Lo aveva ispirato il Presidente John Fitzgerald Kennedy e per lui, James Howard Meredith, era stata una sfida.
Dopo aver frequentato due anni la Jackson State University, con ottimi voti, aveva deciso di iscriversi in una università statale per soli bianchi.
Lui, un nero.
Malgrado la sentenza "Brown v. Board of Education" del 1954, dove la Corte Suprema aveva stabilito che la segregazione era incostituzionale nelle scuole pubbliche mantenute da tutti i contribuenti, quella Università continuava, nel 1962, ad accettare solo studenti bianchi.
Malgrado l’opposizione dell Governatore dello Stato, che aveva provocato scontri con morti e feriti, la mattina del 1º ottobre 1962, scortato da avvocato e sceriffo, Meredith si immatricolò all'Università statale, primo studente afroamericano della sua storia
Fu solo l'inizio.
Nel 1964 iniziò una campagna di volontariato per tentare di registrare quanti più votanti afroamericani in Mississippi tagliati fuori dal voto fin dall'inizio del secolo.
La "Freedom Summer" o "Mississippi Summer Project"
La reazione da parte del Ku Klux Klanfu immediata. Non abbastanza secondo Sam Bowers, a capo del gruppo dei “cavalieri bianchi”, l’ala più oltranzista del movimento.
Accusò lo stesso Ku Klux Klan di “passività”.
Di non fare abbastanza.
Voi che avreste fatto?
Potevo rimanere indifferente?
Così nel maggio del 1964, io James Chaney, chiesi a mia madre di poter andare a lavorare come volontario per i diritti dei neri nel profondo Sud. Mamma mi diede un bacio e acconsentì.
Fu così che iniziai la mia battaglia.
Oggi è il 21 giugno del 1964 e con altri due attivisti Michael Schwerner e Andrew Goodman, siamo su una Ford station wagon diretti verso una chiesa che è bruciata nella notte.
Una delle venti chiese bruciate negli ultimi tempi dai membri del Ku Klux Klan
Accidenti.
Siamo stati fermati per eccesso di velocità sulla Highway 19 dal vice-sceriffo Cecil Price.
Un problema.
L’amico Michael, che è con me, è stato condannato a morte dal Ku Klux Klan per il boicottaggio dei negozi di proprietà dei bianchi.
Il vice-sceriffo ci arresta.
Paghiamo la multa e veniamo rilasciati.
Ma prima di superare i confini della contea il vice-sceriffo ci ferma ancora e ci fa salire sulla sua auto. Non sapevamo che aveva avvertito il Ku Klux Klan.
Quando ci fece scendere dall'auto in una zona isolata, loro erano lì
In quella sera del 21 giugno 1964 James Chaney, Michael Schwerner e Andrew Goodman sparirono nel nulla.
I loro corpi furono ritrovati dall’FBI dopo settimane di ricerche.
Esattamente l’8 agosto.
Li avevano picchiati talmente tanto da ridurli a poltiglia umana.
Il 4 dicembre 1964 il dipartimento di giustizia incriminò 21 uomini, compreso il vice-sceriffo, con l'accusa di cospirare per violare i diritti civili.
No, non per omicidio.
Una giuria di soli bianchi condannò 7 di loro a un pena minima.
Finì così quell'orribile vicenda?
No.
Nel 1999 iI quotidiano Clarion pubblicò un'intervista dal carcere di Sam Bowers "Maestro Imperiale dei cavalieri Bianchi del Ku Klux Klan".
Che fece nome di Edgar Key Killen come responsabile del massacro dei tre ragazzi nel 1964. Edgar Key Killen venne così arrestato.
Il 21 giugno 2005 dopo 41 anni, 8 Presidenti, 21 legislature democratiche e repubblicane, una giuria condannò Edgar Key Killen (ormai su una sedia a rotelle) alla pena di anni 60 di prigione.
Pena confermata poi dalla Corte Suprema del Mississippi.
L’11 gennaio 2018 Edgar Key Killen è morto nel penitenziario statale del Mississippi, a Parchmann. All'età di 92 anni.
James, Michael e Andrew, le sue vittime, avevano invece rispettivamente 21, 25 e 21 anni quando vennero massacrati.
#MdT 02/07/1964 - Il Presidente Lyndon B. Johnson firma, alla presenza di Martin Luther King, il Civil Rights Act, legge che dichiara illegali le disparità di registrazione nelle elezioni e la segregazione razziale nelle scuole, sul posto di lavoro e nelle strutture pubbliche.
"Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare e ad apprezzare le differenze".
(Margherita Hack)
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Che la guerra non sarebbe durata pochi mesi, lo capimmo da subito.
Altro che passeggiata militare.
La fortuna per noi giornalisti è che in Vietnam gli americani ci consentivano totale libertà di movimento.
L’unico obbligo era quello di indossare uniformi americane.
Naturalmente senza simboli.
Per motivi di sicurezza, ci avevano detto.
Dove trovarle nuove di zecca?
Naturalmente al mercato nero, dove potevi comprare di tutto.
Altro che passeggiata militare.
Ricordo che una volta partecipai ad un’operazione di «search and destroy».
L’obiettivo era “cercare e distruggere” un gruppo di una trentina di viet cong nei pressi di un villaggio.
Ma l’amico Egisto Corradi lo aveva scritto con un titolo a sei colonne: «Gli americani in Vietnam combattono come se fossero sordi e ciechi».
In effetti come dargli torto.
Qual è stata, nella storia, la durata media di una guerra?
Una risposta non semplice.
Nel mondo antico e in quello medioevale ci sono state guerre di durata lunghissima.
Nel mondo moderno ci sono state anche guerre lampo, in tedesco Blitzkrieg.
Nel mondo antico sono diverse le guerre di una certa durata.
La Guerra del Peloponneso per esempio.
Venne combattuta in Grecia e nel Mediterraneo tra le due città rivali, Atene e Sparta e i loro alleati.
Durò all'incirca 27 anni, dal 431 a.C. al 404 a.C.
Le Guerre Puniche, che si sono combattute tra Roma e Cartagine per la supremazia del Mediterraneo, sono durate complessivamente circa quarantatré anni.
Ventitré la prima (dal 264 al 241 a.C.), diciassette la seconda (dal 218 al 201 a.C.) e tre la terza (dal 149 al 146 a.C.)
L’epigrafe sulla mia tomba mi definisce “gloria del genere umano”.
Non so.
Avete presente un bambino su una spiaggia che trova, prima una pietra variegata, poi una conchiglia a più colori dinanzi ad un oceano ancora inesplorato?
Ecco, penso di essere stato solo quel bambino.
Su quello che mi accadde nell’estate del 1666, nel giardino della mia casa natale di Woolsthorpe, Voltaire ed Eulero ci hanno ricamato sopra.
Una mela in testa, ma via.
In testa no di sicuro.
E quando mai.
Forse è il caso di raccontarvi un po’ della mia vita.
Dall’inizio.
Sono nato appunto a Woolsthorpe, nella Contea del Lincolnshire, il 25 dicembre del 1642.
Secondo il calendario giuliano.
Dieci giorni dopo, il il 4 gennaio 1643, secondo il calendario gregoriano.
Quello che forse non sapete, è che sono nato povero.
Molto povero.
E' il 26 giugno 1975.
Cristina sta per uscire di casa.
L'amico Marco è venuta a prenderla e con l'amica Emanuela hanno intenzione di andare in qualche locale a sentire un po' di musica.
Cristina, 18 anni, è figlia dell'imprenditore Mazzotti e abita in una villa a Eupilio (CO)
I tre amici hanno passato la serata in un bar di Erba.
Con la Mini Minor di Marco stanno per rientrare a casa.
Ridono, scherzano, quando all'improvviso una Fiat 125 taglia loro la strada.
Quattro uomini, col bavero alzato per nascondere la faccia, scendono dall'auto.
I 3 ragazzi vengono fatti salire sui sedili posteriori della Mini.
E partono.
A un tratto l'auto si ferma.
"Chi di voi è Cristina Mazzotti?"
"Sono io".
Le infilano un cappuccio in testa e la trasferiscono sulla 125.
Che ci faccio fuori dalla chiesa in Piazza Don Bosco nel quartiere Tuscolano a Roma?
Non mi lasciano entrare in chiesa.
O meglio.
Non ci lasciano entrare in chiesa.
Come è possibile?
È possibile sì.
Forse è meglio che vi racconto quando, e come tutto è cominciato.
Non ero mai stata a Roma.
Erano gli anni 70 e da San Candido in Alto Adige ero venuta in gita con la parrocchia.
E poi quel pomeriggio, libero per tutti.
Io ero sola.
Nessuna amica, niente fidanzato, nessun familiare.
Andare da sola per Roma non fu una bella idea.
Perdersi fu un attimo.
Ricordo che fu lui ad avvicinarsi.
Gli chiesi come arrivare a Piazza Venezia.
Fu il mio accento a tradirmi.
Tedesca?”, mi chiese.
No”, risposi, “vengo dall’Alto Adige”.
“Ah, dove prendete in giro gli italiani!”.
La nostra storia d’amore iniziò quel giorno.
Oggi il Torneo al Queen’s Club è riservato ai soli uomini, ma non era così ai miei tempi.
Era comunque considerato, come oggi, la migliore anticamera prima della partecipazione a Wimbledon, il mio obiettivo.
E la mia spalla non va ad infiammarsi giocando proprio quel torneo?
Una sfortuna sfacciata.
Ero arrivata da poco proprio per fare il grande salto.
Negli USA, la mia patria, avevo vinto molto, per quello avevo deciso di sbarcare in Europa.
E avevo iniziato vincendo i Tornei di Surbiton e Manchester come preparazione a Wimbledon.
Mi presento.
Mi chiamo Maureen Connolly e sono nata il 17 settembre 1934 a San Diego, in California.
Papà voleva un maschio, e per molti anni ho sempre creduto che fosse mia la colpa.
Del suo abbandono, dopo avermi promesso che sarebbe andato a comprarmi un gelato perché avevo la febbre.