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Non potevo certo restare senza far niente. Sono entrata alla Marian Hall, casa per anziani in Pennsylvania, nel dicembre del 1983. Esattamente due anni fa. Ed ho subito pensato a come rendermi utile. I miei quasi settan’anni non erano certo un impedimento o un freno. Anzi.
E così, tramite le mie conoscenze, mi ero procurata un personal computer, un Apple IIe. Era uscito nel gennaio dello stesso anno, terzo modello della serie Apple II. La “e” stava per enhanced (migliorato).
Includeva alcune funzionalità che gli utenti di Apple II avevano avuto solo come opzioni a pagamento. Un numero impressionante di slot di espansione, una visualizzazione di 80 colonne di testo, 64 KB di RAM (espandibile fino a 128 KB) e, per la prima volta, le lettere minuscole.
Lo so cosa state pensando. Il 1983, una vecchia di oltre settant’anni e un personal computer all’avanguardia.
Che ci azzecca? Ci azzecca, eccome.
Perché con quello organizzai un corso per i degenti della casa di riposo.
Avevo una bella classe. Dodici studenti, di cui 4 in carrozzina, due con le stampelle e uno quasi cieco. Età media 80 anni.
Insieme creammo un programma per organizzare i pasti. Poi un altro per monitorare i medicinali che dovevano prendere. Poi il dolore diventò insopportabile.
E ora sono qui a letto. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Ma facendo un bilancio della mia vita non posso essere triste. Perchè sono riuscita a viverla come avevo sempre voluto. In mezzo a quelle macchine. Lo avevo capito subito che ci potevano migliorare la vita
Non era stato facile. E non solo perchè ero una donna. Vi spiego.
Mi chiamo Mary Kenneth Keller e sono nata a Cleveland, Ohio, nel 1913. Avevo 19 anni quando decisi di entrare in noviziato nelle scuole delle Suore della Carità della Beata Vergine Maria.
Era il 1932. Già. Ero donna ed ero suora. E talmente brava a scuola che fu la stessa congregazione a darmi il permesso, dopo i voti perpetui, di prendere una laurea in matematica alla Università DePaul di Chicago. Ero lì quando lo incontrai.
Il computer, intendo.
«Andai a vederne uno e non tornai più indietro» Erano elaboratori sofisticatissimi appannaggio di centri specializzati.
Lo capii fin dall’inizio.
«Non ci sono abbastanza persone in grado di usarne uno e presto sarà un’emergenza».
Nel 1953 conseguii un master in Matematica e Fisica. E nel 1958 diventai la prima donna a essere ammessa nelle sale per computer dell’Università di Darmouth, New Hampshire. Era scritto in modo chiaro nello statuto. In quelle sale potevano entrare solo uomini.
Una donna in sala computer? Una suora poi. Ma mi ci volle molto poco per guadagnare la stima dei mie colleghi. Ero una bravissima programmatrice. Fu con loro che lavorai allo sviluppo di un nuovo linguaggio di programmazione, il BASIC.
Avevo poco più di cinquant’anni quando conseguii un dottorato in informatica all’Università del Wisconsin. La prima donna. E uno dei primi due dottorati in informatica del mondo insieme a quello di Irving Tang dell’Università di Washington.
Ottenni un posto da docente presso il Clarke College di Dubuque istituto per sole donne fondato e gestito dalle Suore della Carità. Creai uno dei primi dipartimenti di informatica degli USA, che diressi per quasi vent’anni.
Mi chiamavano “il computer di Clarke”.
Suor Mary era entrata alla Marian Hall, casa per anziani perché le avevano diagnosticato un cancro. Ma voleva rendersi utile anche negli ultimi giorni di vita. Per questo aveva organizzato un corso per i degenti della casa di riposo. E’ morta il 10 gennaio 1985 a 71 anni.
Suor Mary Kenneth Keller si è spinta oltre il semplice utilizzo di un computer. Era convinta che tutte quelle informazioni dovevano essere messe a disposizione del mondo intero (Internet). E che quelle macchine un giorno sarebbero diventate le biblioteche del futuro.
Grazie all’amico @QuinziUgo per avermi suggerito di raccontare la storia di Suor Mary Kenneth Keller. Una delle innumerevoli donne che hanno cambiato il mondo. Ancora oggi ispirazione per tutte le ragazze che vogliono studiare informatica.
“Il computer mi aveva aiutata ad esercitare due virtù: l’umiltà, perché gli errori non sono della macchina, ma del programmatore, e la pazienza, nelle infinite operazioni di de-bug, nel cercare le linee di codice contenenti errori e correggerle”. (Suor Mary Kenneth)
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