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THREAD (lungo e noioso)👇👇👇
Fa discutere da ieri l'iniziativa del @Corriere di accompagnare, dal 24 aprile, il giornale a una serie (pare) di 20 volumi sulla storia del fascismo. Alcuni rilievi arrivano decisamente a sproposito, ma altri sono più fondati ed è bene rifletterci
Ancora bisogna vedere quale sarà il trattamento editoriale (volumi interi o estratti? si tratta, del resto, di materiale ponderoso e intenso), ma la scelta degli autori lascia poco spazio a dubbi. Sono studiosi di riconosciuta autorità in materia, forse quelli ->
-> a cui si deve la sistemazione del materiale conoscitivo sul Ventennio più solida e affidabile. E per chi li conosce si tratta di autori anche piuttosto distanti tra loro per metodi e punti di vista: Gentile si è distaccato molto dal suo maestro De Felice ->
-> per l'inquadramento del problema-fascismo, lasciandosi influenzare da cultural studies e politologia; Vivarelli con De Felice ha avuto confronti accesi.
Forse si può osservare che si tratta di autori, per motivi diversi, che rientrano in un orizzonte di letture ->
-> solitamente diffuso in area conservatrice (ma la superiorità di questi nomi a un Tranfaglia è indubbia), e che mancano alla selezione studi sull'antifascismo, mentre la critica storica fin dai primordi (basta svogliare il Salvatorelli-Mira) suggerisce di muoversi diversamente
-> Si tratta però di questioni di dettaglio rispetto a un altro tema.

La scelta provocatoria (e criticata dal CdR) di iniziare la raccolta il giorno prima del 25 aprile, lo stile della locandina, il linguaggio attentamente asettico ->
professionereporter.eu/2020/04/corrie…
-> (dietro quel "Ventennio che ha cambiato l'Italia" si finge che il giudizio degli studiosi considerati non sia univoco), persino il richiamo grafico all'art déco, che in Italia richiama l'uso del razionalismo degli anni Venti nella comnicazione visiva di regime ->
->sembrano strizzare l'occhio a qualcuno. Ma a chi? Ai nostalgici puri e duri? Io resto convinto che siano una nicchia di mercato troppo esile per essere appetitosa. Il problema è che in Italia si è sviluppata, a partire da quasi subito dopo la guerra ->
-> un'ampia porzione di opinione pubblica che condivide una visione edulcorata del fascismo, interpretandolo non per quello che è stato, cioè un'esperienza collettiva di politicizzazione forzata, ma un momento in cui una clase dirigente (magari non migliore delle successive) ->
-> almeno esercitava il potere in proprio consentendo una sorta di "depoliticizzazione" di quelli che "avevano di meglio da fare", e limitando la repressione a pochi fanatici che volevano a tutti i costi impegnarsi in politica proprio quando c'era la possibilità di liberarsene ->
-> gente che per decenni non avrebbe mai votato movimenti che si richiamavano esplicitamente al fascismo, trattenuta dalle potenti strutture pedagogiche dei partiti di massa e del cattolicesimo organizzato, ma i cui epigoni stanno perdendo preoccupantemente i freni inibitori ->
-> una porzione di opinione pubblica, infine, che è stata alimentata da tante voci giornalistiche di grido (il giovane e meno giovane Montanelli su tutti) in quanto veicolo di letture di comodo per gran parte della nostra classe dirigente ->
->dal mito del "bravo italiano" che ci assolveva da una condotta di guerra e di occupazione non dissimile da quella dei tedeschi e di altre potenze coloniali in Africa ->
laterza.it/index.php?opti…
-> alla necessità di non fare i conti con un regime ventennale che tutta una classe dirigente intellettuale, amministrativa e imprenditoriale aveva attraversato, e che era meglio guardare come una parentesi di poco conto facile da scrollarsi di dosso ->
libreriauniversitaria.it/eredita-fascis…
-> si tratta di un settore dell'opinione pubblica italiana recentemente individuato nel suo sviluppo storico dal bel volume di Cristina Baldassini ->
amazon.it/Mussolini-LIta…
-> e di cui bisognerebbe tenere conto per impostare con essa un dialogo più sincero, che non si fermi ai riflessi pavloviani dell'"ha fatto anche cose buone". Lì si rischia di scivolare, invece con una campagna di distribuzione di volumi che difficilmente saranno letti ->
-> e di cui resteranno solo le ammiccanti immagini promozionali.
Il timore diffuso è però che al Corriere sappiano anche fin troppo bene a chi si stanno rivolgendo e perché, e che non si tratti di una leggerezza
Proprio il minimo indispensabile, eh?, e abbastanza malamente, ma qualcosa hanno dovuto cambiarlo. Quantomeno si ha l'idea che certi anticorpi culturali siano ancora attivi, non era affatto ovvio
Per completezza, ho trovato l'elenco completo dei testi in collana. Niente da dire. Degli autori maggiori hanno scelto i testi più agili ma è comprensibile. C'è un certo sforzo di aggiornamento rispetto al solito (Tarquini, Albanese, Sarfatti) ->
store.corriere.it/Collana-Comple…
e ci sono anche titoli decisamente critici nell'interpretazione (Canali) . I documenti d'epoca sono un po' distribuiti col manuale Cencelli, ma leggere fonti di prima mano fa sempre bene. Se davvero qualcuno leggesse tutto sarebbe un'ottima notizia ->
Il punto, come dicevo, è che sappiamo che non succederà, e che di tutto questo resterà nell'immaginario quasi solo la campagna promozionale. Bene, dunque, che si siano sentiti costretti a cambiarla almeno un poco
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