Thread by @JohannesBuckler

Certo che sono contenta per quella caserma degli alpini di Paluzza, unica in Italia a portare il nome di una donna. Il mio, Maria Plozner Mentil. Ma sapete una cosa? Avreste dovuto intitolare una caserma ad ognuna di noi.
Per quello che siamo state. Per quello che abbiamo fatto.

Inutile cercarci sui libri di storia. Forse perché abbiamo combattuto senza armi e senza elmetti. Ma vi assicuro che abbiamo avuto un ruolo importante. Quei ragazzi al fronte potevano essere i nostri mariti, i nostri figli o i nostri fratelli. Il periodo? Dal 1915 al 1917.

Sono nata nel 1884 a Timau, una frazione di Paluzza, in provincia di Udine. C’è poco da raccontare sulla mia vita prima della guerra. Orfana fin da bambina, quello che vi posso dire è che ero sposata e avevo quattro figli quando Giuseppe, mio marito, partì per il fronte.

Rimasi così sola, coi figli piccoli e il marito sul Carso. Quando venni a sapere di quell’appello. Dovete sapere che la mia zona, la Carnia, era un zona altamente strategica. La difesa del Passo Monte Croce Carnico era fondamentale per impedire all’esercito austriaco di sfondare.

C’erano 10-12 mila uomini a difendere quella zona. Con un problema. Un grosso problema. I depositi di vettovaglie, munizioni, medicinali e attrezzi vari erano a valle.
I nostri soldati in alto. Lontani. Difficili da raggiungere.

Per questo avevamo risposto all’appello.
Si richiedevano donne per trasportare i rifornimenti dalle retrovie alla prima linea.
Mi offri volontaria. E come me altre donne del luogo, tra i 15 ed i 60 anni.
Diventammo così “portatrici”.
Le “portatrici carniche".

Compenso di lire 1.50 al giorno. Nessuna legge ci obbligava, ma sapevamo che molti dei soldati erano stati reclutati nel nostro territorio. All’alba di ogni giorno ci presentavamo con le nostre gerle vuote.
Che venivano riempite con medicinali, viveri, persino granate.

Dai 30 ai 40 chilogrammi da portare in spalla e superare dislivelli dai 600 ai 1200 metri. Ogni marcia durava dalle due alle cinque ore per arrivare alla linea del fronte. Per giorni. Per mesi. Fino a quel 15 febbraio 1916. Le ore? Le undici del mattino.

Prima di partire avevo dato il latte ai miei bambini. Anche al più piccolo di sei mesi. Ero con la Rosalia Primus Bellina nei pressi delle Rocce Malpasso. Stanche. Sedute a riposare e a mangiare un boccone dopo aver svuotato le gerle. Quando improvvisamente…

Avrei dovuto fare più attenzione. A quel cecchino appostato sul Koeder Alm, intendo. Sentii un forte bruciore al fianco destro prima di svenire. Fu Rosalia a soccorrermi per prima. Poi gli alpini mi trasportarono al posto di medicazione più vicino.

Mi ero ripresa. Ricordo che mi fasciarono sotto la spalla destra. Mi diedero prima del cognac e poi del caffe latte. Mi ritrovai a passare la notte a Paluzza, nelle scuole elementari adibite ad ospedale da campo. Non ricordo altro. Perché morii quella notte stessa. Avevo 32 anni.

Un’ultima cosa. All’inizio vi ho detto che la caserma degli alpini di Paluzza porta il mio nome. A dire la verità, portava il mio nome.
Con il servizio volontario sono cambiate le necessità. E così nel 2016 l’ultimo l’ammainabandiera e la demolizione.
Un vero peccato.

Maria Plozner Mentil è sepolta nel tempio ossario di Timau, tra 1763 caduti sul fronte carnico. Nel 1997, il presidente Scalfaro ha conferito,"MOTU PROPRIO", alla sua memoria la medaglia d’oro al valor militare, come rappresentante di tutte le Portatrici.

Nel 2005 è morta l’ultima portatrice, Lina della Pietra. Aveva 104 anni. Un addio silenzioso. Nessuno si è ricordato di lei. Nessuno si ricorda più delle “portatrici carniche” e del loro eroismo.

Nessuno, tranne lei, @Ilaria_Tuti . Con un libro appena uscito, “Fiore di roccia”, racconta
“La storia vera di quelle donne che hanno concorso a scrivere la Storia della Prima guerra mondiale tra le montagne friulane”
Grazie Ilaria.
@LibriLonganesi
bit.ly/2MVujXL

Un ringraziamento particolare al Museo della Grande Guerra di Timau e al suo direttore per aver concesso l’utilizzo delle fotografie delle “portatrici carniche”.
museograndeguerratimau.com