Chi mi conosce qui dentro sa benissimo che non giudico mai una partita o una stagione dal risultato finale. Mai. L'analisi calcistica va sempre fatta a lungo termine: in merito al percorso di crescita, alla proposta di gioco, alla volontà di creare qualcosa di importante.
Quando con Allegri V (2018/19) abbiamo vinto lo scudetto a febbraio ero contento a metà: nonostante in Italia non avessimo rivali, già si intravedevano alcuni brutti segnali che poi puntualmente si sono verificati in campo europeo e persino in Serie A, sul finale di campionato.
Quando con Sarri abbiamo conquistato il 9° di fila ero perplesso. Il traguardo era grandioso: il giusto riconoscimento ad un ottimo gruppo di lavoro e ad un allenatore che ha scalato tutte le categorie del calcio italiano, dai dilettanti ai professionisti, senza raccomandazioni.
Ma era anche il frutto di un compromesso impossibile (e per questo non riuscito) tra conservatorismo ed evoluzione (di fatto non attuata, ma forse nemmeno tentata: l'intervista di Sarri a Sportitalia sembra confermarlo), tra volontà di cambiare e ostinazione all'immobilismo.
Quando l'inverno scorso con Pirlo abbiamo vinto un paio di big match contro Inter (C. Italia) e Roma giocando un calcio sparagnino, difesa bassa e contropiede, ero già sull'attenti: un chiaro segnale che 1. il coach non decideva più nulla; 2. chi si opponeva all'evoluzione aveva
vinto e, giocoforza, non rimaneva altro che richiamare in panchina chi poteva far esprimere al meglio quel tipo di calcio: cosa che poi è stata fatta. Infatti, durante il match con il Milan (1-3 a S. Siro) scrissi questo: . Tutto così surrealmente limpido.
Ricollegandomi alla partita di ieri, però, la mia mente è tornata subito al match con la Lazio di novembre 2020 (1-1, pareggio di Caicedo al 95esimo, azione nata da un errore di Dybala). Alla fine della gara scrissi questo commento su Facebook. Inutile dire che agli endorsement
seguirono parecchi commenti - come al solito raffinati - del tipo: "Vai a tifare Inter!", "La colpa è solo di Dybala", "Abbiamo dominato" etc. etc. Tutte affermazioni tipiche di chi guarda la partita considerando solo ed esclusivamente il risultato come metro di giudizio.
Era solo novembre, ma l'andamento della stagione era già chiarissimo: nessuna intenzione di rompere radicalmente con il vecchio, ma soprattutto ricerca di un capro espiatorio che giustificasse il ritorno di quel difensivismo che in Italia ci aveva dato così tante soddisfazioni.
L'anno scorso - e in quella partita in particolare - la vittima da sacrificare sull'altare era Dybala, massacrato (tuttora) da buona parte del tifo juventino, nonostante abbia trascorso un anno praticamente sempre da infortunato o comunque non al top della condizione.
Di qui il collegamento con il match di ieri: avremmo vinto la gara senza gli errori individuali del polacco? Certo, come probabilmente avremmo vinto contro la Lazio senza quello stop sbagliato da Dybala. Ieri, a Udine, con Pirlo/Sarri l'avremmo vinta o avremmo giocato meglio?
Non è detto, anzi. Con loro avremmo subito la rimonta? Può essere. Quindi, non si tratta di criticare Allegri. Ci mancherebbe. È solo la prima partita, i calciatori non sono al top, mancano pedine importanti, la rosa è corta e in alcuni reparti è monca. Il mister saprà cavarsela.
Ma, attenzione, a non commettere l'errore di sottovalutare alcuni segnali negativi come quelli visti ieri nel 2° tempo: tendenza ad abbassarsi drasticamente in situazione di vantaggio, incapacità di fare tre passaggi di seguito nella metà campo avversaria, possesso palla sterile
e prevedibile, eccesso di lanci lunghi dalla difesa senza una logica concreta dietro. Perché è anche e soprattuto da qui che nascono o possono nascere gli errori individuali: da mancanza di soluzioni, da povertà tecnico-tattica, da disabitudine nel palleggiare con personalità,
da mentalità sparagnina che punta a non subire gol piuttosto che a farlo, che s'accontenta di buttare la palla in tribuna piuttosto che rischiare la costruzione dal basso.
Ripeto: non è una critica rivolta alla partita di ieri, per la quale di certo non mancano attenuanti.
Non è nemmeno un monito troppo significativo per quel che riguarda il campionato: Allegri è una vecchia volpe, in Italia non dovrebbe avere problemi a imporsi, abbiamo una rosa superiore alle competitors e, male che vada, può sempre attuare la mossa 2015/16: arroccarsi in difesa
e fare un filotto di 1-0 giocando sempre nello stesso modo contro chiunque, dalla prima all'ultima in classifica. Insomma, i risultati in campo italiano non mi spaventano per niente e, come ho già detto, per questa rosa qui Allegri può risultare più efficace di tanti altri coach.
A preoccuparmi, però, è il percorso di crescita nel suo complesso: l'evoluzione tecnica dei calciatori, lo sviluppo dei giovani della rosa, la formazione di una buona base per il futuro, l'articolazione di un solido progetto a lungo termine, il confronto con le big europee.
Le premesse per fare bene in termini di risultati ed evoluzione positiva ci sarebbero: economicamente siamo corti, ma stiamo risparmiando e l'anno prossimo dovremmo liberarci di un peso importante; tecnicamente abbiamo dei buoni giovani di gamba e qualità. Ma la volontà c'è?

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2 Aug
Avvertenza: lunghissimo thread sullo stile di comunicazione che oramai da anni domina tristemente in casa Juventus. Perdonate la prolissità, ma era da tempo che volevo scrivere qualcosa sul tema, e solo ora mi sono ritagliato un paio d'ore di tempo per provare a dire la mia.
Quindi, ringrazio in anticipo quelle due / tre persone che avranno voglia di arrivare fino in fondo.
Come punto di partenza, mi ricollego ad un celebre (e per noi juventini drammatico) episodio che ci ha visti protagonisti qualche anno fa, ovviamente in Champions League.
Scrissi questo tweet dopo Real - Juve 3-1, la partita del rigore di Benatia su Vazquez all'ultimo minuto, con Oliver che espelle Buffon e Ronaldo che segna al 98esimo. Nel post-partita Agnelli fu lucidissimo e abile nello sviare sterili polemiche.

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