#MondoBeatles By @DonPiricoddi con la collaborazione di @florabarral @thebeatles#Revolver
Due anni possono essere pochi, ma anche un’eternità. Nel caso di Revolver, uscito nel 1966 – solo due anni dopo l’esplosione del fenomeno conosciuto come beatlemania,
che affermò i Fab Four come il più grande fenomeno pop mai esistito – il biennio trascorso non poteva risultare più lungo, tanti furono i cambiamenti che il quartetto visse durante quel periodo. Prima idoli delle teen-ager, poi MBE (Members of the British Empire,
carica erroneamente assimilata a quella di “baronetto”), infine intelligenti precursori della stagione psichedelica, i Beatles misero in evidenza per la prima volta i tempi rapidissimi di cambiamento e trasformazione propri della cultura pop al giro di boa degli anni sessanta.
In un veloce crescendo di successi, che li impose come fenomeno socio-culturale oltre che musicale, i quattro di Liverpool arrivarono a potersi permettere di tutto, anche di non fare più concerti (proprio al 1966 risalgono le ultime esibizioni live).
La fatidica decisione di non esibirsi più dal vivo, più che per un delirio di snobismo o di onnipotenza, è stata probabilmente dettata (oltre che da fattori logistici, di stress o di ordine pubblico) da impossibilità strettamente musicali:
la trasformazione del sound beatlesiano dopo l’uscita di Rubber Soul, l’approccio a strumenti non convenzionali (l’amore di Harrison per il sitar e le orchestre indiane), i primi esperimenti con i nastri magnetici e le complesse partiture per orchestra di George Martin
resero praticamente ineseguibili i nuovi brani. Non una scelta economica, dunque, ma dettata da una precisa scelta di campo: legare il proprio lavoro alla sola dimensione del supporto sonoro, mezzo che stava acquisendo proprio in quegli anni
i la sua indipendenza dalla performance dal vivo.
Revolver si trova nel giusto mezzo tra i primi esperimenti in questo senso (Help! e soprattutto il già citato Rubber Soul) e il periodo psichedelico di Lennon e compagni (dalle esperienze hippie di Magical Mystery Tour alle favole
circensi di quel capolavoro che è Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band; un album, forse l’unico, in cui passato e futuro dei Beatles convivono alla perfezione. Uno spartiacque? Forse Revolver è anche questo, ma è un disco talmente ben fatto, così compiuto in sé stesso,
che è difficile considerarlo una fase di passaggio. Difficile se non impossibile riscontrare, sia prima che dopo, tanta compattezza oltre le idee, di per sé strabilianti.
L’individualismo, che sarà l’asse portante della musica dei quattro “scarafaggi” fino a raggiungere il suo
apice nel White Album (una raccolta di individualità più che un lavoro di gruppo) si afferma qui per la prima volta, con il vantaggio – non da poco – di una sensibilità collettiva non ancora esaurita. Seppure anche nei lavori precedenti si potevano riscontrare alcune peculiarità
degli stili personali (soprattutto nel caso della coppia Lennon – McCartney), in Revolver le differenze tra una composizione e l’altra si fanno più consistenti e significative. La sognante pigrizia di I’m only sleeping è indiscutibilmente lennoniana,
le cadenze dolci al limite del mieloso di Here, there and everywhere esaltano la melodiosità tipica di Paul McCartney, il fanciullesco-psichedelico di Yellow submarine non poteva essere interpretato meglio che da Ringo Starr,
mentre le fantasie indiane rimarranno un interesse del solo Harrison.
Ma negli stupendi deliri lisergici di Tomorrow never knows, nel funereo sarcasmo di Eleanor Rigby, nella dolcezza di For no one,
ci sono ancora i Beatles in quanto band a imprimere quell’incredibile marchio a una musica che attraverserà indenne quaranta anni, guadagnandosi di prepotenza una posizione e un’importanza nella storia del pop-rock che rende i Fab Four un classico tra i classici della pop music.
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#ProgRock#ItalianRock#TheTrip by @LorenzoManfro. Nel 1971 i Trip pubblicano per la RCA il loro secondo lp Caronte. Con Caronte la band si inoltra nei sentieri del progressive rock e si ritiene che il disco (con copertina bellissima) sia il manifesto del progressive italian0
La band è composta da Billy Gray alla chitarra, Arvid Andersen al basso e voce, Pino Sinnone alla batteria e alle tastiere e alla voce quello che era l'anima ed il cuore del gruppo, Joe Vescovi, scomparso nel 2014 (anche Gray e Andersen sono mancati) cui dedichiamo alcune righe
Dopo avere suonato all'estero Vescovi (innamorato di Keith Emerson) lavora prima con la band di Toto Cotugno (si lui..) poi entra nei Trip dopo l'uscita di Ritchie Blackmore che lo avrebbe voluto nei Rainbow. Dopo i Trip suona con gli Acqua Fragile con i Dik Dik e con Tozzi
2018, varie B-side, un CD bonus con delle demo, un live album in CD di 77 minuti registrato nel 2005 e il documentario in Blu-ray “Never Stop The Car An A Drive In The Dark“. Presente anche un libro di 108 pagine con la storia del gruppo narrata da Stephen Humphries e foto rare.
#SpazioNews#IcantHoldOn#QuietRiot@QUIETRIOT by @FabioLisci
Una notizia che farà felici tutti i fans dei Quiet Riot: è stato pubblicato il video di un brano precedentemente rimasto incompiuto dalle registrazioni del disco “Rehab“ del 2006. Si tratta di “I Can’t Hold On“
in versione rimasterizzata, nella quale si può ascoltare la voce di Kevin DuBrow (morto nel 2007) e la batteria di Frankie Banali (morto nel 2020). Rudy Sarzo ha aggiunto le parti di basso.
La demo di “I Can’t Hold On“ venne scritta e registrata da Kevin DuBrow e dal chitarrista Alex Grossi.
"Is This Love" è una power ballad del gruppo musicale britannico @Whitesnake, singolo dall'album Whitesnake del 1987.
Raggiunge la posizione numero 9 della Official Singles Chart nel Regno Unito e la numero 2 della Billboard Hot 100 negli Stati Uniti
Scritta dal cantante David Coverdale e il chitarrista John Sykes durante le fasi iniziali dell'album.
Secondo David, la canzone era destinata a Tina Turner, ma mentre la componevano si resero conto del suo potenziale e appena gli chiesero se era per Tina risposero "No, non lo è"
La musica è quella tipica degli anni ’80, hard rock melodico e classico allo stesso tempo, con la voce incredibile del leader David Coverdale
Brano che ricorda l’amore reciproco, che a volte porta anche a delle incomprensioni, che si superano solo amandosi.
#Newprogressive@MarillionOnline by @boomerhill1968-Il 12 marzo del 1984 i Marillion pubblicano per la Emi il Lp Fugazi Il disco viene registrato tra il novembre del 1983 ed il febbraio del 1984 e viene prodotto da Nick Tauber. Il disco vende oltre centomila copie in Inghilterra
I Marillion all'epoca sono composti da Fish voce, Steve Rothery chitarre, Pete Trewavas basso, Marck Kelly piano e tastiere mentre alla batteria Ian Mosley è subentrato a Mick Pointer ed assicura al gruppo una ritmica sicura decisa quando serve
Stando a Fish il titolo deriverebbe da una espressione utilizzata dai soldati americani in Vietnam. Si tratterebbe dell'acronimo di "Fucked Up, Got Ambushed, Zipped In". Il gruppo non ha apprezzato la produzione del disco che malgrado questo ottiene buon successo di vendite
#ProgRock by @boomerhill1968. Il 15 maggio del 1970 i King Crimson pubblicano per la Island il loro secondo disco in studio In The Wake Of Poseidon. Il lp ha l'onere pesante di dare un seguito a In The Court Of The Crimson King
Robert Fripp è invece convinto che i King Crimson debbano continuare. Per il nuovo vocalist viene fatto anche il nome di Elton John ma Fripp non è persuaso mentre Bryan Ferry che fa un provino non suonando il basso non viene preso
Vi è del materiale già pronto per essere registrato e Fripp convince Peter Giles a riprendere in mano il basso e Michael Giles a suonare la batteria nel disco, mentre Lake accetta di cantare. Fripp coinvolge Keith Tippett al piano e Mel Collins ai fiati