Come ogni mattina il procuratore capo della Repubblica Pietro Scaglione si recava al cimitero di Palermo per cambiare i fiori alla tomba di sua moglie,morta qualche anno prima. Il 5 maggio 1971 alle 11 del mattino, una macchina lo affiancò e un commando di killer aprì il fuoco... 
uccidendolo insieme all’agente di scorta Antonino Lo Russo. I primi ad accorrere sul luogo del delitto furono il commissario di polizia Boris Giuliano e il colonnello dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, altre due future vittime della mafia. Vent’anni dopo...
il 21 gennaio 1991, il giudice istruttore di Genova Dino Di Mattei pronunciò la sentenza della Corte di Cassazione che prosciolse tutti gli imputati tra cui mafiosi di primordine quali Luciano Liggio, Salvatore Riina e Pippo Calò. Gli autori del reato, secondo la sentenza...
erano ignoti. Diversi pentiti tra cui Tommaso Buscetta parlarono del movente dell’omicidio, indicando come mandante Luciano Liggio. Scaglione il giorno successivo alla sua morte avrebbe dovuto recarsi al Tribunale di Milano per testimoniare su una telefonata intercorsa...
tra il politico del MSI Antonino Buttafuoco e l’avvocato in odore di mafia Vito Guarrasi avvenuta poco dopo il rapimento del giornalista Mauro De Mauro, ucciso perché si era spinto troppo oltre nelle indagini sulla morte dell’ex presidente dell’Eni Enrico Mattei...
La telefonata in questione avrebbe messo nei guai Guarrasi, consigliere del nuovo presidente dell’Eni Eugenio Cefis. Il mistero che avvolge l’omicidio Scaglione è lo stesso che purtroppo avvolge tanti, troppi omicidi avvenuti nel nostro Paese.
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