Dal 1995 la Lombardia, anche per ragioni geografiche, è un feudo forzista e leghista. Il Berlusconismo è nato tra Arcore e Milano; la #Lega nel Varesotto. A queste caratteristiche va aggiunta l’egemonia di #Formigoni, presidente dal 1995 al 2013.
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In questo contesto, #AlleanzaNazionale e Fratelli d’Italia sono sempre stati in minoranza. Il partito di #Fini, alle regionali, non ha mai superato il 10%. Il partito di #Meloni non ha mai superato il 4%. Nel 2013 prese l’1,5% e nel 2018 il 3,6%.
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Percentuali del genere raccontano la distanza tra la Lombardia e la destra postfascista. Un amore mai sbocciato, per la presenza di un partito autonomista ben radicato e per la forza del ghe pensi mi #Berlusconi. Il self-made man che ha costruito un impero in Lombardia.
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Il dominio del celeste Formigoni, poi, ha fatto il resto, relegando ai margini la destra di #Fini e poi Meloni. Dal 2020, però, le cose sono profondamente cambiate. Berlusconi è entrato in grave declino, così come la Lega nazionale disegnata da #Salvini.
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In questo spazio si è inserita #Meloni che ha conquistato buona parte del tradizionale elettorato di centro-destra. La clamorosa vittoria alle politiche del 2022 e il sorpasso ai danni di #FI e Lega in tante città del nord è stato un segnale.
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#Meloni ha fatto saltare i tradizionali equilibri del centro-destra e ha dato vita al destra-centro, superando, di fatto, lo schema che aveva inventato Berlusconi nel 1994. Una rivoluzione che ha anche sconvolto i tradizionali insediamenti elettorali di Lega e #ForzaItalia.
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Sarebbe un netto cambio di paradigma, visti gli episodi di censura e di deplatforming ormai noti. Si pensi al caso di Hunter Biden e ovviamente al ban di Trump.
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