#1 Tra i ghiacciai delle Pale di San Martino forse questo è il mio preferito. Si trova in uno dei luoghi più selvaggi del gruppo: un vallone laterale della Val Grande, nascosto tra alcuni dei 3000 delle Pale.
#2 Praticamente impossibile osservare il ghiacciaio da lontano, la sua posizione lo nasconde alla vista. Se vuoi posare gli occhi sul poco ghiaccio che ancora oggi sopravvive lassù c'è solo un modo: gambe in spalla e camminare.
#3 Qualunque sentiero si decida di percorrere per arrivare al ghiacciaio delle Ziroccole, ci vogliono 3-4 ore di cammino e oltre mille metri di dislivello. Sedersi sulle rocce del Col della Burella e ammirare il cuore di questo settore delle Pale ripaga però di tutti gli sforzi.
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Sarà forse anche per questo che mi piace il ghiacciaio delle Ziroccole: fargli visita non è una passeggiata e obbliga chiunque voglia cimentarsi nella piccola impresa a una cavalcata tra passi e alti valloni selvaggi di rara bellezza.
#5 Questo ghiacciaio è "esistito" per pochi anni. Fu scoperto infatti nel 1925, quando il glaciologo Bruno Castiglioni lo descrisse per la prima volta. Già nel 1965, quando venne pubblicato il Catasto dei Ghiacciai italiani, fu dichiarato estinto.
#6 In realtà il piccolo apparato non è completamente scomparso, ancora oggi esiste una placca di ghiaccio, ma è ormai completamente immobile e priva di dinamica. Non è più classificabile come ghiacciaio, bensì come glacionevato.
#7 La scoperta del ghiacciaio racchiude una storia interessante. Dalle prime osservazioni alla sua scoperta ufficiale trascorsero quasi 50 anni. Tra i prima a posare le suole delle pedule sulle sue nevi fu l'alpinista tedesco Alfred Von Radio-Radiis.
#8 Lassù si avventurarono poi diversi pionieri della glaciologia alpina, in cerca di nuovi ghiacciai da scoprire ed esplorare. All'inizio del '900 la neve era però abbondante anche a stagione inoltrata e gli osservatori faticarono a distinguere il ghiacciaio dai nevai stagionali.
#9 Castiglioni ebbe fortuna e poté osservare diverse volte l'apparato, fornendone dettagliate descrizioni che lo aiutarono a studiare le differenze tra limite climatico e topografico delle nevi perenni e l'influenza dell'alimentazione valanghiva per i ghiacciai dolomitici.
#10 La via normale a Cima dei Bureloni passava proprio sul ghiacciaio, rendendo questa salita un percorso completo e tipicamente dolomitico: tanto dislivello, sviluppo, roccette e un poco di ghiaccio.
#11 Un tempo per affrontare questi itinerari era necessario mettere in conto di portarsi anche ramponi e magari la piccozza anche a stagione inoltrata. Oggi l'approccio a queste cime è completamente cambiato, le Dolomiti stanno diventando montagne di roccia soltanto.
#12 Ironia della sorte quella del Castiglioni è in pratica l'unica descrizione del ghiacciaio delle Ziroccole che abbiamo. Sarà sicuramente anche l'unica.
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#1 I ghiacciai sono uno dei simboli per eccellenza del cambiamento climatico. Sono sue vittime illustri e sempre più spesso ne sentiamo parlare a causa del loro progressivo ritiro o addirittura per via della loro scomparsa.
#2 I ghiacciai ci hanno permesso di conoscere il clima del nostro pianeta, offrendoci attraverso i carotaggi di ghiaccio una finestra sul funzionamento del sistema climatico. In ultimo il loro ritiro sarà causa di uno degli impatti per noi più importanti: l'innalzamento dei mari.
#3 Vittime, strumento di conoscenza e fonte di impatto. Questa è la triade che rende i ghiacciai uno dei simboli più completi quando si parla di cambiamento climatico.
I ghiacciai più piccoli mi stanno particolarmente a cuore.