@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea "l’università italiana non ha un ruolo significativo nel panorama della ricerca mondiale“: così scrisse Perotti nel 2008 e ancora qualcuno ci crede. Peccato che, per sostenere la sua tesi, Perotti avesse distorto, omesso e disinterpretato i dati roars.it/online/univers…
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea con una tecnica (che sembra cara a certi economisti) aveva evitato le misure più ovvie (risultati / spesa per es.) ed era andato a caccia di indicatori e classifiche che confermassero i suoi pregiudizi.
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea I dati di base erano facilmente comprensibili. In quegli anni l'Italia era l'ottava potenza scientifica mondiale sia per articoli che per citazioni
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Alberto Bisin era talmente convinto dell'irrilevanza dell'università italiana, da attribuire al CNR il 42,4% della produzione scientifica annuale italiana, senza accorgersi che la fonte dei dati faceva riferimento ad un quinquennio e non ad un solo anno.
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Ma torniamo a Perotti, il quale per certificare l'irrilevanza italiana, si appoggio al "fattore di impatto standardizzato" (grosso modo, il n. medio di citazioni per articolo), un indicatore del tutto inadatto a stilare classifiche sensate. Infatti, ecco l'eccellenza mondiale:
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Sensato o meno che fosse l'indice, il colmo della beffa fu che, secondo quell'indice, l'Italia nel 2013 finì per superare gli Stati Uniti, come segnalato da Nature
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Sempre sulle citazioni per paper, Perotti ci informa che l'Italia è "solo" 13° seguita da Irlanda, Spagna, Portogallo, Polonia e Grecia, ma si guarda bene dal riportare la classifica completa in cui siamo pari alla Francia e precediamo Australia, Israele e Giappone
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Ben più significativo delle citazioni per paper sarebbe il n. di pubblicazioni ad alto impatto scientifico, identificate come l’1% della produzione mondiale che riceve più citazioni. Misteriosamente, Perotti non ne parla. Come mai? Perché l'Italia settima contraddice le sue tesi?
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Per capire se l'università è davvero un "secchio bucato", bisogna però parlare di efficienza. Quanto fruttano i soldi spesi? Stranamente Perotti e i suoi fan sono sempre stati alla larga da due banali indicatori di efficienza: articoli/spesa e citazioni/spesa. Come mai?
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Forse perché sono numeri che non portano acqua al mulino dei terrapiattisti della valutazione della ricerca. In UK, però, li guardano. Ecco due figure dal report governativo del 2011
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Nel 2013 esce una nuova edizione dell Internat. Comparative Performance of the UK Research Base
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Si potrebbe aggiungere molto altro, ma spero che questo basti per capire perché chi scrive "credo proprio [...] che ci siano decenni di evidenza che i professori improduttivi siano la maggioranza assoluta dell'accademia italiana" non è molto diverso da un terrapiattista.
@fabriziobrighe1@MariuzzoAndrea Si potrebbe aggiungere molto altro, ma spero che questo basti per capire perché chi scrive "credo proprio [...] che ci siano decenni di evidenza che i professori improduttivi siano la maggioranza assoluta dell'accademia italiana" non è molto diverso da un terrapiattista.
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Mettiamo in scala logaritmica le 4 curve di positivi, ricoveri, ter. intensive e decessi. È facile vedere che "corrono insieme", ovvero che nel breve-medio periodo si mantengono quasi parallele 2/n
Distanze costanti in scala logaritmica equivalgono a rapporti costanti: per esempio, da più di un mese il rapporto ricoverati/positivi si mantiene intorno al 6%. 3/n
Oltre a muoversi insieme, le curve hanno la tendenza "a tirare dritto": si spostano lentamente dalla linea retta a meno che non succeda qualcosa di grosso (vedi marzo-aprile dove invertono la pendenza grazie al lockdown) 4/n