizia municipale Alessandro Ferrari.
Povero Alessandro.
Lui era di turno proprio quella sera .
Doveva essere una serata come tante. Invece. Alessandro era nato a Gandino in provincia di Bergamo e aveva trascorso l'infanzia con il padre Agostino, sarto, e la mamma Elisabetta Moro. Image
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Jul 24
L’amnistia Togliatti fu una misura di riconciliazione molto generosa, che non venne presa da nessun altro Paese dell’Europa occidentale.
Certo, alla vigilia del referendum monarchia-repubblica, (2 giugno 1946) i voti dei fascisti fanno comodo. Image
Fascisti che ritengono la monarchia disonorata ormai con l’armistizio del 1943.
Togliatti si illude.
L’ex vicesegretario del PNF, il latitante Pino Romualdi dirà che: “…sarebbe stato almeno puerile che ci fossimo adoperati […] a favore della monarchia o della Repubblica”. Image
Insomma.
Loro erano per una linea di condotta che fosse utile soltanto a loro stessi.
Comunque.
In quel periodo in prigione ci sono circa 50 mila fascisti.
Il Partito d’azione e i vertici del Psi sono contrari ad ogni trattativa coi fascisti.
Nel Pci ci sono tendenze contrapposte
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Jul 22
Le foto sono del mio collega David Sherman.
Il giorno?
Il 30 aprile 1945.
Il luogo?
Un’abitazione a Monaco, al 16 di Prinzregentenplatz. Io che faccio il bagno, mentre il proprietario dell’appartamento si toglieva la vita in un bunker di Berlino.
Image
Image
Non ero in quell’appartamento per caso.
Lo avevo fatto intenzionalmente.
Volevo lavarmi dallo sporco che mi aveva ricoperta durante la visita al campo di concentramento di Dachau.
Un bagno nella vasca di Hitler. Image
Mi chiamo Lee Miller e sono nata a Poughkeepsie, nello stato di New York il 23 aprile 1907.
Papà Theodore era un inventore tedesco con la passione della fotografia.
Una passione che mi aveva trasmesso fin da piccola. Image
Read 15 tweets
Jul 20
Due giorni fa vi ho raccontato la storia di Timoclea che uccise il suo stupratore gettandolo in un pozzo.
Il gesto fu ben rappresentato nel 1659 da una incredibile pittrice, Elisabetta Sirani.
Il quadro si intitola: ” Timoclea uccide il capitano di Alessandro Magno” Image
Ho concluso con “Elisabetta Sirani, nata a Bologna nel 1638.
Morta a soli 27 anni.
Uccisa da una peritonite?
Da una domestica?
Da una sua allieva?
Da suo padre?
Nessuno lo sa con certezza.
Ma questa, è un’altra storia”.
Ed eccola la storia. Image
Come detto Elisabetta Sirani nacque Bologna nel 1638.
Il padre si chiamava Giovanni Andrea Sirani celebre pittore bolognese.
Mamma Margherita oltre ad Elisabetta, aveva avuto altri tre figlioli.
Barbara, Anna Maria, ed Antonio Maria.
Quest’ultimo studiò medicina.
Read 25 tweets
Jul 18
«Dopo aver conversato nei “Dialoghi col passato” con Epaminonda, il tebano che mise fine all’egemonia di Sparta, avevo promesso di raccontare la sorte del battaglione sacro.

Un attimo, Teagene (di Beozia).
Devo fare una premessa. Poi sono da te». Image
«Dopo la morte di Pelopida prima (364 a.C.) e di Epaminonda poi (362 a.C.), Tebe, senza i suoi due valorosi generali e senza le risorse economiche per mantenere un esercito per controllare la Grecia, non fu in grado di conservare il suo predominio sulle città greche».
«Non solo.
Il potere di Tebe era basato soprattutto sulla figura di Pelopida ed Epaminonda e non su una reale capacità di attrarre intorno a sé le altre polis, come invece erano state capaci di fare Atene e Sparta.
Tutto ciò favorì l’ascesa dei Macedoni».
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Jul 16
Kathrine Switzer.
La mitica Kathrine Switzer.
Per tutti la prima donna a correre la Maratona di Boston.
In realtà lei fu la prima donna iscritta con un pettorale, il 261.
Iscritta con uno stratagemma, visto che per noi donne era vietato correre la maratona.
Perché era vietato?
Perchè rischiavamo l’infertilità.
Così dicevano i medici.
Al massimo potevamo correre gli 800 metri.
Kathrine, 20 anni, era stata costretta ad iscriversi solo con le iniziali: K.V. Switzer.
E così era partita con accanto il fidanzato, lanciatore di martello. Image
E per fortuna.
Perché ad un certo punto Il direttore di gara Jock Semple la vide.
Una donna alla maratona? Nel 1967?
Non sia mai.
Fu allora che la prese alle spalle cercando di gettarla da parte urlando “vattene e dammi quel numero”. Image
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