My Authors
Read all threads
Sinceramente non lo so. Cosa mi sia passato per la testa il giorno che ho acquistato questa grossa motocicletta. Per la precisione una moto Guzzi 500. Deve avere il carburatore intasato, perché non c’è verso di farla partire.
In verità faccio sempre fatica ad avviarla.
Come può fare fatica una signora di 68 anni. Di solito mi faccio aiutare da giovani di passaggio, ma in questa domenica di settembre del 1959 qui a Milano di giovanotti nemmeno l’ombra.
Se voglio tornare a casa devo arrangiarmi da sola.
Riprovo. Niente da fare, non parte.
Intanto mi presento. Mi chiamo Alfonsa Morini, nata a Castelfranco Emilia il 16 marzo 1891. Seconda di 9 figli di una famiglia di analfabeti. Eravamo poveri. Il tifo, tubercolosi e pellagra mietevano vittime ogni giorno, ma papà e mamma si prendevano cura di bambini abbandonati.
Ero piccola quando papà mi comprò, dal medico del paese, una vecchia bicicletta. Seppur malandata, la bicicletta intendo, cominciai a sfidare i ragazzi del paese.
E a vincere, scatenando le ire di mamma che non vedeva di buon occhio quella passione.
Avevo 13 anni quando cominciai a partecipare a gare dove correvano anche maschi adulti. Dicevo a mamma che andavo a Messa, invece andavo a correre.
Si arrabbiò quando lo scoprì.
Si arrabbiò meno quando portai a casa un maialino vinto ad una gara disputata a Reggio Emilia
Un attimo che riprovo a far partire la mia moto Guzzi. Niente, non si avvia. Chissà che accidente ha. Oggi non mi ha mai dato problemi. Ho fatto diversi chilometri per andare a vedere la Tre Valli Varesine. Vado sempre a vedere le corse di biciclette. Tutte. Dove eravamo rimasti?
A 13 anni andai a lavorare a Bologna come sarta. In bicicletta naturalmente. Era bellissimo sentire l’aria in faccia. Però amavo gareggiare. E sfidare i maschi che cominciarono a chiamarmi “il diavolo in gonnella”.
Un diavolo che a 16 anni partì per Torino.
Per correre e vincere. Domenica dopo domenica. Battendo persino la famosa Giuseppina Carignano.
Non mi ci volle molto per diventare la più brava. Toccai il cielo con un dito quando vinsi il Grand Prix di Pietroburgo.
Mi consegnò la medaglia lo zar Nicola II in persona.
Cominciarono le prime proposte di matrimonio. Sorrido pensando a quegli aspiranti mariti.
E alla loro fuga, scandalizzati, quando comunicavo loro una condizione.
Lasciarmi correre in bicicletta nelle gare destinate ai maschi.
Ecco, ci fosse il mio ultimo marito, Carlo Messori, mi potrebbe dare una mano con questa moto. Invece è morto 2 anni fa lasciandomi sola a gestire il negozio di bicicletta con annessa officina.
Il mio primo marito si chiamava Luigi Strada, sposato il 26 ottobre del 1915 a Milano
A Milano mi ero trasferita nel 1911 dopo aver vinto l’ennesima gara e un premio di 15 lire.
E lì mi notò Fabio Orlandini, corrispondente per la Francia della Gazzetta dello Sport.
Che mi fece ottenere contratti per correre sulle piste di Parigi. Vinsi parecchie gare.
I miei genitori pensarono che, sposandomi, avrei smesso di correre. Che avrei messo la testa a posto. Si rassegnarono quando videro il regalo di nozze del mio Luigi. Una fiammante bicicletta da corsa.Luigi si occupò non solo di allenarmi, ma di seguire passo passo la mia carriera
La guerra fermò le competizioni, ma io continuai ad allenarmi. Dopo Caporetto mi presentai nella sede della Gazzetta.
Dovevate vedere le loro facce quando chiesi di iscrivermi al Giro di Lombardia.
Non trovarono niente nel regolamento che lo impedisse. Così partecipai alla gara
Per tutti ero ormai Alfonsina Strada.
Numero 74. 43 i partecipanti. A fianco mostri sacri come Pélissier, Girardengo, Belloni. Arrivai ultima, a un’ora e mezzo dal primo. Non ridete. Arrivai. A differenza di una ventina di corridoi che si ritirarono distrutti prima del traguardo
Andò meglio l’anno successivo. E da “diavolo in gonnella” diventai la “Regina della pedivella”.
E nel 1924 la grande occasione.
Emilio Colombo, direttore della Gazzetta, mi diede l’occasione di partecipare al giro d’Italia. Una corsa terribile. Un Giro di 3.613 km.
Riprendo fiato perché nel frattempo ho cercato ancora di avviare la mia moto.
Qui si fa notte tra poco. E nessuno mi può aiutare. Devo fare da sola.

Già, il Giro d’Italia. Una magnifica occasione di farmi notare. Se pensate alle biciclette di oggi di pochi chili scortatevelo.
Corsi con una bicicletta che pesava 20 chili. Una Panzeri nera con tanto di campanello e fanalino. Naturalmente priva di cambio.
Sulla schiena il numero 72.
Altra fatica rispetto ad oggi, vi garantisco.
Completai le prima tappe. E poi quella di 304 Km col temibile Macerone. Un incubo. Pioggia e vento fortissimo su strade sterrate piene di buche. Caddi, mi rialzai, aggiustai la ruota e poi il manubrio con un manico di scopa. Ripresi. Per cadere ancora. Arrivai fuori tempo massimo
Venni esclusa dalla corsa, ma Emilio Colombo mi diede il permesso di proseguire il Giro fuori classifica. Corsi le altre tappe tra ali di folla che mi osannavano. Gli abbracci e gli applausi erano tutti per me.
Fino all’arrivo a Milano.
Eravamo partiti in novanta.
A Milano arrivammo solo in trenta.
Tutti gli altri si erano ritirati per la troppa fatica. Io no. Avevo resistito alla fatica ed ero arrivata.
La fabbrica Regina mi premiò con 200 lire.
Come la vera vincitrice della corsa.
Fu il primo e ultimo Giro d’Italia. Il regime non vedeva di buon occhio una donna correre al Giro con i maschi.
Però non mi impedì di vincere 36 gare battendo anche Girardengo.
E di battere il record mondiale dell’ora a Longchamp percorrendo 35,280 km.
Dopo essere rimasta vedova sposai nel 1950 Carlo Messori, Con lui avevo aperto un negozietto che vendeva e riparava biciclette. Dopo la sua morte fu dura portarlo avanti da sola.
Mai quanto far partire ‘sta maledetta moto. Riprovo.
E qui finisce il racconto di Alfonsina. Quella sera del 13 settembre del 1959 la moto non si avviò. Lei ci provò 1,2,10, 50, 100 volte. Senza mai arrendersi. Come nella vita. Come nelle corse. Ma quella volta il cuore non resse lo sforzo.
Morirà durante il trasporto in ospedale
Nel 1951 Giovanni D'Anzi e Marcello Marchesi composero "Bellezze in bicicletta" ricordando le gesta di Alfonsina Strada.
Alfonsina disputò la sua ultima gara nel 1956, a 65 anni. Vincendo una corsa per veterani in un circuito a Nova Milanese.
Grazie a @Claudi0Ruzza per avermi suggerito di raccontare la storia di Alfonsina Strada.
La Regina della Pedivella.

“Ad una stella che mi guardava dalla cucina ho dato il nome Alfonsina”.
bit.ly/2YOMPIf
Missing some Tweet in this thread? You can try to force a refresh.

Enjoying this thread?

Keep Current with Johannes Bückler

Profile picture

Stay in touch and get notified when new unrolls are available from this author!

Read all threads

This Thread may be Removed Anytime!

Twitter may remove this content at anytime, convert it as a PDF, save and print for later use!

Try unrolling a thread yourself!

how to unroll video

1) Follow Thread Reader App on Twitter so you can easily mention us!

2) Go to a Twitter thread (series of Tweets by the same owner) and mention us with a keyword "unroll" @threadreaderapp unroll

You can practice here first or read more on our help page!

Follow Us on Twitter!

Did Thread Reader help you today?

Support us! We are indie developers!


This site is made by just two indie developers on a laptop doing marketing, support and development! Read more about the story.

Become a Premium Member ($3.00/month or $30.00/year) and get exclusive features!

Become Premium

Too expensive? Make a small donation by buying us coffee ($5) or help with server cost ($10)

Donate via Paypal Become our Patreon

Thank you for your support!