L’#autismo è entrato nella mia vita a gamba tesa e io ho cercato di approcciarmi in punta di piedi a un mondo ricco di mistero e di altrettanti stereotipi.
Come dicono spesso i genitori di figli nello spettro “chi lo vive lo sa”.’
Io nonostante la specializzazione ne sapevo poco.
Recentemente Elio ha detto, relativamente alla sua esperienza di genitore, che la scuola è completamente inadeguata e impreparata in tema di autismo. E ha ragione. E il discorso va esteso a tutti gli altri livelli dello Stato.
Aggiungo che ancor di più è inadeguata al passaggio nell’età adulta, un passaggio drammatico per tantissime famiglie lasciate ancora più sole.
Passo 12 ore alla settimana con G. Sono la sua insegnante prevalente. Molte di più sono le ore che trascorro a casa preparando attività e strategie da proporgli, incontrando l’equipe che lo segue, confrontandomi con la famiglie e le colleghe.
Sono tutte persone estremamente preparate e collaborative, ma che non sono, non siamo, sufficienti.
Lui e la sua famiglia sono il mio pensiero fisso da 7 mesi.
La mattina quando la sua meravigliosa mamma me lo affida sento addosso tutta la responsabilità di rendere le ore che trascorriamo insieme più produttive e significative possibile, per lui e la costruzione di un progetto di vita.
Sapendo che non verrò a sapere da lui quali sono i suoi talenti, le sue ambizioni, cosa gradisce di più, come si sente, qual è la strada più adatta.
O meglio. Non me lo dirà a parole né in alcun altro modo sono abituata da sempre a conoscere e capire chi mi circonda.
Me lo farà capire in altro modo, che non mi spiegherà, ma che dovrò decifrare con strumenti che non avevo e che sto imparando a tirare fuori, a partire da una connessione emotiva che sto imparando ad affinare con il suo aiuto, oltre a quanto avrei mai creduto di poter fare.
Con le sue ecolalie e stereotipie che i primi giorni mi sembravano tutte uguali, con il tono della voce, con lo sguardo che non segue le regole degli sguardi che conoscevo, con i suoi abbracci paraculi, con i salti e con i suoi infiniti modi di sorridere.
Decifrare senza avere una legenda da seguire o, peggio, avendone una completamente sbagliata.
E nel frattempo tutto un mondo da costruire intorno a lui, mentre cadono tonnellate di libri, di parole, di circolari ministeriali sull’inclusione, sul progetto di vita, sull’autonomia.
Parole giuste e sacrosante, smentite brutalmente dalla realtà.
Lasciando alle famiglie il compito di guidare, tra tanti errori, imprevisti, ostacoli, porte chiuse.
E sotto sotto il non detto di una società che ritiene che, tanto, prima o poi ci penserà un istituto a loro.
Oggi è la giornata mondiale per la consapevolezza sull’#autismo.
L’unica consapevolezza che dovremmo avere è che un giorno all’anno non basta. Così come non bastano le risorse e le politiche attutate.
Ogni giorno dell’anno lo Stato a tutti i livelli, dovrebbe costruire infrastrutture per supportare le migliaia di persone nello spettro e le loro famiglie, dalla diagnosi precoce a un vero progetto di vita che non sia una “cantina dell’arrendevolezza”.
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Mi chiedo se si rendano conto della valanga che ci sta travolgendo. Il vaccino, che è fondamentale,non è una pozione magica. Aiuta, moltissimo. Ma non risolve ogni problema.
La scienza è altrettanto importante ma non si può delegare tutto al CTS.
Serve (e serviva) la politica.
Due anni sono passati.
Come?
Le aule di scuola sono ancora troppo piccole, troppo piene e gli insegnanti troppo pochi, mentre ai dirigenti viene delegato di tutto e il contrario di tutto, con norme che cambiano di continuo.
Al di là dei proclami e dei numeri ad minchiam, la realtà è che siamo sempre allo stesso punto, solo più confuso.
Però forse la prossima estate avremo i depuratori d’aria. Al terzo anno scolastico mandato a schifio pare sia una grande conquista.
Io vorrei che tutti, ma proprio tutti, politici, commentatori, editorialisti, giornalisti, passassero una settimana in #Palestina. Una settimana sola.
Vorrei vedessero i bambini, 7-8 anni, con le cicatrici da proiettile sulla fronte, che ti dicono di non avere paura. 1/8
Vorrei vedessero le scuole dell'Onu con le finestre murate, perché i soldati israeliani lanciano il gas dentro le aule durante le lezioni.
Vorrei parlassero con gli psicologi che seguono bambini e adolescenti traumatizzati.
Ne avevo incontrata una, in un mio viaggio: mi parlò di un paziente di 2 anni, che giocava con una pallina su un terrazzo e l’aveva fatta cadere. In pochi minuti 10 uomini armati erano dentro casa sua con i fucili per arrestarlo. Aveva creato allarmismo. Non si è più ripreso.
È passato un anno, da quel maledetto #7febbraio 2020. Un lunghissimo anno in cui ogni giorno il nostro primo pensiero è andato a #PatrickZaki, amico, fratello, compagno di studi. Un anno in cui ogni giorno abbiamo insistito perché le istituzioni si mobilitassero per lui. 1/4
Abbiamo provato a tenere viva l’attenzione, abbiamo presentato mozioni, in tanti comuni è stata accolta la nostra richiesta di conferire la cittadinanza onoraria. Perché Patrick deve essere considerato cittadino italiano e come tale va difeso, ne va pretesa la liberazione. 2/4
Lo Stato Italiano deve fare di più. Molto di più di quanto non è stato ancora in grado di fare. Gli interessi economici e commerciali devono passare in secondo piano, rispetto alla vita umana. 3/4
Una vergogna invisibile solo per chi non vuole vederla.
Questa è la rotta balcanica, da cui arrivano testimonianze e foto delle terribili violenze e stenti di cui sono vittime i #migranti.
Al campo di #Bihac, in Bosnia, i referti registrano ferite sconvolgenti, stupri, ossa rotte, morsi dei cani dei soldati croati. Con la Slovenia e l'Italia che intercettano e rimandano indietro le persone: 4.400 solo nel 2020 secondo i dati della Questura di #Trieste.
Si chiamano, dice il Viminale stesso, "riammissioni senza formalità", e non tengono conto dei termini del Trattato di Dublino: anche chi avrebbe diritto all'asilo in Italia viene rimandato indietro, in virtù di un accordo tra Italia e Slovenia che risale agli anni '90.
In un visita a San Vittore, circa due anni fa, #LilianaSegre disse che gli unici gesti di umanità che ricevette prima della deportazione vennero dai detenuti.
I carcerati si affacciarono alle finestre, dando un ultimo gesto di solidarietà alle persone che venivano condotte dal carcere verso i campi di sterminio, in una Milano indifferente alla sorte di tante persone innocenti.
Questa settimana, la senatrice Segre ha presentato un'interrogazione parlamentare chiedendo che i detenuti siano tra i primi a essere vaccinati contro il Covid.
Io mi chiedo come possa venire in mente nel 2021 di fare una roba del genere: un calendario con dodici foto di donne con addosso soltanto una mascherina tricolore, e pure un concorso online per scegliere l'immagine più votata.
Persino la fotografa autrice degli scatti, Tiziana Luxardo, si è dissociata dal #Codacons, dicendo che "l'idea del concorso la boccio, non ne sapevo nulla e non c'entra niente con il mio lavoro, non mi appartiene."
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Mentre proprio in questi giorni si continua a discutere su senso e messaggio di programmi come Miss Italia, ancora una volta il corpo delle donne viene proposto in un contesto di competizione e valutazione da parte del pubblico.
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