«Fortunatamente il popolo italiano non è ancora abituato a mangiare molte volte al giorno e, avendo un livello di vita modesto, sente di meno la deficienza e la sofferenza»
Partendo da questa frase del 1930 di #Mussolini oggi parliamo di un "mito": il #fascismo#statalista.
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Fin dalla sua ascesa al potere Mussolini è risoluto nel garantire, in specie alla grande borghesia che era anche in buona parte sua finanziatrice, che avrebbe saldamente mantenuto il sistema economico italiano entro l'alveo del capitalismo internazionale.
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La nomina a ministri economici prima del liberista De Stefani e poi dell'industriale Giuseppe Volpi confermano questo intendimento. Anche la controversa "quota 90" (cioè il cambio lira sterlina) è in fondo la risposta al simile provvedimento preso da Churchill anni prima.
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Ma poi arriva la crisi del '29 e la situazione precipita.
Non basta più tagliare i salari.
L'intero sistema bancario italiano, appesantito dall'aver dovuto assumere negli anni forti partecipazioni nelle indebitatissime grandi imprese italiane, rischia il collasso.
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In patria capitali non ci sono, e quei pochi sono disponibili solo per fare affari a prezzi stracciati. Dall'estero la crisi impedisce di aprire nuovi finanziamenti.
Rimane come unica soluzione lo Stato.
Il governo crea nel novembre 1931 l’Istituto mobiliare italiano (IMI).
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L'IMI, nato con un capitale statale di mezzo miliardo di lire, dovrebbe concedere prestiti a medio termine a imprese e società emettendo proprie obbligazioni sul mercato per reperire i fondi necessari. Ma la situazione non migliora, la produzione industriale crolla.
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Nel 1932 arriva al Ministero delle Finanze Guido Jung per cui lo Stato avrebbe dovuto assumere poteri d’indirizzo dell'economia, senza statalizzarla, ma acquisendo il controllo delle principali banche, razionalizzando le imprese ereditate, se utili, e liquidando le altre.
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Mussolini, ritroso inizialmente ad intervenire direttamente nella gestione delle imprese, si fa convincere e nel gennaio 1933 nasce così l'IRI per la cui presidenza viene scelto un "tecnico" della finanza con già vasta esperienza pubblica: Alberto Beneduce.
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Mussolini non ha nessuna intenzione di attuare attraverso l’IRI una politica economica esplicitamente dirigista, l'ente è infatti provvisorio e lo stesso Beneduce, estraneo al regime, specie alla sua corrente corporativa, ne è in un certo modo la garanzia.
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Infatti proprio in quel periodo Mussolini sconfessa Ugo Spirito e i suoi seguaci, che in un convegno a Ferrara nel 1932 hanno teorizzato il "Corporativismo Proprietario" statalista, arrivando ad escludere dal governo il loro maggiore esponente politico: Giuseppe Bottai.
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La prima preoccupazione di Beneduce, e del suo direttore Donato Menichella, altro tecnico di area liberale, è di spezzare il "matrimonio malato " fra banche ed imprese che aveva riempito di immobilizzi le banche e messo in gravi difficoltà la Banca d’Italia.
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Ma gli industriali italiani non sono entusiasti dell'operazione. Alcuni temono l'intervento statale tout court, altri vedono nell'operazione uno spiazzamento da parte dell'IRI dei pochi capitali privati, altri vorrebbero specularci sopra ma non riescono.
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Il clima è esemplificato da una telefonata fra Giovanni Agnelli e Valletta:
«Le obbligazioni sono per aiutare gli industriali. Noi dovremmo essere piuttosto dall’altra parte: finché fosse farsi imprestare soldi dal governo, bene, ma imprestarne al governo è un po’ troppo».
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I gruppi industriali privati non sono quindi disposti a mettere una lira per estinguere i debiti delle aziende decotte anzi, per rilevare la SIP, indebitata con la Comit per oltre un miliardo, la cordata fra Pirelli, Agnelli e altri vuole 700 milioni come dote dallo Stato.
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Mussolini è furibondo.
«Non diamogli niente a questi grandi industriali, non se lo meritano, sono solo dei gran coglioni.»
Beneduce riesce a rivendere ad un prezzo congruo solo l'Edison e la Bastogi, ma i tempi cambiano, c'è la guerra di Etiopia, le sanzioni e l'autarchia.
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Creato l'Impero Mussolini inaugura una politica di potenza e incomincia a pensare all'IRI come cabina di regia economica in funzione di tre obiettivi di carattere politico e militare: l’autarchia, la difesa nazionale e la valorizzazione dell’Africa orientale italiana.
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L'Italia avrebbe dovuto prepararsi alla guerra e una IRI "permanente" è essenziale per tenere sotto diretto controllo del governo una parte consistente di settori come quello siderurgico, cantieristico e dei trasporti marittimi, considerati d’interesse strategico.
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Così nel 1937 l’IRI viene dichiarato ente permanente e lo Stato italiano diventa il più grande proprietario d’industria in Europa, dopo l’URSS.
Ma nonostante l'IRI il fascismo fallirà dal 1940 proprio nel creare una vera economia di guerra.
Ma questa è un'altra #storia.
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Per approfondire:
Valerio Castronovo (a cura di)
Storia dell'IRI - vol.1
Dalle origini al dopoguerra
Laterza, 2012
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Il verbale dell'audizione del sottocomitato della sicurezza interna del Congresso USA sulla Propaganda Comunista, ottobre 1954.
Molto divertente...
La testimonianza della Sig.ra Markward, parrucchiera infiltrata nel Partito Comunista Statunitense per conto della FBI.
"Usavano tutti questi sforzi per suscitare le emozioni delle persone e fargli pensare che il Partito Comunista è quello che è lì a combattere per le minoranze e che i partiti Democratico e Repubblicano sono solo strumenti di Wall Street e che ci porteranno via i soldi."
Ieri avevo promesso di mostrarvi i dazi che il Ducato di Milano, sotto il governo del ramo spagnolo degli Asburgo, imponeva sulle merci che transitavano per il Naviglio Grande all'inizio del XVII secolo.
Li troviamo in questo volume compilato da Giovanni Battista Settala.
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Come leggiamo nell'intestazione Giovanni Battista Settala è cancelliere nella Magistratura delle Entrate Straordinarie e dei Beni Patrimoniali del Ducato di Milano.
È lui che nel 1573 amplia il Naviglio della Martesana, opera che ha eco in tutta Europa.
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E qui sembra di tornare all'attualità, non solo i dazi, ma il doppio ruolo, pubblico e privato, dei maggiorenti milanesi.
Settala infatti non è solo il cancelliere del Magistrato straordinario, ma è anche socio nell'impresa incaricata di ampliare il nuovo naviglio.
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Il 22 settembre 1985, il Plaza Accord scuote l’economia globale.
Scopri come si arriva a questo storico accordo che cambia i mercati, dà sollievo temporaneo agli USA, ma innesca anche una bolla in Giappone, con effetti che durano decenni.
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Nel 1981 la Federal Reserve, guidata da Paul Volcker, alza di oltre il doppio i tassi d’interesse per domare l’inflazione degli anni ‘70.
È il così detto "Volcker Shock": l'inflazione frena, il dollaro si rafforza, ma a caro prezzo per l’economia statunitense.
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Il dollaro USA si apprezza del 50% rispetto a yen e marco tedesco.
Il dollaro forte serve oltre che per l'inflazione anche per attirare capitali per finanziare la “Reaganomics” che combina tagli alle tasse e aumento della spesa militare, ma crea un deficit di bilancio enorme.
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Cosa è rubare?
Nel XV secolo avevi violato il settimo comandamento:
"Se ha facta usura cioè guadagnato o desiderato di guadagnare d’alcuna cosa prestata numerabile come sono danari, etc., mensurabile come è grano, vino, olio, et di simili, ponderabile, che si presta a peso."
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Così scriveva il beato Marco da Montegallo, frate minore francescano ma anche dottore in legge e medicina, nel suo Libro delli comandamenti.
Ma anche, se non fosse chiaro:
"Se ha prestato sopra alcun pegno per haversene quello fructo finchè gli si renda quello ch’è prestato."
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Neppure lo sconto per il pagamento anticipato sfuggiva al peccato:
"Se ha comperato cosa alcuna per minore pregio che quello che vale per averlo pagato innanzi tempo."
E anche vendere a credito non si salvava:
"Se ha venduto più caro per la credenza che gli ha facta o fa."
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Cosa ci dice la storia economica riguardo la decisione cinese di smobilizzare le sue riserve investite in titoli di stato USA?
Che un sistema finanziario/commerciale è arrivato al termine e che probabilmente Trump non è matto come sembra.
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La logica del commercio internazionale è basata su un concetto semplice, che poi alla fine è comune alla vita di tutti i giorni: se una nazione importa dei beni o li paga esportando altri beni, o li paga vendendo delle attività, o si segna a debito.
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La prima opzione è banale: paghi i beni importati con quello che ricavi da quelli esportati, non devi chiedere niente a nessuno e sono tutti felici. Un po' come tu paghi la spesa con lo stipendio derivante dal tuo lavoro.
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Neutralità e Pacifismo vengono spesso confusi, ad arte o per ignoranza.
Ma la neutralità ha plasmato la storia mondiale per 500 anni, sfidando imperi e guerre.
Lo storico Leos Müller rivela in questo suo libro come la Neutralità ha influenzato l’ordine internazionale.
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Müller offre 4 ragioni per studiare la neutralità:
- ha forgiato l’ordine mondiale moderno;
- promosso il libero scambio;
- sostenuto l’economia di piccoli stati;
- dato vita al diritto internazionale, influenzando organizzazioni come la Società delle Nazioni e l’ONU.
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Cos’è la neutralità?
È la scelta di non prendere parte in un conflitto armato tra stati sovrani.
Si divide in: occasionale (per una guerra specifica), volontaria a lungo termine (tipica di piccoli stati) e permanente (garantita da accordi internazionali).
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